Economia
February 12 2021
Sono costati quasi 180 milioni di euro di soldi pubblici in un anno i cosiddetti navigator, chiamati anche "facilitatori", ovvero quelle figure professionali inventate all'interno del progetto del reddito di cittadinanza che avrebbero dovuto aiutare i percettori del reddito a trovare lavoro favorendo la mediazione tra disoccupato, centro per l'impiego e azienda.
A settembre 2019, con 5 mesi di ritardo rispetto all'entrata in vigore della misura governativa di sostegno al reddito, sono stati selezionati 2.980 navigator con contratto a termine da 130.000 euro l'anno che a dicembre 2020 sono passati a essere 2.668. Il loro ruolo, almeno sulla carta avrebbe dovuto essere centrale e la loro funzionalità rappresentare un ingranaggio efficiente del meccanismo del RDC, ma così, numeri alla mano, a quanto pare non è stato.
Da settembre 2019 a dicembre 2020 i navigator, come riporta il Sole24Ore, hanno effettuato soltanto 950mila colloqui con i percettori del reddito di cittadinanza (una platea di 1.369.779 di persone ) a supporto del personale dei centri per l'impiego o direttamente. Si tratta di una media di un colloquio al giorno.
Hanno svolto 700mila verifiche, ovvero l'equivalente grosso modo di una ogni due giorni. Hanno contattato circa 450mila aziende, da cui sono arrivate 400mila offerte formative o di posti vacanti. Della platea dei percettori di reddito di cittadinanza 352.068 persone hanno avuto almeno un rapporto di lavoro (il 65% a termine, il 69,8% per meno di 6 mesi). Ma al 31 ottobre i rapporti di lavoro ancora attivi erano soltanto 192.851.
Numeri che raccontano di un fallimento annunciato. Già a livello teorico la figura professionale del navigator è stata difficile da mettere a fuoco e collocare.
Lo dimostra il fatto che i facilitatori siano sono stati inseriti con 5 mesi di ritardo rispetto all'entrata in vigore del RDC. Sia la loro funzione che la collocazione in organico è stata oggetto di discussione. I titolari dei centri regionali per l'impiego, infatti, non li volevano all'interno del proprio organico temendo si potessero andare a sostituire ai Cpi.
I governatori regionali, quindi, spesso ne hanno ostacolato l'assunzione e così i candidati per il posto di navigator si sono rivolti altrove.
Poi è arrivato il lockdown e i centri per l'impiego sono stati chiusi e hanno continuato a operare in versione smart. Inoltre è stata sospesa la condizionalità per il diritto al reddito e quindi la funzione (ma non i contratti) del navigator non è più stata necessaria.
Adesso, però, i quasi 2.700 navigator chiedono una proroga del contratto in vista della scadenza e senza avere risposte dal Governo.
Per questo sono scesi in piazza a Roma chiedendo la valorizzazione della loro professionalità e politiche di sostegno al lavoro e specificando che il fallimento evidente dai numeri non è stato dovuto alla inettitudine del lavoratore, ma dall'assenza di linee guide e direttive politiche che potessero ottimizzare l'investimento pubblico da 180 milioni di euro che è stato effettuato su di loro.