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September 17 2020
Una testimonianza straziante quella di Rosaria Giacalone, moglie di uno dei pescatori di Mazara del Vallo fermati in Libia insieme agli altri marittimi dei pescherecci Antartide e Medinea. L'accusa nei loro confronti è di aver violato le acque libiche la notte del primo settembre. Prigionieri delle milizie di Khalifa Haftar sono finiti al centro di un incidente diplomatico che scopre ancora una volta i fragili equilibri del panorama internazionale.
"Sono la moglie di Onofrio Giacalone uno dei pescatori di Mazara Del Vallo. Ieri abbiamo ricevuto dalla Libia una telefonata dal comandante del peschereccio. Era spaventatissimo ci ha detto che sono in carcere e non ce la fanno più. La chiamata è durata un minuto preciso perchè un arabo vicino a lui ha detto che doveva riattaccare. Mio marito e gli altri pescatori sono in ostaggio dei libici da 17 giorni. Erano solo andati a lavorare, sono dei marittimi che stavano cercando di procurarsi un pezzo di pane. Noi famiglie siamo distrutte, non sono più tornati a casa. Solitamente quando vanno in una battuta di pesca stanno via del tempo ma non era mai successa una cosa del genere, non siamo abituati. Non riusciamo più a ragionare, a riposare ne a mangiare. Le mie due figlie di 15 e 17 anni cercano il padre vogliono avere notizie, sentirlo, sapere come sta. 18 pescatori in ostaggio della Libia, solo perché stavano pescando. Noi mazzanesi siamo sconvolti. Il nostro sindaco ha incontrato martedì in videoconferenza Il ministro Luigi Di Maio, che si è impegnato a tirarli fuori il prima possibile, ma come e quando non l'ha detto. Non riesco a togliermi dalla testa la voce del comandante che ci ha implorato di aiutarli. Siamo disposti ad andare a Roma per riportarli a casa, non hanno fatto niente stavano solo lavorando ed ora sono prigionieri. Vi prego fate di tutto per aiutarci devono tornare a casa."