Economia
January 16 2015
C’è chi lo apostrofò come “il discorso del re”. Sarà perché si tenne a Londra come quello cult pronunciato da un magistrale Colin Firth nei panni di re Giorgio VI nell’omonima pellicola di Tom Hooper valsagli pure la statuetta più ambita (più una valanga di altri premi). Era il 26 luglio 2012 quando Super Mario Draghi, patron della Bce, disse la fatidica frase “whatever it takes” scolpendo così nella pietra l’obiettivo del suo mandato: fare “tutto quello che è necessario” per salvare l’euro. E pazienza per i “nein” dei tedeschi (quello era il sottotitolo).
Ora, a due anni e più di distanza, a fornirgli un formidabile assist perché possa proseguire su quella strada è stata la corte di giustizia Ue. Le toghe di Lussemburgo, interrogate proprio dai tedeschi nel tentativo di bloccare le manovre “non convenzionali” di Draghi, hanno invece acceso il semaforo verde. E, anzi, l’avvocato generale della Corte Ue Pedro Cruz Villalòn si è concesso pure una tirata d’orecchie ai “colleghi” della Corte costituzionale tedesca parlando della necessità per i tribunali di usare “moderazione” nel controllare l’attività della Bce perché “mancano della specializzazione” necessaria. In soldoni: almeno da questo episodio Merkel & co ne escono cornuti e mazziati.
Ma quale era la disputa sul tavolo e perché questo parere (non vincolante per altro) è così importante? Nel mirino dei tedeschi c’era il programma Omt varato all’indomani del discorso di Londra ma – udite, udite - mai attuato! Non importa, a quanto pare. Lo strumento c’era e andava bloccato! Omt sta per Outright Monetary Transactions, letteralmente “operazioni monetarie definitive”. Roba più o meno impronunciabile, insomma, ma in soldoni significa una cosa semplice: è l’acquisto diretto da parte della Bce di titoli di stato a breve termine emessi da Paesi in difficoltà macroeconomica grave e conclamata. A una condizione: il Paese in questione deve avere prima avviato un programma di risanamento sotto l’egida del Mes, ossia il Meccanismo europeo di stabilità (detto anche fondo salva-Stati).
Ma, al di là dello strumento in sé, è la presa di posizione netta della Corte Ue a fare notizia. Tanto più che arriva a pochi giorni dall’ormai dato per scontato o quasi varo del primo quantitative easing della Vecchia Europa e atteso per giovedì 22 gennaio. L’ennesimo scioglilingua che in italiano significa “alleggerimento quantitativo” (in pratica in inglese o forse in arabo si capisce meglio!), consiste nella stampa ex novo di soldi, tanti soldi, e nella loro iniezione, con operazioni di mercato aperto, nel sistema economico e finanziario.
Le cifre trapelate oscillano tra 500 e mille miliardi, forse più! Come? Attraverso l’acquisto a bomba di titoli di stato. Resta da capire quali i criteri per la scelta dei titoli. Le opzioni sul tavolo sono diverse anche se quella dei rating forse è la più semplice (e potrebbe essere digerita persino dai falchi tedeschi e olandesi). In pratica la Bce potrebbe comprare solo i titoli AAA o al più scendere fino a BBB- ma comunque restando nell’area “investment grade”. Con l’effetto non secondario di tagliare fuori la Grecia (le cui elezioni in programma il 25 gennaio con la probabile vittoria del blocco anti-euro di Tsipras & co potrebbero avere non poche ripercussioni su tutti noi).
La scommessa dello shopping compulsivo sta nel presumere che chi possiede ora i titoli top li venderà perché non renderanno più nulla per riposizionarsi su asset più rischiosi. Funzionerà? Chissà. Quel che è certo è che si tratta forse dell’ultima cartuccia possibile per ridare fiato al continente ed evitare lo spettro della deflazione.