Oasis: guida ai loro album (dal più bello al meno riuscito)

Ciò che resta di un artista e di un gruppo, al di là delle doti tecniche e carismatiche, sono le canzoni, ed è innegabile che gli Oasis ne abbiano davvero tante memorabili. Per questo la reunion nel 2025 dei due litigiosi fratelli Gallagher (Liam e Noel) da giorni monopolizza i giornali e i siti musicali: a causa di una richiesta di biglietti senza precedenti, sono già state aggiunte tre nuove date all'Oasis Live '25, ma è probabile che saranno alla fine molte di più.

Gli Oasis sono stati il gruppo inglese più influente degli anni Novanta, con sette album di inediti pubblicati in 28 anni di attività, dando vita a un’accesa rivalità con i Blur di Damon Albarn per la palma di migliore band di brit pop. Nei quattordici anni di carriera discografica, che va dal 1994 al 2008, la band di Manchester ha venduto oltre 70 milioni di album nel mondo, con 22 singoli consecutivi nella Top Ten inglese, 7 album al primo posto, ma, più di tutto, hanno contribuito a definire una generazione, che si vestiva e si pettinava come i loro idoli. I fan di allora oggi hanno superato i quarant’anni, lavorano e spesso hanno dei figli, ma non hanno mai perso il piacere di ascoltare la musica della band di Manchester, che è stata la colonna sonora portante della loro adolescenza. Vediamo come sono i sette album in studio della band inglese, dal più bello al meno riuscito.

1) (What’s The Story) Morning Glory? (1995)

(What’s The Story) Morning Glory?, pubblicato il 2 ottobre del 1995, è diventato, con 22 milioni di copie, il terzo album più venduto di sempre nel Regno Unito, preceduto solo dal Greatest Hits dei Queen e da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles. Il classico per eccellenza degli Oasis contiene due brani epocali come Wonderwall e Don’t Look Back In Anger, che non hanno certo bisogno di presentazioni, ma è tutto l’album ha essere ispirato, coeso e senza sbavature. Dall’energica title track alla beatlesiana Champagne Supernova, fino alle meno conosciute (ma notevoli) Cast No Shadow e She’s Electric, (What’s The Story) Morning Glory? è la quintessenza del brit pop, colto nel suo apice di splendore.

2) Definitely Maybe1994)

Noel Gallagher ha dichiarato che Definitely Maybe è tutto incentrato sull'esperienza di voler essere una rockstar: detto, fatto. L’album di debutto degli Oasis è uno dei dischi di esordio più folgorati degli ultimi trent’anni, grazie a inni rock da stadio come Supersonic, Cigarettes and Alcohol, Live Forever, la meno conosciuta Columbia e il manifesto programmatico Rock ‘n’ Roll Star, che è ancora oggi uno dei momenti più attesi del concerto dei fratelli Gallagher. La psichedelica Shakermaker, la giocosa Married With Children e la morbida Slide Away mostrano la ricchezza musicale della band mancuniana.

3) Be Here Now (1997)

Era quasi impossibile, dopo il capolavoro (What’s The Story) Morning Glory?, pubblicare un album dello stesso livello. Be Here Now, pur lontano dai fasti del suo predecessore, è un disco meno immediato e meno compatto, ma non privo di interesse e di canzoni riuscite (si pensi alle bellissime Magic Pie e Fade In-Out). L’ambizione nei suoni iperprodotti e nei testi emerge compiutamente nei singoli Stand By Me, Don’t Go Away, All Around The World e D’You Know What I Mean?, ancora oggi amatissime dai fan di lunga data degli Oasis.

4) Dig Out Your Soul (2008)

L’ultimo album in studio degli Oasis, pubblicato un anno prima della rottura della band, è probabilmente il loro migliore disco degli anni Duemila quando, terminata ormai l’epopea del brit pop, i due fratelli Gallagher stavano cercando nuove strade sonore. I’m Outta Time, Bag It Up e Falling Down sono i tre punti più alti di un album intenso, vibrante, con un grande sound e con un perfetto equilibrio tra il loro tipico sound e la voglia di sperimentare.

5) Don't believe the truth (2005)

Mentre i primi due album degli Oasis sono due instant classic in cui è pressoché impossibile trovare un brano mediocre, tutti gli altri lavori in studio del gruppo dei fratelli Gallagher soffrono di montagne russe tra canzoni memorabili e pezzi del tutto trascurabili. Emblematico di questa mancanza di equilibrio complessiva è il loro penultimo lavoro in studio Don’t Believe the Truth, l’album in cui si avverte maggiormente il loro amore per i Beatles, già a partire dal batterista Zak Starkey, figlio di Ringo. Layla, The Importance of Being e Let There Be Love sono canzoni di grande qualità, bene anche Guess God Thinks I’m Abel e Turn Up The Sun, mentre il resto del disco non lascia traccia.

6) Heathen Chemistry (2002)

Dopo il passo falso di Standing On The Shoulder Of Giants, il discontinuo e confuso Heathen Chemistry cerca di risollevare le quotazioni degli Oasis e ci riesce soprattutto nei fortunati singoli Stop Crying Your Heart Out, Songbird e Little By Little, tre classici che mostrano ancora una volta le intatte doti di scrittura dei fratelli Gallagher, anche nei dischi meno ispirati.

7) Standing on the Shoulder of Giants (2000)

Tutti i gruppi con diversi lustri alle spalle, a un certo punto della loro carriera, pubblicano un album che si discosta quasi del tutto dal loro caratteristico sound. A volte l’esperimento riesce, altre volte i risultati sono disastrosi come in Standing on the Shoulder of Giants, che strizza l’occhio alle sonorità trip-hop assai in voga alla fine degli anni Novanta (tanto da contagiare anche David Bowie nel non memorabile Outside del 1995), aggiungendo una dose massiccia di psichedelia e di arrangiamenti barocchi. Dell’album si salvano le sole Who Feels Love, Go Let It Out e Gas Panic!, ma dubitiamo fortemente che nel 2025 troveranno spazio nella scaletta degli attesi concerti degli Oasis in Gran Bretagna.

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