Non chiamatelo attore, Carpenzano resta "Il Carpa"
Come ne Gli sdraiati di Michele Serra, il ventiduenne con cinque anelli d’argento e un braccio istoriato dai tatuaggi che si racconta a Panorama in un bar del suo quartiere romano, l’Ostiense, ha un divano di riferimento. Quello dove dorme nella casa "di 40 metri quadri" dove vive con suo padre. E dove, come il figlio di Serra, avrebbe continuato a bivaccare se, due anni fa, quando stava faticosamente prendendo la maturità classica, non fosse stato trascinato da un’amica ai provini di Tutto quello che vuoi, il film dove da protagonista ha duettato alla pari con Giuliano Montaldo.
"Che fai nella vita?" gli hanno chiesto. "Assolutamente un c...o", ha risposto lui conquistandoli con la sua spontaneità romanesca e con una sensibilità che sfugge alla corazza da ventenne disinvolto.
Da lì Andrea Carpenzano, Carpa per gli amici, non si è più fermato, accumulando premi e ingaggi che contano: dopo Il permesso di Claudio Amendola e la fiction di Canale 5 Immaturi-La serie, ora è sugli schermi da coprotagonista de La terra dell’abbastanza, dramma di periferia acclamato dalla critica, e come si evince dallo chignon alla Ibrahimovic, ha cominciato le riprese de Il Campione: sarà un indisciplinato talento romanista rimesso in riga da Stefano Accorsi. Roba da montarsi la testa. Ma c’è un dettaglio: l’astro che tutti paragonano a Valerio Mastandrea, per disincanto e low profile supera il suo modello. Tanto per cominciare, non sopporta che lo si definisca attore.
Sta scherzando?
Preferisco dire "ora faccio questa cosa qua". Non sopporto la presunzione, gli attori sono altri, di Mastandrea non valgo neanche un’unghia. E se tutto finisse domani, non ci starò male. Forse perché faccio fatica ad entusiasmarmi, per quello che mi circonda e per me stesso. Evito di rivedermi al cinema, non mi piaccio, lo trovo devastante.
E invece registi e critici la adorano. A chi si deve questa scarsa autostima, in che tipo di famiglia è cresciuto?
Papà è direttore del dipartimento di Architettura e progetto alla Sapienza, mamma commessa, e ho una sorella di 28 anni Livia, illustratrice, che come me, non tollera essere definita artista. Sarà perché la parola arte i miei l’hanno usata troppo. Siamo tutti e quattro molto diversi uno dall’altro, ma abbiamo una grande intesa, anche se non ci hanno cresciuto a suon di "bello di papà e bello di mamma". Ma va bene così, creare insicurezza non è sbagliato.
Prima del fatale provino già sognava il cinema?
Da bambino dicevo che sarei diventato telecronista. Però il cinema lo guardavo. Ho avuto il periodo Ettore Scola, Pier Paolo Pasolini, Sergio Citti e Harmony Korine. Dopo la maturità avevo una vaga idea di iscrivermi a una scuola di montaggio perché mi dilettavo a creare filmati riprendendo animali morti e amici. Ma il mio devastante senso di autocritica mi frenava anche lì.
Non le piaceva studiare...
A scuola andavo poco, sono stato bocciato due volte, papà ne soffriva. A un certo punto comunicai ai professori, ai quali per fortuna stavo simpatico, che non sarei mai andato il venerdì perché avevo bisogno del weekend lungo. Mi lasciarono fare, e quell’anno fui pure promosso. Per me è vitale stare senza far niente. Tanti miei coetanei hanno l’ansia di fare cose ,andare in giro, fremono. Io no. Ho un bel rapporto con la noia.
Nessuna ansia, al futuro ci pensa?
Sul futuro sono fatalista e pronto anche a vivere senza un euro. Ho l’ansia di non essere in grado di fare le cose. Ma non la combatto muovendomi a vuoto. Meglio una passeggiata da solo senza cuffiette, perchè mi piace sentire i discorsi della gente. Non ho la patente, mi diverte di più il bus, mi piace l’umanità, quella bella e quella brutta.
I suoi amici sono quelli di sempre o col cinema ha cambiato giri?
Mi sono fatto dei nuovi amici comeFrancesco Bruni, i gemelli D’Innocenzo, Matteo Olivetti. Da un anno ho una fidanzata, che col cinema non c’entra niente e il mio vero gruppo resta sempre lo stesso, una ventina di amici stupendi. Mi prendono in giro perché ora posso permettermi vini costosi, sono diventato un gran conoscitore.
Il suo Manolo della Terra dell’abbastanza da bravo ragazzo di periferia diventa un criminale. Ha mai sfiorato sterzate pericolose?
Poteva succedermi, perché nel mio giro di amici c’è gente di tutti i tipi. Avrei potuto farmi trascinare dalla parte cosiddetta "cattiva" o dall’altra, invece sono rimasto me stesso.
Su Facebook è Carpa, su Instagram Carpetta, è un ventenne inseparabile dal suo smartphone?
Solo quando sono a casa. Per noi lo smartphone ha semplicemente sostituito la tv.
Ora sarà un talento del calcio, che rapporto ha col pallone?
Sono un grande tifoso della Roma ma non so giocare bene. Per fortuna ho un "doppio" che salverà il film, ma sono dovuto andare ad allenarmi pure in palestra, proprio io che non ho mai sopportato i fissati dei pesi.
Mai fatto sport?
Scherma, da ragazzino. L’unica cosa in cui ammetto di essere stato bravo, a livello regionale e nazionale. Mamma mi aveva iscritto perché era sotto casa, ma erano tutti figli di ricconi e io avevo una tuta usata col nome di un altro. Da morire dal ridere.
Ma in Mastandrea si specchia o no?
L’hanno sempre detto tutti dall’inizio. Una sera l’ho incontrato a teatro, ci ha presentati Paolo Calabresi e lui mi ha chiesto come mi faceva sentire. Io stavo zitto, e lui: "Non ti frega un c...o vero?"
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