Lifestyle
September 16 2015
Una promettente carriera universitaria, la pubblicazione di un tomo ponderoso e indigesto, lezioni e conferenze di fronte a un pubblico di poche decine di studenti annoiati. Avrebbe risposto così Eric Jarosinski, docente di letteratura tedesca di stanza a New York, se qualcuno gli avesse chiesto come sarebbe stata la sua vita da qui a dieci anni. Ma poi scopre Twitter, e all’improvviso tutto cambia. La concentrazione se ne va, la vita universitaria si rivela più noiosa e inconcludente di quanto avesse sospettato, il tomo a cui lavora incombe sulle sue giornate sempre più indigeribile. Nasce allora @NeinQuarterly, account attraverso cui comincia a dare voce al disagio e alle frustrazioni che sente montare nella sua vita: un profilo nato per divertimento, senza ambizione, con l’unico scopo di prendersi in giro e piangersi un po’ addosso. Non avrebbe mai pensato di finire sui giornali di tutto il mondo diventando un “caso social” seguito da più di centomila persone. Nein. Un manifesto (edito da Marsilio, a cura di Luca Mastrantonio, disponibile dal 17 settembre) è la raccolta degli aforismi più belli di @NeinQuarterly, e potrebbe essere il primo libro di tweet ad avere un senso dopo il primo libro di tweet.
No è no
Nein rifiuta di essere definito e al contempo disprezza l’incapacità di definire. È il manifesto di Jarosinski per una libertà come disimpegno. Un malinteso più che un manifesto: un modo per dire no, non erano questi i patti. Bartleby che dopo una vita di “preferirei di no” si alza e rovescia la scrivania con una sonora risata. L’umorismo di Jarosinski è infatti nero e coltissimo, un’inedita mescolanza fra la cupezza di uno stand-up comedian come Bill Hicks, una certa melanconia tipicamente Downton di Woody Allen, e la consapevolezza mitteleuropea di un Karl Kraus. Lucido, ansioso, cinico, depressivo, catartico, tweet dopo tweet @NeinQuarterly smantella alcuni dei feticci più resistenti della nostra società, dai social al mito del successo, dall’ironia al credito residuo di cui godono gli intellettuali. Una doccia di cinismo capace di spazzare via le scorie che una lunga giornata di ipocrisia e identità pubbliche intermittenti (digitali e analogiche) ci lascia addosso.
Il Sistema non ci avrà
Persino la consueta frasetta antipirateria suona beffarda su queste pagine. Che ci importa delle fotocopie del 15% del libro se ogni riga è già un tweet bello e pronto? Le catene del Sistema dovrebbero intervenire sul 15% di ogni aforisma per raggiungere pienamente il loro scopo. Insomma, quello che la società chiama “fallimento” @NeinQuarterly lo chiama “my way”. La paura e l’angoscia di intraprendere una strada non battuta restano ma l’esorcismo è riuscito, il paziente è libero di essere dimesso sotto la sua responsabilità.
Una nota sulla traduzione. Scrive Jarosinski in #underarrest: «Si prega di ricordare: niente è mai perduto nella traduzione. Si è nascosto per negoziare i termini della resa». Ecco, l’idea è quella. A volte si leggono soluzioni brillanti, a volte sembra di essere a un passo dal conflitto a fuoco. Ma forse è inevitabile di fronte a una forma breve tanto incisiva (bene dunque aver messo il testo a fronte).
In un’epoca che puzza già di frase fatta, per citare proprio Karl Kraus, Nein è una boccata di aria fresca per il lettore. Una lettura capace di costringere a riflettere, ma non tanto a lungo da assaporare il gusto dello stare in poltrona seduti sulla propria indignazione. A tutto vantaggio dei nuovi, eccitanti fallimenti che ci aspettano.