Beppe Grillo (S) e Luigi Di Maio (D) sul palco della festa del movimento cinque stelle al Circo Massimo, Roma, 12 ottobre 2014. ANSA/ANGELO CARCONI DTM ANGELO CARCONI NNNN
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January 03 2018
Sul blog di Beppe Grillo è iniziato il countdown delle elezioni politiche: mancano 59 giorni. E poi una scritta "è ora di pensare in grande". Basta essere entità di protesta e di Vaffa, ora il Movimento 5 Stelle cambia pelle e da incendiario si trasforma in pompiere.
Arrivati per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, oggi i grillini ambiscono a poltrone e posizioni al pari di tutti gli altri. Stando ai sondaggi, il Movimento 5 Stelle è il primo partito in Italia, ma di fare il secondo arrivato non ha più intenzione e quindi con il varo del nuovo statuto apre alle alleanze con le altre forze politiche.
Il nuovo Statuto e le nuove regole per le candidature mandano in soffitta un altro principio base del movimento, quello dell'"uno vale uno". Già, perché dopo la conclusione delle parlamentarie, le cui candidature sono scadute oggi alle 17, saranno comunque Luigi Di Maio e Beppe Grillo a intervenire sulla composizione delle liste per i collegi plurinominali, dove le liste sono bloccate e l’ordine di lista farà la differenza per l’elezione.
Potranno concorrere anche gli indagati e questo mette un paracadute anche sulle altre vicende del Movimento, come quella che vede Virginia Raggi rinviata in giudizio con l’accusa di falso per alcune nomine in Campidoglio. Insomma, se prima il Movimento era più manettaro, oggi sul tema delle indagini a carico dei politici i toni sono diventati più prudenti.
La ventata di novità promessa si è adagiata al salotto del potere romano e si è plasmato ad esso. Tanto che, dopo una campagna elettorale per il No al referendum in difesa della Costituzione, il nuovo regolamento tradisce una delle norme cardine per il funzionamento della democrazia parlamentare: ovvero l’articolo 67, che permette ad un deputato di abbandonare il proprio gruppo quando si trovi in dissenso con esso. Perché il parlamentare una volta eletto rappresenta il popolo e non il partito. Con il nuovo regolamento il Movimento impone una multa di 100 mila euro ai fuoriusciti e introduce, di fatto, il mandato imperativo attualmente vigente solo in Portogallo, a Panama, in Bangladesh e in India.
Inoltre, il regolamento introduce l’obbligo per i parlamentari eletti nelle fila M5S di votare a favore di "qualsiasi fiducia" posta da un eventuale, futuro presidente del Consiglio pentastellato. Una regola quasi scontata, che vale in tutti i partiti, ma in maniera tacita.
Averla scritta così chiaramente, però, mostra ancora una volta quale modello di partito abbiano in mente Di Maio e Grillo e il grado di inaffidabilità interna ad un movimento che non nasce nelle sezioni e nelle assemblee di circolo, negli scontri e incontri reali, ma che viene selezionata in maniera impersonale (e forse casuale) sul web, con pochi click.
Il Movimento cambia pelle con una svolta marcatamente autoritaria, volta a blindare e limitare tutti i possibili passi falsi di una classe dirigente ancora immatura. L’esigenza e la preoccupazione sono quelle di non ripetere gli errori del passato, le ingenuità che finora sono state perdonate a dei politici alle prime armi. Quindi una regola vieta espressamente di assumere parenti e affini come assistenti e di "usare il movimento come taxi per arrivare in Parlamento".
Intanto però i costituzionalisti pongono seri dubbi sulla costituzionalità del nuovo regolamento, soprattutto sulla parte che introduce il vincolo di mandato e la multa per chi decide di uscire dal movimento. In quel caso anche una scrittura privata sarebbe nulla per il principio di prevalenza del diritto costituzionale, mentre non vedono nessuna inconstituzionalità sulla necessità di un partito di organizzare una propria disciplina interna.
Ma, aldilà delle regole, ci si chiede se quelle piazze dei Vaffa-Day si sentano rappresentate da questa scalata al potere ad opera di un giovane trentenne, di un comico genovese e di un gruppo di parlamentari a tempo che oggi pur di non rinunciare al governo del Paese in poche pagine hanno messo in discussione gli elementi della purezza grillina. Quei duri e puri dell’onestà che oggi aprono le proprie liste anche agli indagati rappresentano ancora i grillini della prima ora? Sarebbe più onesto dire che il Movimento si è trasformato nell'ennesimo partito ambizioso di governare e stanco di arrivare secondo.
Di sicuro, a breve, anche i grillini (soprattutto se al governo) verranno colpiti dallo stesso anatema nazionalpopolare del "tanto sono tutti uguali" che suonerà il requiem al movimento di protesta e consegnerà all'Italia l'ennesimo partito, uguale agli altri.