Economia
October 13 2017
L’Unione Europea potrebbe trovarsi a fare i conti con una nuova rottura, scrive Bloomberg. Come nel caso del Regno Unito con la Brexit, infatti, un insieme di insofferenze culturali e scelte politiche miopi sta alimentando a Est la voglia di voltare le spalle a Bruxelles.
Mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron spingono per una più forte integrazione dell’Eurozona, i populisti autoritari dell’ex blocco sovietico in Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria si muovono in direzione opposta, sostenendo temi come la libertà politica e la sovranità nazionale.
Stando ai sondaggi, le elezioni del prossimo 20 e 21 ottobre vedono in vantaggio il miliardario populista Andrej Babis che promette di far funzionare il governo come le sue aziende e di rimandare a casa gli immigrati provenienti dal Medio Oriente. Il candidato, pur essendo consapevole dei rischi economici di una potenziale secessione, è uno strenuo oppositore dell’integrazione europea e dell’influenza di Bruxelles nell’Est Europeo.
Babis non è un caso isolato. Sulla scena politica, infatti, c’è anche il polacco Jaroslaw Kaczynski, fondatore e presidente del partito conservatore Diritto e Giustizia che ha vinto le elezioni nel 2015. Semplice parlamentare, Kaczynski è considerato di fatto il leader e la figura più potente del paese, perennemente in guerra con l’Unione Europea da un punto di vista istituzionale (dopo il voto britannico ha auspicato la restituzione dei poteri da parte di Bruxelles) e personale. Kaczynski, per esempio, ha cercato di impedire al connazionale Donald Tusk di assumere la carica di presidente del Consiglio Europeo.
Dopo la riforma della giustizia varata la scorsa estate che assegna al Ministro della Giustizia il potere di nominare i candidati della corte suprema e di fatto cancella l’autonomia della magistratura, il primo ministro Viktor Orban potrebbe incassare una nuova vittoria alle elezioni che si terranno il prossimo anno. Nel frattempo, fomenta l’insofferenza nei confronti di Bruxelles sostenendo - fra l'altro - che l’Unione Europea, d’accordo con il finanziere di origini ungheresi George Soros, intende rimuovere le barriere anti-migranti posizionate dall’Ungheria lungo il confine meridionale del paese e pagare gli immigrati per entrare in Europa.
Se ce ne fosse stato bisogno, la Brexit ha dimostrato ai leader dei paesi dell’Est quali siano i potenziali costi economici di affidare al voto dei cittadini la decisione di un allontanamento dal blocco europeo. Ma sono propri i tentativi di un rafforzamento dell’integrazione europea e dei suoi valori umanitari e democratici che potrebbero mettere in rotta di collisione le due metà d’Europa. Dopo l'elezione del presidente americano Donald Trump, infatti, l'Unione Europea sente più forte la necessità di difendere posizioni umanitarie.
Durante la campagna elettorale, Macron ha lamentato il doppio standard di paesi come la Polonia e l’Ungheria che infrangono le regole europee e incassano i benefici economici dell’appartenenza. Adesso, il presidente francese auspica una maggiore integrazione della zona euro, cosa che potrebbe inquietare i paesi orientali che sono fuori dall’unione monetaria.