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Obama cambia strategia: abbattere Assad per sconfiggere l'Isis

Barack Obama si sarebbe reso conto che per potere sconfiggere l'Isis è necessario prima allontanare dal potere il capo del regime siriano Bashar al-Assad. Per questo starebbe valutando se e come cambiare la strategia americana in Siria.

La notizia filtra con una indiscrezione della Cnn e non viene smentita dai funzionari dell'amministrazione più vicini allo Studio Ovale.

Nessuna decisione è stata presa, ma Obama avrebbe chiesto sulla questione almeno quattro diversi e più approfonditi rapporti al Consiglio per la Sicurezza Nazionale. L'idea di cacciare Assad sta diventando sempre più concreta.

Per un semplice motivo: l'esercito dell'opposizione siriana sta combattendo ora su due fronti, contro l'Isis e contro Assad. È troppo debole per vincere i due nemici. Per affermarsi, dovrebbe averne solo uno da combattere.

Fino a poco tempo fa, Obama era convinto che sarebbe bastato l'appoggio aereo ai peshmerga curdi o all'opposizione siriana per sconfiggere i miliziani islamici.

Con questa strategia, lui non sarebbe stato costretto a mandare truppe di terra americane in Siria e avrebbe potuto tenersi ben lontano dalla guerra civile in corso in quel paese.

Ma, tutti i suoi desideri si sono scontrati con la realtà dei fatti. Assad approfitta della guerra contro l'Isis per regolare i conti con l'opposizione e l'Isis beneficia di questa situazione per continuare "indisturbato" la sua avanzata nella regione.

La guerra vista dal confine-turco-siriano

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I curdi al confine tra Siria e Turchia, a Sanliurfa

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Kobane vista dal confine

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Un curdo-turco, alle sue spalle una colonna di fumo proveniente da Kobane

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Una colonna di fumo si leva nel cielo sopra l'enclave curda di Kobane, in Siria, vicino al confine con la Turchia, dove continuano i duri scontri tra i miliziani curdi che stanno difendendo la città e gli jihadisti del Califfato, che dal 16 settembre hanno lanciato un'offensiva per conquistarla.

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La città siriana di Kobane, assediata dall'Isis e difesa dai curdi

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Carri armati turchi su un collina poco distante dal villaggio di Mursitpinar

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Un autobus bruciato dai manifestanti nel quartiere di Gaziosmanpasa a Istanbul durante le manifestazioni contro l'Isis

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Kobane. Raid aerei americani in sostegno delle truppe curde che combattono contro i terroristi dell'Isis

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I curdi attendono dal confine il corpo di Cundi Minaz, combattente uccisa dall'Isis, a Kobane

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Sanriufa, Turchia

In un primo momento, la Casa Bianca aveva concentrato il suo sforzo bellico in Iraq. Era la scorsa estate, quando l'Esercito del Califfato aveva sbaragliato curdi e soldati dell'esercito regolare iracheno. Obama pensava che sarebbe bastato.

Poi, quando si è reso conto che non sarebbe stato sufficiente, aveva accettato di aprire il fronte siriano. A una condizione molto chiara: rimanere fuori dal conflitto civile siriano. Un groviglio troppo intricato in cui non voleva che si infilassero gli Usa.

Ora sta emergendo la consapevolezza che questo "disimpegno" è un indiretto ostacolo al raggiungimento dell'obiettivo finale: sconfiggere l'Isis.

La Turchia, per esempio, non ha ancora mandato soldati in Siria a combattere i miliziani islamici perché prima vuole avere l'assicurazione che uno degli obiettivi della coalizione internazionale è la destituzione di Assad e la nascita di un governo islamico moderato a Damasco.

Il mancato apporto di Ankara è un problema serio. Senza l'impegno dei paesi dell'area, la guerra non sarà mai vinta.

Cacciare Assad non è comunque impresa facile. Il suo destino è legato agli equilibri regionali e agli interessi degli attori che recitano nell'area. Mosca, per esempio, appoggia il regime di Damasco e non sarebbe felice di vederlo cadere per colpa degli Stati Uniti.

Obama dovrà quindi valutare bene cosa fare. Non sarà una decisione facile. Decidere di destituire il presidente siriano significa che gli Usa accettano di entrare nel groviglio mediorientale molto più di quanto abbiano già fatto. La guerra di Obama rischia di diventare più lunga e complicata.

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