Ore 15:17 attacco al treno – La recensione
Sarà pure un Clint Eastwood “minore”. Ma pur sempre lui, capace in Ore 15:17 attacco al treno (nelle sale dall’8 febbraio, durata 94’) di trovare buone ragioni per farsi ancora apprezzare ripercorrendo vita e gesta dei tre eroici ragazzoni americani che il 21 agosto del 2015 sventarono un attentato jihadista sul treno Thalys 9364 Amsterdam-Parigi.
A voler essere troppo esigenti si potrebbe obbiettare sulla natura davvero cinematografica dell’opera e del suo processo produttivo perché certe tecniche, cadenze e forme dell’azione sembrerebbero orientate ad un consumo direttamente televisivo; pure se a volte una griffe importante, come in questo caso, può far incasellare un film (o un tv movie) tra quelli che gli americani chiamano Direct to TV & Video movies that should be shown in theathers, indicando una possibile/doverosa deviazione sulle sale di un prodotto destinato altrove.
Cinquecento passeggeri in preda al panico
In ogni caso è pur sempre un film del vecchio Clint. Che rimugina i fatti di due anni e mezzo fa, col treno urlante sulle rotaie e cinquecento passeggeri in preda al panico attraverso il pianoro d’Olanda e le terre di Francia. Con un dettaglio non da poco: l’ispirazione gli è venuta leggendo un libro che ha un titolo da film wertmülleriano, The 15:17 to Paris: The True Story of a Terrorist, a Train, and Three American Heroes (in Italia ed. Rizzoli con lo stesso titolo del film), cronaca autobiografica scritta dagli stessi tre americani (due di loro militari in licenza) intervenuti sul Thyalis, vale a dire Alek Skarlatos, Spencer Stone e Anthony Sadler, con la collaborazione alla stesura di Jeffrey E. Stern.
Finzione e realismo armonizzati nel racconto
Ma quei tre nomi sono da ricordare anche perché Eastwood ha scelto proprio loro per recitare se stessi nel film. Come fossero protagonisti di un docu-drama (d’autore, in questo caso). È la trovata del film e anche un po’ la sua scommessa, che potrebbe essere un limite ma in effetti non lo è: perché l’esperimento, se così si può definire, ha una sua ragione sintattica nell’intento di armonizzare finzione e realismo nella rappresentazione di un evento ancora vivo nelle cronache del terrore.
Quell'amicizia nata nella scuola californiana
Mescolando costantemente il presente narrativo a bordo del treno ai flashback sui trascorsi dei tre personaggi, il racconto rivanga le vite di Alek, Spencer e Anthony partendo dal loro primo incontro a scuola, nel 2005 di Sacramento, California e dalla nascita di un'amicizia indelebile che li tiene uniti negli anni anche con le distanze che li separano tra gli addestramenti militari, una spedizione di Afghanistan e varie avventure dell'esistenza. Si ritrovano così in una vacanza europea che li porta prima in Italia, poi in Germania, infine in Olanda da dove partono, sul fatidico treno, alla volta di Parigi.
L'Eliseo, Hollande e la Legion d'onore
Fortunati i passeggeri ad averli a bordo. Si deve proprio a loro se il terrorista Ayoub El-Khazzani (l'attore Ray Corasani) armato fino ai denti non compie la strage progettata e viene bloccato e intrappolato: cascando male coi tre giovanotti assai ben piazzati, palestrati e addestratissimi ma riuscendo all'inizio della pugna, ancora con la mitraglia tra le mani, a ferire un viaggiatore facendolo lottare tra la vita e la morte fino alla stazione parigina. Riuscirà a salvarsi pure lui nell'epico happy ending con coda ufficiale e celebrativa all'Eliseo dove il presidente Hollande consegna la Légion d'honneur agli eroi della strada ferrata.
Ritroviamo Eastwood, 88 anni, nelle sequenze concitate, furibonde e belligeranti dell'attentato; nelle predilette esercitazioni militari che appartengono soprattutto al vissuto di Alek; nelle Hummer corazzate tra i sentieri polverosi dell'Afghanistan; nel crepitare di guerre vicine e lontane. Il resto è quotidianità spicciola dei tre ragazzi, tra vita in famiglia, boccali birra e lattine di coca-cola, molta vacanza europea con qualche banalità italiana tra Roma e Venezia perché, quando gli americani ?" neppure il grande Clint si sottrae - si mettono a raccontare le nostre città, si finisce sempre a tarantelle. Se va bene, come nel nostro caso a Roma, affiora Nel blu dipinto di blu. Solo in musica, senza Domenico Modugno.
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