Sicurezza
October 11 2013
Le attività di spionaggio e sorveglianza della Nsa sono una minaccia indiretta, ancor prima che diretta, alla libertà di stampa.
Lo evidenzia una ricerca (qui qualche stralcio ) di Leonard Downie Jr., che è stato Executive Editor del Washington Post fino al 2008.
Il report, basato su un lavoro del Committee to Protect Journalists , l’organizzazione senza scopo di lucro di cui Downie Jr. è consigliere, usa le interviste a trenta colleghi (di ABC, AP, CBS) ai quali sono state rivolte domande sui rapporti dell’amministrazione Obama con la stampa e le politiche aggressive contro chi rivela le pratiche "discutibili" delle agenzie per la sicurezza federali, come Edward Snowden.
Per Leonard Downie Jr. non ci sono prove sul fatto che il governo Usa abbia utilizzato gli strumenti della NSA, come Prism, per rintracciare e perseguire singoli individui. Tali strumenti di controllo però sono una minaccia per la stampa libera nella sua attività di racconto della realtà.
“La sorveglianza ha aggravato l'atmosfera di timore dei giornalisti americani verso le fonti governative – scrive. C'è grande preoccupazione sull’eventuale (e non dimostrabile ndr) monitoraggio della comunicazioni su telefoni, posta elettronica e chat”. Non a caso il giornalista del Washington Post Rajiv] Chandrasekaran ha affermato come sia tornato a preferire il rapporto face-to-face a quello digitale, quando possibile ovviamente.
Mentre cresce il dibattito sugli effetti del Datagate sul lavoro dei giornalisti americani e internazionali, la gola profonda della NSA, Edward Snowden, è stato premiato per il suo coraggio nel rilevare i sistemi di controllo dell’Agenzia di Sicurezza Nazionale. Scomparso subito dopo aver ricevuto il transfer per circolare liberamente in Russia, Snowden è riapparso durante la consegna del premio Sam Adams Associates for Integrity in Intelligence a Mosca da parte di alcuni ex funzionari della sicurezza nazionale USA . A quanto pare è sceso sul suolo russo anche Lon Snowden , padre di Edward: “Non sono sicuro che mio figlio farà ritorno negli Stati Uniti. E’ una sua decisione, è adulto e il solo responsabile per ciò che ha fatto. Io sono il padre e amo mio figlio. Mi auguro di avere l'opportunità di rivederlo”.
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