Economia
March 30 2023
Lavori più veloci da una parte, mano più larga su controlli e trasparenza dall’altra. Sembra un po’ questo il senso del nuovo codice sugli appalti approvato martedì dal governo. Appalti più semplici e rapidi vuol dire tagliare i tempi delle opere “tra sei mesi e un anno” secondo il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini. Ma vuol dire anche che il 98% dei lavori potrà esser assegnato senza bando, per un valore di circa 19 miliardi.
Semplificare è stata la parola d’ordine. La velocità che deriva dal semplificare è quella che serve per l’assegnazione dei fondi del Pnrr. Ma non c’erano altre strade, che agire a discapito della poca trasparenza, concorrenza e qualità, con affidamenti diretti fino a soglie elevate? “Semplificazione e rapidità sono valori importanti, ma non possono andare a discapito di principi altrettanto importanti come trasparenza, controllabilità e libera concorrenza, che nel nuovo Codice non hanno trovato tutta l'attenzione necessaria, specie in una fase del Paese in cui stanno affluendo ingenti risorse europee" ha commentato l'Autorità nazionale anticorruzione
Le nuove regole prevedono la liberalizzazione sotto soglia: gli appalti fino a 5.3 milioni potranno essere fatti con affidamenti diretti. Nel dettaglio: fino a 500mila euro con affidamento diretto, fino a 1 milione si invitano alla gara 5 imprese, 10 imprese invece da 1 a 5,3 milioni. Stando alle stime il 98% dei lavori potrà esser assegnato senza bando per un valore di circa 19 miliardi. “E’ una forma di liberalizzazione che non prevede un efficacie bilanciamento di controlli e trasparenza. Fino a non più di 2 anni e mezzo fa la soglia massima per l’affidamento diretto era 40mila euro. L’Anac aveva individuato come elemento di criticità, che segnalava un alto rischio di corruzione due parametri: l’elevato ricorso ad affidamenti diretti e l’addensamento di gare appena al di sotto della soglia dei 40mila euro (frazionamento artificioso). Ora, l’innalzamento a 500mila euro vuol dire che si moltiplica per più di 12 volte questa soglia e scompaiono i sensori che ci permettevano di individuare il rischio corruzione”, spiega Alberto Vannucci, professore ordinario di Scienza Politica presso il Dipartimento di Scienze politiche, Università di Pisa.
Le scorciatoie decise durante la pandemia sembrano diventare così le regole ordinarie. E la concorrenza? La trasparenza? E la qualità dei lavori? “Fiducia” negli enti pubblici, che aumentano la propria autonomia, soprattutto i piccoli Comuni, che per i lavori fino a mezzo milione di euro agiranno da soli, senza passare per le stazioni appaltanti qualificate. E in contemporanea torna l’appalto integrato: si potrà attribuire con una stessa gara il progetto e l'esecuzione dei lavori a uno unico soggetto. “Questo i scontra con la dura realtà, cioè che le pubbliche amministrazioni italiane negli ultimi decenni sono state impoverite in termini di competenze specialistiche, soprattutto di carattere tecnico utili per le gare. Dando via libera all’appalto integrato la pubblica amministrazione rischia davvero di essere ostaggio dell’imprenditore che offre il pacchetto completo. E’ come se da un lato si prendesse atto che la pubblica amministrazione non ce la fa ad elaborare autonomamente una proposta progettuale ed esercitare un controllo e quindi si promuove l’appalto integrato, ma poi alla stessa pubblica amministrazione si dà l’enorme potere di decidere discrezionalmente a chi affidare l’appalto”, continua Vannucci.
C’è poi il capitolo subappalti. Dubbi e critiche arrivano sul rallentamento dei vincoli sui subappalti, che possono diventare “a cascata”. “Tradizionalmente è uno degli strumenti maggiormente usati dalle organizzazione criminali per introdursi nei lavori pubblici”, avverte il Professore.
Sicuramente velocizza e lascia traccia invece la digitalizzazione, introdotta dal nuovo codice. Ci sarà una piattaforma digitale nazionale per evitare duplicazioni burocratiche nelle documentazioni richieste. Sarà operativa dal 2024.
Ma alla fine: c’era un modo di velocizzare il sistema dei lavori pubblici (anche in nome del Pnrr) senza usare una sorta di meccanismo derogatorio delle regole che introduce meccanismi di distorsione che rischiano tra l’altro di non ottenere quella velocità tanto necessaria? Che strada prenderà dipende anche dai tanti funzionari che si troveranno a dover decidere, preoccupati dei rischi che le loro decisioni potrebbero avere. Il timore è un atteggiamento difensivo, che ovviamente potrebbe andare contro la velocità. “Il modo per mettere d’accordo tempi e qualità e controllo e concorrenza era investire nelle competenze delle pubbliche amministrazioni (investendo nell’assunzione personale qualificato) e fornire a una cornice regolativa stabile. Il sistema degli appalti è afflitto da molti anni da bulimia normativa. Ci sono sempre nuove norme in continuo. E questo va contro anche alla rapidità”, conclude Vannucci.