La grande festa del Napoli è finita (forse)

Era già successo un anno fa dopo la cavalcata del Milan: a scudetto ancora caldo, l'intervista di Paolo Maldini che squarcia il velo sui rapporti con la proprietà e il lungo tira e molla fino al rinnovo in extremis del contratto dell'architetto del tricolore. E prima ancora ad Antonio Conte, sia nella versione della fuga juventina del luglio 2014 sia con l'addio a suon di buonuscita sottoscritto con l'Inter nel 2021. Non è una sorpresa, dunque, che anche la festa scudetto del Napoli sia durata lo spazio di un battito di ciglia. Non per il popolo partenopeo, giustamente ebbro di una gioia che continuerà ad essere compagna per settimane e forse per mesi, ma per chi dentro il club sta lavorando per progettare il futuro.

Vincere, godere e poi scappare: il nuovo leit motiv del mondo del calcio in cui le imprese vengono monetizzate subito quasi rifiutando il peso di tornare nell'arena da vincitori e, quindi, favoriti. Non è detto finisca così anche sotto il Vesuvio, però qualche evidente segnale di fine impero si è colto anche nelle ore della celebrazione quando il patron Aurelio De Laurentiis ha provato a serrare i ranghi e rilanciare verso nuovi obiettivi. Intorno a lui il gelo, nemmeno celato con grande attenzione dai suoi collaboratori più stretti.

Il nodo più in vista si chiama Luciano Spalletti, il cui contratto è stato prolungato di un anno fino al 2024 esercitando l'opzione unilaterale che il Napoli si era riservato al momento della sottoscrizione dell'accordo. ADL lo ha fatto sapere prima via Pec, atto formale necessario e obbligatorio per non veder scadere i termini, e poi a mezzo stampa a pochi minuti dalla conquista dello scudetto. L'allenatore gli ha risposto per le rime e il sarcastico "li ringrazio per avermi fatto sapere di aver esercitato l'opzione" racconta molto più sul suo stato d'animo rispetto al frettoloso "non c'è problema" buttato lì tra un giro di campo e l'altro.

Si vedranno e si parleranno. A occhio non è tanto una questione di vil denaro, adeguamento o premio, ma di prospettive perché Spalletti sa che ripetersi sarà difficilissimo a maggior ragione in una piazza che non è strutturata per restare a lungo ad alto livello. Basti guardare alla questione del tetto nel monte ingaggi che rischia di rendere aggredibili gli uomini scudetto, da Osimhen a Kvaratschelia passando per Kim. De Laurentiis ha una situazione invidiabile di bilancio che gli consente sulla carta di resistere a qualsiasi offerta, ma ha anche un fatturato che rimane e rimarrà lontanissimo da quello delle big europee e italiane: come convincere Osi e gli altri a non farsi attrarre dalle sirene inglesi?

Kim, ad esempio, ha una clausola da 60 milioni di euro e c'è il Manchester United che lo corteggia: perderlo significa cercare qualcuno bravo come lui a poco prezzo (difficile ma non impossibile vista la bravura degli scout partenopei), ma sarebbe anche un pessimo segnale da mandare alla piazza e al mercato.

Infine Cristiano Giuntoli, direttore sportivo che ha costruito la squadra trionfante della stagione. Ha un anno di contratto ma l'ipotesi che vada via, direzione Juventus, è più che mai concreta. Quando De Laurentiis gli ha detto che è ora di mettersi al lavoro "per vincere, vincere e vincere ancora" ha risposto che "con Aurelio alla guida il Napoli non avrà mai problemi". Un'apertura? No. Una chiusura? Nemmeno, ma di sicuro non quello che il popolo napoletano si augurava. La morale è che la festa è finita e c'è da andare verso la pace, per poi costruire il prossimo anno che sarà ancora più difficile di questo. Il margine per aprire un ciclo c'è, viste anche le difficoltà delle altre, ma la certezza che possa accadere al momento manca.

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