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May 02 2018
Sarà compito degli esperti di Francia, Germania e Gran Bretagna, oltre che degli ispettori dell'AIEA, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, esaminare a breve l'archivio nucleare iraniano, come lo ha definito il primo ministro israeliano Netanyahu in una teatrale conferenza in diretta tv lunedì sera.
Il capo del governo di Tel Aviv ha accusato senza mezzi termini l'Iran di aver mentito sulla propria attività di arricchimento dell'uranio ("Iran lied" era scritto su una slide mostrata a tutto schermo), indicando a supporto delle proprie dichiarazioni 55mila pagine e altrettanti files su 183 CD, per un totale di mezza tonnellata di materiale che di cui è entrata in possesso l'intelligence israeliana.
Eppure la comunità internazionale ha reagito con scetticismo, parlando di informazioni già note e risalenti al periodo precedente la firma dell'accordo con Teheran nel 2015. Al contrario, a confermare la fondatezza delle accuse sono stati gli Stati Uniti, con il neo segretario di Stato, Pompeo, che ha definito "attendibili i documenti", mentre il presidente Trump prende tempo, nonostante l'imminente scadenza degli accordi, il 12 maggio.
Uno show, non una rivelazione. Sono in molti a pensare che quella di lunedì sera sia stata piuttosto una "presentazione" di materiale già noto.
Secondo Defence One, se i segreti carpiti dagli 007 di Israele sono quelli mostrati in diretta tv, c'è da "essere sicuri che il programma nucleare iraniano sia stato congelato". In particolare vengono citate informazioni pressoché identiche a quelle già fornite nel Key Judgment del 2007 da parte della National Intelligence Estimate statunitense e successivamente in un report della stessa AIEA del 2011, intitolato Possible Military Dimensions to Iran's Nuclear Programme. Documenti tutti già noti, dunque, al momento dell'accordo sul nucleare firmato 3 anni fa dall'allora presidente Usa, Obama, e che il successore Trump ha dichiarato di voler modificare fin dal suo insediamento.
Anche secondo The Atlantic, la dichiarazione iniziale di Netanyahu ("Something that the world has never seen", "Qualcosa che il mondo non ha mai visto") è errata, almeno parzialmente. "La maggior parte del discorso ha riguardato il programma nucleare segreto dell'Iran dal 1999 al 2003 e questo non ha fornito alcuna 'pistola fumante'circa la possibilità che quei programmi siano proseguiti in violazione dell'accordo". Non ci sarebbe, dunque, alcuna giustificazione per Trump nel ritirarsi dall'intesa.
Secondo gli osservatori internazionali, non ci sono dubbi che Teheran abbia mentito in passato sulla propria attività di arricchimento dell'uranio a scopi militari. E' il motivo per il quale sono stati resi difficili negli scorsi anni i negoziati da parte di Cina, Unione europea, Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti, poi terminati con il JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action) concordato con la Repubblica islamica nel 2015. Una condizione fondamentale era ed è che Teheran consentisse verifiche sul campo, pena il rinnovo delle sanzioni economiche.
Il punto, ora, è capire se il piano militare sia proseguito negli ultimi due anni e mezzo. Insomma, posto che i documenti indicati da Netanyahu siano "vecchi", l'Iran sta mentendo ancora? Sta lavorando ancora programmi segreti? Secondo The Economist"non c'è evidenza che l'Iran abbia violato l'accordo". Piuttosto, secondo il magazine il vero destinatario del discorso di Netanyhau sarebbe il capo della Casa Bianca, Trump.
L'autenticità delle carte mostrate dal premier israeliano non è messa in dubbio. Secondo il New York Times, sarebbero state custodite dall'Iran in una struttura anonima a Shorabad, zona sud della capitale Teheran, da dove però agenti segreti del Mossad israeliano sarebbe riusciti a trafugarle. Non subito, però. La scoperta, infatti, risalirebbe a due anni fa, ma solo ora si sarebbe deciso di renderle pubbliche, probabilmente per influenzare l'opinione pubblica (specie americana) sulla necessità di modificare i rapporti con la Repubblica islamica.
