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January 30 2017
→ È in contrasto con la normativa costituzionale che garantisce l'eguaglianza nella protezione garantita dalla Costituzione.
→ Viola l'Immigration and Nationality Act del 1965 che vieta, ogni discriminazione contro immigrati basata sul paese di origine.
Per ora l'ordine esecutivo di Donald Trump contro rifugiati e immigrati ("Protecting the Nation From Foreign Terrorist Entry Into the United States") ha generato - oltre a reazioni indignate in tutto il mondo e in particolare negli Stati Uniti - una grande confusione negli aeroporti e nell'interpretazione delle norme.
Intanto, l'executive order nell'ordinamento statunitense è una indicazione ufficiale del presidente su come le agenzie federali da lui guidate debbano usare le risorse a disposizione. È parte delle cosiddette "executive actions", che derivano la loro efficacia dall'articolo 2 della Costituzione degli Stati Uniti, e viene considerata la più formale delle executive actions.
Un executive order quindi non è una nuova legge creata dal presidente né la destinazione per un nuovo scopo di fondi del Tesoro: entrambi questi poteri spettano infatti al Congresso. In pratica il presidente con questo provvedimento istruisce il governo su come deve lavorare dentro i parametri fissati dal Congresso e dalla Costituzione.
A partire da sabato, cinque giudici federali hanno bloccato l'ordine di Trump.
Poi 16 Attorney General - i responsabili della giustizia - di altrettanti Stati federali, hanno affermato che contrasteranno il decreto, usando le leggi che a loro parere vengono violate.
I giudici federali hanno bloccato l'esecuzione usando varie motivazioni: in sostanza il fatto che il decreto viola la Costituzione e una legge del 1965 contro la discriminazione.
La violazione della Costituzione riguarderebbe la norma che garantisce l'eguaglianza nella protezione garantita dalla Costituzione. L'ordine esecutivo di Trump impone distinzioni basate sulla razza e il credo religioso.
Il primo giudice a fermare il provvedimento di Trump e ha bloccare l'espulsione di due iracheni fermati in aeroporto - Ann M. Donnelly, giudice federale a New York- ha scritto che i ricorsi dei fermati hanno una notevole probabilità di essere accolti dai tribunali proprio perché i provvedimenti violano norme costituzionali.
La scelta delle parole nell'ordine di Trump è probabilmente uno dei punti vulnerabili in tribunale. Cita infatti la necessità di proteggere gli Stati Uniti dagli attacchi terroristici come quelli dell'11 settembre. Anche se nessuno dei terroristi coinvolti in quell'azione proveniva da uno dei sette paesi inclusi nel provvedimento di venerdì. Una debolezza anche logica che molto probabilmente verrà usata nei dibattimenti.
(Tra l'altro in New York Times sottolinea come con alcuni dei paesi dai quali provenivano i terroristi dell'11 settembre la famiglia Trump faccia grossi affari).
Anche The Immigration and Nationality Act del 1965 - legge del Congresso è una concreta minaccia sulla legalità dell'ordine esecutivo di Trump. Essa vieta, come ha spiegato David J. Bier sul New York Times, infatti ogni discriminazione contro immigrati basata sul paese di origine. Una discriminazione, in questo caso, è aggravata da quella religiosa, dato che Trump, oltre a mettere nel mirino solo Paesi musulmani, ha disposto di dare priorità in futuro ai rifugiati cristiani o di altre minoranze religiose perseguitate. Questo è implicito nella logica del provvedimento, anche se esplicitamente la religione non viene citata.
Secondo il Council on American–Islamic Relations (Cair) il provvedimento di Trump viola il primo emendamento della Costituzione, che stabilisce il diritto alla libertà religiosa.
[The Atlantic, The New York Times, The Washington Post, The New Yorker]