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October 17 2013
“Tutto è cominciato nel 2009. Dopo essere stato 25 volte in Africa, tra Madagascar e Congo, mi ero reso conto che in alcuni luoghi non ci sarebbe mai stato modo di costruire le strutture mediche necessarie. Così è nata l’idea di costruire una nave ospedale…”.
Il dottor Giancarlo Ungaro, medico chirurgo all’ospedale di Trapani, non riesce a trattenere una certa emozione ora che il suo sogno, e quello di altre centinaia di volontari, sta per vedere ufficialmente la luce, o meglio l’acqua. Sabato 19 ottobre verrà varata presso il cantiere Naval Ferro di Trapani la Nave Ospedale in grado di ospitare al suo interno una vera e propria clinica galleggiante. “L’imbarcazione è un vecchio rimorchiatore russo che ci è stato fornito dal Ministero delle Politiche – spiega il dottor Ungaro, che è anche responsabile del progetto dell’Associazione Trapani per il Terzo Mondo – nella fattispecie sarà fornito di sale operatorie, radiologiche, farmacia e dentista. Alcune modifiche al ponte hanno permesso di creare la pista di atterraggio per elicotteri. Insomma sarà un ospedale in piccolo, ma completo”.
Per quali missioni verrà utilizzata la nave?
“La nave nasce per la cooperazione internazionale e le destinazioni verrano scelte a seconda delle emergenze”.
Lampedusa potrebbe essere una delle possibili destinazioni?
“Se ci fosse la necessità sì, anche se il Mediterraneo viene considerato solo per le emergenze straordinarie. La nave non può sostituire la sanità pubblica ma diventa fondamentale in molti luoghi, come l'Africa, dove non vi è alcun tipo di assistenza sanitaria. Sarà un ospedale gratis e per tutti”.
Quale sarà la prima destinazione della Nave?
“Abbiamo già un protocollo d’intesa con il Madagascar dove il livello di emergenza è altissimo”.
Quanto tempo avete impiegato per realizzare il progetto?
“Io e gli altri volontari ci abbiamo lavorato per 4 anni in ogni ritaglio di tempo. Non è stato facile reperire i fondi, soprattutto considerato il periodo di crisi. Sono stanco ma orgoglioso di quello che abbiamo realizzato”.
Da dove sono arrivati i contributi economici?
“In parte dal Senato, e poi dalle manifestazioni della Onlus. I soldi, come detto sono stati raccolti davvero con fatica ma l’importante è che ce l’abbiamo fatta a costruire la prima nave ospedale italiana”.
La prima?
“In tempo di pace sì. Ricordo che il San Raffaele avesse un barcone fluviale da utilizzare in Sudamerica ma non era una vera e propria struttura autosufficiente. Pensate che la nave sarà dotata del materiale per allestire un ospedale anche a terra”.
Che nome avete scelto per l’imbarcazione?
“Il nome non glielo posso dire perché ancora non lo abbiamo deciso. Quello che so è che girerà intorno alla parola “speranza”, scelta qualche mese fa dai bambini delle scuole. La vocazione di questa nave quella di arrivare dove gli altri non arrivano”.