Il blitz degli 007 di Tel Aviv sarebbe avvenuto a gennaio in una sola notte, nonostante la mole di materiale, e nello stesso mese una copia del dossier sarebbe stato consegnato a Washington dal capo delle Mossad in persona. La CIA, inoltre, sarebbe già stata a conoscenza di parte delle informazioni.
"Ho personalmente letto diversi dossier iraniani. I nostri colleghi dell'intelligence hanno analizzato e tradotto dal farsi decine di migliaia di pagine. Questo lavoro di analisi si protrae da diversi mesi. Consideriamo affidabili i documenti che abbiamo visto" ha dichiarato Mike Pompeo, capo della politica estera americana, nonché numero 1 della stessa CIA fino a pochi mesi fa.
Ora sarà lo stesso Pompeo a discutere con i leader europei del rinnovo degli accordi, dopo che Netanyahu e Trump ne hanno parlato in una telefonata. La stessa Casa Bianca ha sottolineato che i fatti citati da Israele "coincidono con ciò che gli Stati Uniti sanno da molto tempo (...). L'Iran ha un programma segreto per lo sviluppo di armi nucleari, che ha provato, ma non è riuscito a nascondere dal mondo e dalla sua stessa gente" ha osservato l'amministrazione statunitense.
Inevitabile pensare che la mossa di Netanyahu abbia avuto come obiettivo quello di influenzare la decisione di Donald Trump, che entro il 12 maggio dovrà decidere se rinnovare gli accordi con l'Iran, se uscirne o se modificarli. Per il primo Ministro israeliano avrebbe così esortato il capo della Casa Bianca a "fare la cosa giusta" nei confronti di un'intesa "terribile". Ma un'uscita degli Usa dall'accordo potrebbe avere conseguenze imprevedibili.
Per ora Trump si è limitato a dire: "Vedremo cosa succede. Non dico ora cosa farò, ma molte persone pensano di saperlo. Prenderò una decisione il 12 maggio o prima".
Secondo il New York Times, tuttavia, il vero scopo di Netanyahu non sarebbe tanto quello di provare il proseguimento del programma nucleare, quanto di mettere in discussione l'efficacia degli accordi vigenti, magari introducendo restrizioni e sanzioni, che ridimensionino la minaccia che Teheran rappresenta per Israele.
Questo per diversi motivi, ma il principale consiste nelle modalità con le quali è stato raggiunto l'accordo con l'Iran. L'intesa prevedeva una verifica da parte degli ispettori dell'AIEA, mirata a determinare le cosiddette possible military dimensions (o PMD), ovvero il potenziale militare, pregresso all'entrata in vigore del documento. Per fare ciò avrebbe dovuto costringere i responsabili iraniani a comunicare le proprie conoscenze e i propri risultati, ma questo avrebbe comportato un'umiliazione inaccettabile per i funzionari iraniani, che avrebbe reso più difficili i negoziati. Per questo ci si sarebbe limitati a cercare prove della realizzazione di ordigni nucleari (la famosa pistola fumante), che non è mai stata scoperta in questi termini.
Per Netanyahu, però, l'Iran avrebbe preso in giro il mondo, semplicemente giocando sulle parole. E proprio sulle parole ora si gioca il nuovo confronto: il premier israeliano ha parlato anch'egli al passato, dicendo che la Repubblica islamica "ha mentito", non che "mente" ancora.
"Abbiamo le mani libere". Così ha ripetuto il ministro degli Esteri israeliano, Lieberman, dopo aver ricevuto dal Parlamento il via libera alla possibilità di entrare "in guerra". All'interno del Governo, invece, l'appoggio è arrivato dal solo ministro della Difesa.
Le parole di Lieberman e le accuse di Netanyahu sono arrivate nel pieno della tensione proprio tra Israele e l'Iran, nel teatro siriano, dove già ci sono stati attacchi reciproci. Due basi usate da militari iraniani, ad Hama e Aleppo, sono state colpite da missili che hanno causato un lieve sisma, di magnitudo 2.2, e che secondo Teheran provenivano da Tel Aviv. Israele non ha rivendicato l'attacco, ma potrebbe trattarsi della quinta azione delle forze con la stella di David nelle ultime settimane, che avrebbe portato a distruggere soprattutto l'arsenale missilistico iraniano (200 pezzi in tutto, con una 40ina di vittime), vero obiettivo degli interventi di Tel Aviv.