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March 06 2015
Antonio Logli è stato prosciolto. La procura della Repubblica di Pisa lo accusava di omicidio volontario e distruzione di cadavere ai danni della moglie Roberta Ragusa, scomparsa dalla casa di Gello di San Giuliano Terme nella notte tra il 13 e 14 gennaio 2012 e mai più ritrovata. Per i carabinieri che hanno condotto due anni d’indagini è stato il marito, che l’avrebbe uccisa perché la moglie aveva scoperto la tresca che l’uomo intratteneva con l’amante Sara Calzolaio, amica e impiegata nell’autoscuola di famiglia. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio, ma oggi il giudice per le indagini preliminari ha detto che il fatto non sussiste. Non luogo a procedere. Antonio Logli prosciolto e inchiesta bocciata.
La decisione del giudice di Pisa suscita sgomento e fa arrabbiare tutti coloro che non riescono a distinguere il processo vero e proprio dalla fase delle indagini preliminari, quando i giornali pubblicano indiscrezioni sull’inchiesta totalmente sbilanciate a favore dell’accusa, e la gente pensa che l’indagato sia già stato condannato. Salvo poi urlare indignata contro l’assassino che l’ha fatta franca quando arriva un giudice che valuta in modo sereno gli elementi indiziari e fa soltanto il suo dovere. Come in questo caso.
Per quanto possa sembrare amara questa verità, la decisione presa oggi nel tribunale di Pisa è giusta e fa giustizia. Gli indizi raccolti dall’accusa contro Antonio Logli in questi anni dimostrano che lui è un bugiardo, che la notte della scomparsa ha litigato con la moglie, che aveva un motivo e un interesse per ammazzare la donna.
Ma non dimostrano in modo inequivocabile che poi abbia realmente ucciso e distrutto il corpo di Roberta Ragusa. Piaccia o no, è così. C’è da dire che alla fuga volontaria della moglie non crede nessuno, è una ipotesi semplicemente ridicola. E in questi due anni di indagine gli inquirenti hanno fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità, questo gli va riconosciuto.
Hanno dimostrato che Antonio Logli si trovata all’esterno della sua abitazione quella notte verso l’una, quando lui dice di essere andato a dormire e di essersi accorto al mattino presto che la moglie era sparita. Hanno trovato le tracce di due telefonate fatte da Logli all’amante al mattino presto. Nella prima la invita a spegnere il telefono, poi la richiama e le ordina di far sparire tutti i cellulari. Ancora più importanti, le telefonate brevi nella notte della scomparsa partite sempre dal telefonino di Logni e indirizzate all’amante, che per la procura erano state fatte da Roberta Ragusa che in quel momento scopre la tresca e firma la sua condanna a morte. Infine ci sono i racconti della stessa Roberta, che in seguito a un incidente domestico accusa il marito di aver provato a ucciderla.
Insomma, la procura ha fatto di tutto per mettere Logli con le spalle al muro, e c’è anche riuscita. Ma in assenza del corpo della donna, che non è mai stato ritrovato, non si può non prendere atto che manca la prova che il marito abbia davvero ucciso la moglie. E allora la giustizia non può che alzare le braccia: per noi sei tu l’assassino, sappiamo che sei stato tu, ma non possiamo dimostrarlo.
Questo avrebbe dovuto fare la procura, prendere atto e chiedere l’archiviazione, per tenersi la possibilità di riaprire le indagini in futuro nel caso della scoperta di nuovi indizi. Invece ha tirato dritto e ha sbattuto la faccia contro l’assoluzione più netta: perché il fatto non sussiste. C’è un giudice a Pisa.