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Courtesy of EssilorLuxottica
Tecnologia

Ecco l'occhiale che ci farà «sentire meglio»

Perdono le parole, non tutte, qualcuna. Capita ogni giorno, durante un dialogo in un luogo affollato, al ristorante, al supermercato, durante una riunione oppure al bar. Arrivano a non afferrare il senso di una conversazione: a volte chiedono di ripetere; più spesso, per pudore, fanno finta di niente. Non distinguono suoni bassi e rumori soffusi, come un campanello in lontananza o il telefono che squilla in un’altra stanza. Sono i nostri nonni, i nostri genitori o siamo proprio noi: secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, 1,25 miliardi di persone hanno disturbi uditivi di entità lieve e moderata. Si tratta, grosso modo, di un sesto della popolazione globale. Circa l’83 per cento lascia correre, si arrangia, sopporta, preferisce non indossare un apparecchio acustico. Sceglie di non mettersi addosso un oggetto che li connoti. Che affermi una fatica, confermi una difficoltà. Dalla seconda metà dell’anno prossimo, a partire inizialmente dagli Stati Uniti, quell’oggetto uscirà dall’orecchio, cambierà forma per prenderne una altrettanto riconoscibile, estremamente discreta: l’apparecchio acustico scomparirà. Sarà diluito nelle asticelle di un occhiale, ne sancirà una rivoluzione copernicana dal punto di vista dell’utilità. Sarà un raddoppio delle funzioni: oltre a far vedere bene, gli occhiali consentiranno di sentire meglio.

È l’intuizione di EssilorLuxottica, azienda di riferimento nel settore di lenti e montature, con un fatturato di 24,5 miliardi di euro e circa 190 mila dipendenti nel mondo. Il nome dietro marchi simbolo come Ray-Ban e Oakley, che ha trasformato una trovata degna di un film di James Bond in un prototipo: hardware e software proprietari sviluppati da ricercatori interni che, uniti alle capacità ingegneristiche e produttive, consentono al gruppo di integrare soluzioni per l’udito e occhiali da vista. Nasce un prodotto del tutto nuovo, pronto a riscrivere la morfologia e le regole di un’industria, capace di migliorare la vita di più generazioni. Mettendo anche al riparo dalla demenza senile quelle anagraficamente più avanzate: uno studio di quest’anno a cura dell’università americana Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, ha confermato che più ci si allontana dal mondo a causa delle difficoltà uditive, più è probabile sviluppare quella patologia.

Il funzionamento degli occhiali è così intuitivo da poter essere riassunto in modo estremamente stringato: grazie a una complessa, minuscola orchestra di microfoni, sensori e diffusori, l’occhiale è in grado di amplificare il suono che arriva dalla direzione verso la quale si sta guardando. È un connubio di vista e udito: una fa da bussola dell’altro. È un angelo custode dell’orecchio, costantemente focalizzato su ciò a cui si rivolge l’attenzione. Non si conoscono ancora tutti i dettagli tecnici, di sicuro il sistema potrà essere controllato attraverso un’applicazione, oppure prescindendo del tutto dallo smartphone, alzando e abbassando il volume dal corpo dell’occhiale o tramite un telecomando tascabile. Così nessuno dovrà vederci trafficare con le dita sulle asticelle. È prematuro poter parlare di costi, saranno comunque di gran lunga inferiori a una coppia di apparecchi acustici tradizionali. Con il vantaggio di lasciare sempre libero l’orecchio, non inserire nulla al suo interno. Non solo: il prodotto sarà in linea con la leggerezza di un comune paio di occhiali. In fretta si dimenticherà di averlo sul naso. Sarà un oggetto con la furbizia incorporata, il talento di non farsi scoprire: giusto chi lo avrà sentirà l’amplificazione selettiva, non chi gli gravita attorno. Una madre di famiglia come un manager non avranno remore ad adottarlo: nessuno si stupisce se da un giorno all’altro ci si presenta con addosso un paio di occhiali.

