Lifestyle
October 22 2014
Roberto Jiménez Gago, portiere, classe 1986. Il suo nome si aggiunge a quelli di Beckmann, Jorgensen e Sneijder nelle notti senza sonno che accompagneranno i tifosi juventini da qui al 9 dicembre. Il giorno della sfida all'Atletico Madrid. Il giorno del giudizio. Vedendo Roberto, portiere dell'Olympiacos compiere miracoli in serie nel quarto d'ora finale ad Atene più d'uno avrà maledetto la malasorte. Giusto, perché il pareggio sarebbe stato sacrosanto. Gli altri, però, avranno pensato agli altri 70 minuti, buttati via da una squadra lontanissima da quella 'fast and furios' di Antonio Conte e che si è a lungo consegnata al suo destino quasi senza provare a reagire. Ha perso male, la Juventus, e soprattutto ha perso una partita che avrà un peso specifico importante nella sua stagione europea. Le conseguenze verranno misurate nelle prossime settimane, ma il senso di delusione è forte. Inutile nascondersi dietro alla sfortuna e alle parate di Roberto. La notte di Atene segna un fallimento che solo la formula della Champions League non rende definitivo.
Tutta qui la Juventus?
Dietro la lavagna vanno in tanti, da Pirlo a Pogba. Ma prima di tutti ci va Massimiliano Allegri, che fatica a dare una nuova identità alla squadra ereditata da Conte. Se Chiellini si trova troppo spesso ad impostare, un problema ci deve essere. Se Asamoah e Lichtsteiner non fanno breccia sulle fasce e se ogni ripartenza diventa un contropiede, qualcuno deve porsi delle domande. E chi se non il tecnico? Ad Atene si sono viste le potenzialità di Morata, il migliore, l'unico a essersi salvato. Per Llorente non sarà facile ristabilire le gerarchie, ma il dubbio che viene, vedendo la Juventus aggrappata a una riserva scartata dal Real Madrid, è che lo scarto con la 'meglio Europa' sia ancora abissale. Forse aveva ragione Conte parlando di impossibilità a reggere a questi livelli. E, forse, ha peccato di aziendalismo Allegri quando ha detto che sarebbe arrivato nelle prime otto. C'è tempo per rimediare, ma il dubbio è legittimo.
Olympiacos - Juventus 1-0, la moviola in diretta
La maledizione della Champions
A Torino non amano sentir parlare di maledizione da Champions o di allergia al palcoscenico europeo. Però i numeri sono impietosi. Da quando è tornata nell'Europa che conta, la Juventus ha vinto 7 partite su 19 e ne ha perse quasi altrettante: 6 (compresa Atene). Quasi tutto il meglio, però, si è visto il primo anno, quello chiuso nel quarto di finale contro il Bayern Monaco dei marziani. Nelle ultime 9 il bilancio è ancora più desolante: due sole vittorie (Copenaghen e Malmoe allo Stadium), 3 pareggi e 4 sconfitte. Drammaticamente poco per chi aspira a recitare un ruolo da protagonista. C'è evidentemente un problema di qualità complessiva che non emerge in Italia, ma che torna a galla impietoso appena si mette il muso fuori di casa.
Tra l'altro le trasferte stanno diventando un vero incubo: nelle ultime 6 europee, la Juventus ne ha perse 5 e pareggiata una, a fatica, contro il Copenaghen. Allegri era stato scelto anche per il suo passato nelle coppe e per i risultati raggiunti con un Milan non trascendentale. Al momento non ha dato nulla di più alla sua squadra, che ha confermato i difetti noti senza aggiungere alcuna qualità. Il passo lento di Atene ha ricordato il controllo sterile di Madrid: solo nel finale, con lo spettro di una sconfitta pesantissima sia dal punto di vista numerico che per il morale, il ritmo è cambiato.
La crisi di Pirlo
Il simbolo delle difficoltà di questa Juventus, giunta in mezzo al guado tra il passato 'feroce' di Conte e il futuro 'tecnico' di Allegri, è Andrea Pirlo. Sarebbe troppo facile rispolverare dal cassetto il difficile rapporto tra Andrea e il tecnico livornese ai tempi del Milan. E' un dato di fatto che il calcio di Pirlo non sia quello preferito da Allegri, ma è altrettanto oggettivo che a penalizzare il regista bianconero siano oggi soprattutto le scarse condizioni fisiche, oltre alla manovra di una squadra che corre meno (anche sulle fasce) e gli regala meno spazi dove inventare e dettare passaggi e movimenti. In ogni caso Pirlo può e deve dare di più di quanto visto ad Atene in un primo tempo disastroso (solo 16 passaggi riusciti su 21 tentati), coronato dall'errore che ha spianato la strada al vantaggio di Kasami. Non era la prima volta che una palla persa faceva ripartire l'Olympiacos in contropiede. E' stata quella fatale.
La stagione dell'architetto delle Juve di Conte rischia di essere un calvario. Prima l'infortunio all'anca, che lo ha costretto a saltare 6 partite tra campionato e Champions League. Poi la tribuna di Madrid e il debutto (a sorpresa) con la Roma che gli è valsa la convocazione in extremis in nazionale e una nuova maglia da titolare contro il Sassuolo. In tutto ha giocato 218 minuti senza brillare quasi mai. Ora l'allarme è suonato e Allegri non ptrà più fare finta di nulla. Se un problema di collocazione esiste, meglio affrontarlo. La domanda è: la Juve del dopo-Conte gioca meglio con Pirlo o con Marchisio in mezzo al campo?
Si gioca tutto allo Stadium
La caduta contro l'Olympiacos rischia di avere effetti devastanti. La Juventus gira a quota 3 punti alla fine dell'andata. Si chiudesse oggi sarebbe fuori, costretta a ripiegare sull'Europa League come un anno fa. Ed esattamente come nell'inverno 2013 dovrà soffrire fino all'ultimo per evitare la retrocessione. La classifica dice che davanti ci sono Olympiacos e Atletico Madrid a quota 6, mentre Juventus e Malmoe seguono a 3 lunghezze. C'è spazio per risalire, ma non saranno più concessi passi falsi. Il vantaggio è che il destino si compirà allo Stadium, dove i bianconeri sembrano un po' più solidi che in trasferta. Segnarsi le date: 4 novembre e 9 dicembre. Contro Olympacos e Atletico Madrid servirà solo la vittoria, a meno di non essere riusciti nel blitz in terra svedese (26 novembre) contro il Malmoe. In ogni caso è lo scenario che Marotta e Agnelli si auguravano di non dover rivivere e che, invece, si replica uguale. Un incubo. O, forse, l'ammissione che a Torino hanno un problema...