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Nucleare iraniano: ecco qual è la strategia di Khamenei

Per Lookout news

Solo in pochi si erano convinti che l’accordo quadro sul programma nucleare iraniano raggiunto il 2 aprile a Losanna avrebbe spianato la strada verso la firma di un trattato vincolante entro il prossimo 30 giugno. Gli otto giorni di negoziati in Svizzera hanno sicuramente prodotto dei passi in avanti significativi. Ma la partita sul nucleare iraniano resta apertissima, e a farlo capire all’Occidente sono state le dichiarazioni perentorie dell’Ayatollah Ali Khamenei. In un discorso alla nazione, trasmesso in diretta sulla tv di Stato ieri giovedì 9 aprile, il leader supremo iraniano ha rimesso in riga il suo popolo dopo i momenti di giubilo e le sfilate per le strade di Teheran che la settimana scorsa avevano accolto il rientro in patria del ministro degli Esteri Javad Zarif, scelto da Teheran per trattare con i rappresentati del gruppo P5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna più la Germania).

 Con fare pragmatico, Khamenei ha sì ribadito il proprio appoggio alla delegazione iraniana impegnata nei negoziati, ma messo in chiaro le condizioni rispetto alle quali l’Iran non è intenzionato a fare ulteriori concessioni. Teheran pretende che tutte le sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale debbano essere rimosse al momento della firma del trattato. “Se la rimozione delle sanzioni dipende da un altro processo, perché hanno cominciato a negoziare?”, si è chiesto Khamenei facendo capire che l’intesa raggiunta a Losanna “non è vincolante” per l’Iran. “Dipende tutto dai dettagli - ha sottolineato - e non possiamo permettere che con l’inganno l’Iran venga limitato proprio attraverso questi dettagli”. Khamenei ha precisato inoltre che Teheran continuerà a investire sui programmi di sviluppo della sua industria nucleare a scopi civili: “L’industria nucleare è una necessità per la produzione di energia, per la desalinizzazione, per la medicina, l’agricoltura e altri settori”.

Teheran pretende che tutte le sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale debbano essere rimosse al momento della firma del trattato

Il nodo delle sanzioni
Intervenuto lo stesso giorno a Teheran in occasione del National Nuclear Technology Day, il presidente iraniano Hassan Rouhani si è limitato a rincarare la dose: “Vogliamo un accordo win-win per tutte le parti coinvolte nei colloqui, al momento della firma del trattato le sanzioni dovranno essere eliminate”.

Dunque a ostacolare il percorso che separa l’accordo di Losanna dalla deadline del 30 giugno è la decisione che verrà presa per sospendere le sanzioni che incombono sull’Iran. Gli stati Uniti e il blocco occidentale del gruppo 5+1, vale a dire Francia e Regno Unito, premono affinché si opti per una soluzione graduale. In pratica, una volta che verrà firmato il trattato vincolante, in corrispondenza al rispetto delle condizioni poste saranno ritirate le sanzioni.

La presa di posizione di Khamenei dimostra però che su questo punto manca ancora un’intesa di fondo, come ha spiegato il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius. “Restano dei punti da chiarire sulle sanzioni economiche e la Guida Suprema ha rilasciato dichiarazioni che dimostrano che c’è ancora molto lavoro da fare”.

La strategia della leadership iraniana
Nonostante le aperture mostrate a Losanna, la leadership iraniana non ha dunque modificato la propria strategia nella conduzione dei negoziati con l’Occidente. Una strategia precisa, in cui a ogni passo in avanti fatto dal mediatore Rouhani, segue una frenata dell’Ayatollah Khamenei che in Iran, come noto, ha l’ultima parola su ogni questione di Stato.

 Consapevole del fatto che proseguire lungo la strada tracciata dall’ultraconservatore Mahmud Ahmadinejad avrebbe condotto Teheran all’isolamento internazionale totale e al collasso economico, Khamenei ha puntato sul “moderato” Rouhani spingendolo a trattare con Obama per ottenere lo sblocco dell’embargo, il che significherebbe la ripresa delle esportazioni di greggio (l’Iran è in possesso della quarta più grossa riserva di petrolio al mondo ed è il secondo paese esportatore dell’OPEC) e l’apertura agli investimenti esteri.

Gli interessi strategici in Yemen
Khamenei
sa però che non può permettere agli Stati Uniti di avere il sopravvento in queste trattative. Accetterà pertanto di sottostare alle verifiche più capillari degli investigatori dell’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica), i quali in base all’accordo di Losanna potranno effettuare controlli molto più estesi rispetto al passato, comprese delle visite regolari anche nella base segreta di Parchin, dove secondo rapporti di diverse agenzie di intelligence Teheran in questi anni ha portato avanti piani segreti per la costruzione dell’atomica. Ma non transigerà oltre. “I siti militari iraniani non possono essere controllati con la scusa della supervisione sul nostro programma nucleare”, ha dichiarato facendo capire che l’Iran non si piegherà mai definitivamente al volere dell’Occidente.

“In questo contesto - ha spiegato a Lookout News l’analista Marco Giaconi - non va dimenticato che il governo iraniano ha accettato di costruire una centrale elettrica da 200 megawatt in territorio yemenita. È lecito pensare che la questione del nucleare iraniano coinvolga anche i Paesi ‘amici’ nella regione mediorientale: magari con la dislocazione di strutture nucleari iraniane più rilevanti militarmente in Iraq, con la messa in funzione della centrale di Heidarjeh - vicino a Karbala in Iraq, aperta l’anno scorso - oppure con la costruzione di quella di Sadr City, che sarà sviluppata con tecnologie e capitali cinesi. Ipotesi lecite e razionali in questa fase di contentezza, forse eccessiva, per il deal del P5+1 con Teheran, a Losanna, sul nucleare militare-civile iraniano”. Scenari che dimostrano quanto sia importante la questione yemenita per l’Iran sul piano economico e militare - oltre che per il mantenimento di un alleato sciita al potere - e che giustificano il recente posizionamento di navi da guerra nel Golfo di Aden da parte di Teheran.  

Dunque, all’ombra di Losanna il governo iraniano non hai smesso di muovere le proprie pedine in Medio Oriente guadagnandosi quei varchi necessari per dribblare i paletti imposti dai 5+1 una volta firmato il trattato, materializzando così i timori denunciati da Israele. Si tratta, in fondo, di una tattica vecchia come il mondo: “Fatta la legge, trovato l’inganno”.

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