«Trovare una risposta alle esigenze dei consumatori e farlo con soluzioni innovative è parte del nostro Dna. Sebbene la vista rimanga il nostro core business, e la crescita del mercato dell’ottica il nostro principale obiettivo strategico, abbiamo l’opportunità unica di aprire oggi nuove strade nel settore, grazie a tecnologie di ultima generazione che possano rispondere al bisogno di sentire bene» conferma Francesco Milleri, presidente e amministratore delegato di EssilorLuxottica. Che aggiunge: «Come abbiamo già fatto in passato nel mondo della vista, saremo i primi a rimuovere lo stigma tradizionalmente associato alle soluzioni acustiche, trasformandolo in elemento di comfort ed espressione di stile». Il traguardo è frutto di un lavoro congiunto dei laboratori di ricerca interni all’azienda, da sempre focalizzati sulle avanguardie, più il contributo della start-up israeliana Nuance Hearing, acquisita di recente e specializzata nel mondo dell’audio. A pensarci, ha un nome rivelatore e propizio: le nuance sono le sfumature, quelle prima precluse a chi aveva disturbi uditivi, presto restituite nella loro rotondità. In maniera inedita, con uno strumento d’uso comune, un desiderabile accessorio di stile.

«Le componenti hardware e software sviluppate dai nostri ricercatori, unite alle capacità ingegneristiche e produttive del gruppo» osserva Milleri «ci consentono d’integrare perfettamente soluzioni per l’udito e occhiali da vista, dando vita a prodotti del tutto nuovi da distribuire ovunque nel mondo grazie al nostro modello di business aperto e a rete». Il punto è centrale: gli «occhiali per sentire» saranno disponibili tanto nei tradizionali negozi di ottica - la sola EssilorLuxottica ne conta più di 18 mila nel mondo - quanto in quelli dedicati ai classici apparecchi acustici. Quel che è certo è che non ci sono pericoli di cannibalizzazione, perché tali oggetti sono dedicati, è bene ribadirlo, a chi ha disturbi lievi o moderati. Chiunque accusi problematiche più serie e accentuate, dovrà percorrere le strade classiche, comunque rivolgendosi ai tradizionali canali di hearing care. In questo scenario c’è posto per una buona dose d’orgoglio tricolore, giacché tutto nasce da un gruppo italo-francese, in grado di coltivare l’innovazione spaziando dagli Stati Uniti alla Cina e con una presenza radicata sul nostro territorio, grazie a collaborazioni di prestigio nella ricerca, come quella con il Politecnico di Milano. O con spazi futuristici quali il «Tortona Experience Center», nell’omonimo distretto del design del capoluogo lombardo. Un’area di novemila metri quadrati ricca di tecnologia (impressionanti gli schermi all’ingresso, tra i più grandi d’Europa), con un’atmosfera degna della Silicon Valley, aree dedicate allo sviluppo di nuove soluzioni, postazioni per il lavoro agile, un’età media dei presenti visibilmente bassa. Immaginato da Leonardo Del Vecchio, il fondatore di Luxottica, assieme a Francesco Milleri, il centro ha avuto tra gli ospiti d’onore anche Mark Zuckerberg.

Proprio in collaborazione con la società del creatore di Facebook e Instagram, è nato il primo filone degli occhiali hi-tech, i Ray-Ban Meta. Giunti alla seconda generazione, hanno avuto il merito di inaugurare una categoria, quella degli smart eyewear: le montature intelligenti, capaci di dialogare in tempo reale con lo smartphone. È ormai entrato nell’immaginario collettivo il look degli obiettivi inseriti accanto alle lenti per scattare foto, immortalare video, ora persino trasmettere video in diretta sui social network. In parallelo, anche sul fronte dell’acustica, i Ray-Ban Meta compiono un deciso salto di livello rispetto alla prima versione. Indossandoli, si coglie con immediatezza qual è il potenziale del suono diffuso da una coppia di asticelle, governato da tutti i meccanismi in miniatura che le accendono: durante una conversazione la voce dell’interlocutore arriva chiara e nitida, se si ascolta un brano musicale il suono risulta avvolgente e pieno. Inoltre, il sistema è rispettoso della privacy, nel senso che ripara da ogni involontario esibizionismo: solo chi la porta sente quanto esce dalla montatura. Con queste premesse, con tali basi tecniche, ci si avvicina già alla dimensione dell’occhiale con i superpoteri, quello a supporto dell’occhio e dell’orecchio. Una prossima possibile normalità per oltre un miliardo di persone. L’opportunità di recuperare la percezione perduta del mondo, di risintonizzarsi con la vita quotidiana. Di tornare ad afferrare l’attimo fuggente.

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