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'Ndrangheta, chi è il boss Ernesto Fazzalari

Ernesto Fazzalari, un nome che forse a molti, fino a poche ore fa, poteva non evocare nulla, per gli uomini dei Carabinieri dello Squadrone Cacciatori era diventato un’ossessione da 20 anni, dal 1996 quando fece perdere le sue tracce. È da quel momento, da quando è iniziata la sua latitanza, che i carabinieri hanno cominciato un paziente lavoro per incrinare la cortina di omertà che lo ha protetto fino a domenica mattina.

Fazzalari è stato sorpreso nel sonno nel bunker che utilizzava come abitazione. I carabinieri dello Squadrone Cacciatori e gli uomini del Gis, Gruppo d’intervento Speciale, hanno circondato il covo, in piena notte. Poi sono entrati all’interno, come fantasmi, hanno raggiunto la camera da letto e gli hanno puntato le armi alla testa.

Ernesto Fazzalari, boss della ‘Ndrangheta considerato uno dei killer più spietati al mondo e il numero due dei superlatitanti ricercati dalla polizia dopo Matteo Messina Denaro, non ha avuto neppure il tempo di allungare la mano verso l’arma, una semiautomatica, dalla quale non si separava mai. Anzi non ha avuto il tempo neppure di svegliarsi, di rendersi conto che lo Stato, lo aveva scovato: si è ritrovato gli uomini dell’Arma dei Carabinieri addosso e le manette ai polsi.


I bunker dei boss della 'Ndrangheta, tra immagini sacre, champagne e armi


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I bunker dei boss della 'Ndrangheta, tra immagini sacre, champagne e armi

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I bunker dei boss della 'Ndrangheta, tra immagini sacre, champagne e armi


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Gli uomini dello Squadrone Cacciatori si sono aggirati per mesi nel territorio di Taurianova, dopo aver fiutato la pista giusta. Si sono appostati di notte e di giorno, nei boschi e nelle campagne, nelle stalle in mezzo agli animali e sui tetti per controllare ogni spostamento dei gregari del boss Fazzalari fino ad individuarne il covo. Gli uomini dell’Arma hanno presidiato il territorio nello stesso identico modo utilizzato dai mafiosi, quasi come a giocarsi una partita a scacchi, dove però l’ultima mossa vincente, “lo scacco matto”, è stata quella dei Carabinieri.

Ma chi è il boss più sanguinario d’Europa?

Quarantasette anni, Fazzalari, ha sempre amato la bella vita: donne, soldi, sigari, cibo e champagne. Nel 1996, pochi anni dopo il momento più cruento e sanguinoso della faida che vide contrapporsi a Taurianova le cosche Asciutto-Neri-Grimaldi e Fazzalari-Crea-Viola, Ernesto Fazzalari, diventa latitante. Aveva venticinquenne, nel 1996, ed era già killer spietato e il sicario di riferimento del suo clan per la facilità con cui sparava.

Pesantissimo il bilancio della faida: 32 morti ammazzati, dal 1989 al 1991, una sequela di omicidi e vendette. La ‘guerra’ che si interruppe solo con l'operazione Taurus del 1996, coinvolse 176 persone.

Decapitava le sue vittime
A Fazzalari, segnalato come "spietato killer" anche dall'Europol sin dal 2004, sono stati addebitati gli omicidi di Vincenzo Maisano, Francesco Asciutto e Antonio Sorrentino, e il tentato omicidio di Santo Asciutto.

In quel contesto di lotta cruenta tra cosche, le cronache registrarono un episodio macabro e terribile: la testa mozzata di una delle vittime Giuseppe Grimaldi che, ucciso assieme ad altre tre persone, venne lanciata, come raccontato da alcune persone presenti all'accaduto, in aria e usata per il tiro bersaglio.
Per gli inquirenti, la firma di quell'omicidio fu quella di Ernesto Fazzalari. Accusa che, però, non resse al processo.
Una vicenda giudiziaria che, comunque, si concluse con la condanna definitiva all'ergastolo del boss per due omicidi e due tentati omicidi.

Da sicario a boss di Taurianova

Da sicario a boss indiscusso. Fazzalari, pur da latitante, era un capo, che ha continuato ad operare con un ruolo direttivo all'interno del suo clan e in tutti questi anni non ha perso un grammo del suo potere. Anzi lo ha accresciuto. In vent'anni di latitanza, tra sigari e champagne di marca, per ben due volte sfuggito alla cattura, Fazzalari ha maturato la capacità di mimetizzarsi e di spostarsi continuamente.

In questo lasso di tempo è stato cercato in Calabria ma, per non lasciare nulla al caso, anche fuori. Però i carabinieri, così come la storia della ‘ndrangheta ha insegnato, sapevano che il capo ‘ndrina non lascia mai il territorio perché altrimenti perde potere e protezione. E hanno continuato a cercarlo nella sua terra.

Dieci anni fa, infatti, le prime tracce: i Cacciatori a poca distanza dal suo ultimo nascondiglio, scoprirono un bunker a "cinque stelle", sorvegliato da due pitbull, fornito di ogni comfort (condizionatore d'aria, computer con accesso ad internet e frigo con alcune bottiglie di champagne di marca e cibo a lunga scadenza), all'interno del quale Fazzalari aveva trovato rifugio.

Non esistono territori fuori dal controllo della Stato

Dunque, secondo gli inquirenti, Fazzalari non era un latitante dimenticato dalla 'ndrangheta e privo di collegamenti, di relazioni, di rapporti, ma era un boss forte di un'omertà che l'ha coperto fino a domenica mattina.

"E' stato una lavoro straordinario, condotto in silenzio - ha spiegato Il procuratore capo di Reggio Calabria, Cafiero De Raho - e in un territorio in cui gli Zagari-Fazzolari controllano ogni zolla di terreno. Fazzalari si sentiva protetto nel suo territorio, dalla sua gente. Possiamo dire che non esistono territori indenni al controllo dello Stato".

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