Economia
April 29 2018
Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse nel marzo del 2002, diceva che il mercato del lavoro italiano è tra i peggiori in Europa, se non addirittura il peggiore. Da allora sono passati oltre 16 anni e purtroppo i cambiamenti sono stati ben pochi. Ci sono state tre riforme del lavoro: la Legge 30 del 2003, quella che porta il nome di Elsa Fornero e che risale al 2012, oltre al Jobs Act di Renzi del 2015. Ma l'Italia, purtroppo, si appresta a festeggiare l'ennesimo 1° maggio all'insegna dei record negativi.
A sud delle Alpi, secondo la statistiche di Eurostat, la quota di popolazione tra i 20 e i 64 anni che risulta effettivamente occupata è pari ad appena il 62,3% (dati aggiornati alla fine del 2017) contro una medie Ue del 71%. Soltanto la Grecia fa peggio di noi (57,8%), mentre un abisso ci separa dalla Svezia (81%) e dalla Germania (79%). Pure la Francia (70%) e la Spagna (65%) ci distanziano di un po'.
Certo, nell'ultimo anno c'è stato qualche segnale incoraggiante, visto che il tasso di occupazione italiano è cresciuto dello 0,7%. Resta lontano, però, l'obiettivo di raggiungere una quota di popolazione che lavora del 67% entro il 2020, fissato per il nostro Paese con il Trattato europeo di Lisbona.
Anche il 1°maggio 2018, insomma, non sarà una Festa del Lavoro all'insegna dell'entusiasmo, benché tra il 2014 e il 2017 siano stati creati in Italia 1 milione di posti di lavoro in più, grazie anche alla fine della recessione.
Oltre alle statistiche “grezze” sul numero totale e sulla quota di occupati, ci sono infatti ben altri dati che fanno riflettere. In Italia esiste un sistema di collocamento per la dioccupazione che fa ancora acqua da tutte le parti. I Centri per l'Impiego pubblici riescono a far trovare un nuovo posto soltanto al 3% dei senza lavoro contro il 10-15% che si registra invece nei paesi del Nord Europa, dalla Germania alla Svezia.
Nella Penisola, la maggior parte delle assunzioni (40% circa) avviene ancora con il passaparola o con qualche segnalazione di amici e parenti (dati isfol). Senza dimenticare, poi, che l'Italia è purtroppo distante dall'Europa anche sotto un altro aspetto: il grado di competenze della forza lavoro, che sono ovviamente il volano per la produttività del sistema-paese. A dirlo è l'Ocse che periodicamente svolge un'indagine che si chiama Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competencies) e che misura il livello di conoscenze e abilità della popolazione adulta.
Anche su questo fronte, l'Italia purtroppo non brilla rispetto al resto dei paesi industrializzati. Anzi, secondo i ricercatori dell'Ocse “le competenze linguistiche e matematiche degli adulti italiani sono tra le più basse nei paesi industrializzati”, benché queste due qualità siano una premessa importante per "la buona riuscita nel mercato del lavoro".
Tra i grandi paesi europei, per esempio, il nostro è quello in cui si registra la maggior quota di adulti con basse competenze linguistiche mentre nelle competenze matematiche, cioè nella capacità di risolvere questioni e svolgere mansioni che hanno a che fare coi numeri e gli aspetti quantitativi, soltanto la Spagna fa peggio di noi. Di fronte a queste cifre, insomma, non resta che augurarsi di vedere in futuro altre Feste del Lavoro con dati un po' più incoraggianti.