Morosini
(Marina Militare)

La nave Morosini, della nostra Marina Militare, in missione nel Pacifico

La nave Francesco Morosini (P431) della Marina Militare è salpata il sei aprile scorso da La Spezia verso il Pacifico, dove compirà una missione della durata di cinque mesi. Si tratta di un Pattugliatore polivalente d’altura (Ppa) che incrocerà nelle acque del Mar cinese per arrivare fino al porto di Yokosuka, in Giappone, verso la metà giugno, e poi fino a Pusan, in Corea del Sud subito dopo, toccando poi altre nazioni per un totale di 14 nazioni del Sudest asiatico.

L’attività viene definita di Naval diplomacy, letteralmente diplomazia navale e viene inquadrata in una missione annunciata nel gennaio scorso dal capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino. Nei prossimi mesi l’unità italiana parteciperà anche all’operazione aeronavale Agenor tra il Golfo Persico e l’Oceano Indiano, che ha lo scopo di garantire sicurezza e libertà di navigazione alle navi commerciali in transito nell’area. Si tratta della prima tra le manovre che vedranno anche la partecipazione di un convoglio formato da cinque unità, tra le quali la portaerei Cavour, tra la fine dell’anno e l’inizio del 2024.

Il viaggio della Morosini diventa quindi anche propedeutico all’invio delle altre navi dal punto di vista logistico. Varata nel 2020 e consegnata nell’ottobre 2022, la nave italiana è lunga 143 metri e ha un dislocamento massimo superiore alle 6.250 tonnellate. Appartiene alla classe Thaon di Revel ed è armata con due cannoni Oto Melara da 127 e 76 mm per munizioni guidate Vulcano e Dart, oltre a sistemi di lancio dei missili Mbda Aster e Teseo, nonché la possibilità di trasportare fino a due elicotteri. Se mantiene una velocità di crociera ridotta di 15 nodi (27 kmh), la sua autonomia è oltre 9200 km, mentre alla massima velocità (32 kts, 60 kmh), il suo raggio d’azione è ovviamente ridotto, anche in funzione del carico trasportato. Di queste navi di costruzione recente ne esistono soltanto due esemplari, il che fa della missione della Morosini anche una “vetrina” per possibili commesse provenienti da nazioni visitate. La gemella è la capoclasse Thaon di Revel, che l’ha preceduta pochi mesi nell’entrata in servizio, mentre è attualmente in costruzione la terza unità, battezzata Raimondo Montecuccoli, alla quale ne seguiranno altre tre la cui realizzazione è prevista entro il 2026.

La presenza italiana nello scacchiere Indo-Pacifico risponde alla richiesta Usa di un maggiore coinvolgimento della Nato oltre la zona del Mediterraneo e dell’Atlantico, in chiave di contenimento della presenza cinese nell’area che spaventa le nazioni più piccole ma anche alleati che Italia e Stati Uniti hanno in comune, come il Giappone, con il quale stiamo anche sviluppando il sistema d’arma di sesta generazione Gcap, definizione tecnica del Tempest. Quanto accade a Est è però anche la conseguenza del vertice tenutosi poco più di un mese fa a New Delhi tra il presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo collega indiano Narendra Modi, durante il quale è stato confermato l’interesse italiano per l’Indo-Pacifico, di cui la missione della P431 costituisce è apripista, potendo quindi mostrare le unità Ppa alla Marina indiana. In quell’occasione fu firmato un patto bilaterale per la Difesa che lo stesso Modi aveva così commentato: “Oggi istituiamo un ponte tra l’Italia e l’India aprendo un nuovo capitolo e cioè la cooperazione in materia di difesa per la produzione e sviluppo in questo settore che può essere un beneficio per ambedue i Paesi. Il patto che firmiamo prevede esercitazioni e formazione congiunti tra le rispettive forze armate e opportunità di sviluppo nella produzione di sistemi.”

Per la nostra Marina non si tratta comunque della prima missione in acque indo-pacifiche: alla fine degli anni Settanta con gli incrociatori Vittorio Veneto, Andrea Doria e con la nave Stromboli, i marinai italiani presero parte alla missione umanitaria al largo di Singapore, nel Golfo del Siam e nel Mar cinese Meridionale per soccorrere i boat people con i profughi vietnamiti che abbandonavano il regime comunista dopo la conquista di Saigon avvenuta quattro anni prima. E’ quindi evidente che presenza italiana nei mari deve seguire quella di altre forze navali molto vicine al Mediterraneo. Ne è esempio la presenza di basi permanenti a Gibuti sia della Marina cinese, sia di quella di Tokyo. La posizione di Gibuti è unica: separa infatti il golfo di Aden e lo scacchiere indo-asiatico dal Mar Rosso, che con il canale di Suez è la porta del “mare nostrum”. Ma per le nostre forze armate dover essere presenti in più scenari significa anche aumentare le proprie disponibilità per non lasciare sguarnite intere aree. Ed ecco, quindi, che una vendita di unità Ppa ad altre nazioni consentirebbe di ammortizzare i costi della produzione e quindi di poter disporre in futuro dei sedici esemplari inizialmente pianificati contro i sei finora realizzati e da costruire. Come per l’aviazione – è notizia di questi giorni che modificheremo alcuni dei nostri velivoli Gulfstream 550 “Caew” dall’attuale dotazione “Early Warning” ovvero allerta precoce, a quella per attacco elettronico – anche la Marina deve quindi prepararsi per una presenza sempre più multi-scenario e multi-missione. Curiosità: a Francesco Morosini, (1619-1694, 108° doge della Repubblica di Venezia), sono finora state intitolate quattro unità navali: un incrociatore ausiliario della Regia Marina varato nel 1928 come nave passeggeri, fu militarizzata tra il 1941 e il 1943, per essere requisita dai tedeschi al Pireo il 9 settembre di quell’anno, con invio dell’equipaggio a Laura di Buchenwald; il sommergibile di classe Marcello varato nel 1938 e affondato con tutto l’equipaggio nel Golfo di Biscaglia l’11 agosto 1942 dopo un attacco aereo mentre era in emersione. Nell’attacco rimasero uccisi tutti i 58 marinai incluso il comandante Francesco D’Alessandro, e infine dal 1966 al 1975 il sommergibile americano di classe Balao Uss Besugo del 1944 ceduto poi alla nostra Marina (S508).

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