Calcio
October 18 2021
Chissà cosa avranno provato il designatore Rocchi e i vertici dell'AIA nel vedere e sentire il loro miglior arbitro argomentare il caso da moviola della serata, negli spogliatoi con il centrocampista della Roma Cristante, citando una norma che nel regolamento non esiste e non è mai esistita. Ha detto Orsato allo sventurato Cristante che "il vantaggio sul rigore non si dà mai" stracciando in pochi, concitati, secondi un'intera pagina delle regole del gioco e aggiungendo con sorrisetto beffardo di superiorità "adesso tu dai la colpa a me perché hai sbagliato il rigore?".
Ecco. Al di là dell'episodio incasinatissimo che ha segnato la sfida dell'Allianz Stadium e sul quale esistono due scuole di pensiero relative al presunto fallo di mano di Mkhitaryan in caduta dopo essere stato abbattuto da Sczcesny, se il tuo numero uno - in una serata storta - non è in grado di pronunciare le paroline "ho sbagliato io" l'immagine complessiva che ne esce non è delle migliori. E il fatto che Orsato non sia nuovo a questo genere di scivoloni peggiora la situazione.
Il veneto è certamente un arbitro di grandissimo livello, come testimoniano le finali che gli sono state affidate in una carriera che lo ha visto anche premiato come migliore al mondo nel 2020, anno della designazione per Psg-Bayern Monaco, atto conclusivo della Champions League poi conquistata dai bavaresi. E', però, anche un arbitro con una personalità debordante e particolarmente sfortunato, visto che nel corso della sua storia professionale si è trovato più di una volta in situazioni scabrose.
Senza tornare al celeberrimo mancato rosso di Pjanic della sfida tra Inter e Juventus nella primavera 2018, in una serata peraltro condita da una serie di errori molto lunga, i tifosi del Milan ricordano con poco piacere lo stizzito "ma cos'è questa roba" indirizzato dallo stesso Orsato al suo Var dopo essere stato richiamato al video per rivedere il fallo che avrebbe dovuto portare all'annullamento di un gol pesantissimo in Lazio-Milan (ovviamente non cancellato, sia mai). Nel primo caso il fischietto di Schio ha ammesso l'errore, tre anni e qualche fuga dai microfoni dopo. Questa volta chissà.
Rimane una garanzia, una delle poche in una stagione di passaggio generazionale negli arbitri italiani, ma quella spiegazione buttata lì a caldo e rilanciata dalle telecamere (che ormai sono ovunque anche dentro uno stadio) è suonata alle orecchie di chi guardava come la massima del marchese del Grillo: "Mi dispiace, ma io so' io e voi non siete un cazzo!".