Lifestyle
July 31 2014
Pablo Daniel Osvaldo ha detto sì. Cambierà ancora casacca per continuare la ricerca della sistemazione migliore, quella della definitiva consacrazione, della conferma oltre le promesse. Da ieri sera è un giocatore dell'Inter, che l'ha prelevato dal Southampton a prezzo di saldo: prestito gratuito e diritto di riscatto a fine stagione fissato a quota 7 milioni di euro. Poco meno della metà di quanto soltanto un anno fa il club inglese versò alla Roma per convincerla a cedere l'attaccante che allora era in odore di Mondiale agli ordini di Cesare Prandelli. Osvaldo e la Premier League, una storia finita nel giro di cinque mesi, tra incomprensioni e malumori, bizze e scivoloni.
Nel gennaio del 2014, l'ex “Re Leone” del calcio giallorosso (in omaggio a Gabriel Batistuta) gira uno scapaccione a un suo compagno di squadra e il Southampton, per punizione, lo chiude fuori della porta dello spogliatoio per due settimane. In castigo. Fino all'arrivo della Juventus, che si offre di portare a Torino il giocatore in cambio di una stretta di mano e una mezza promessa di farlo tutto suo a giugno per 18 milioni di euro. Poi, il campo. La Juve di Antonio Conte vince il terzo scudetto di fila, ma Osvaldo gioca in campionato soltanto 371 minuti raccogliendo la miseria di un gol. Poco e male. A Torino scuotono la testa e tutto torna in mano al Southampton, che non vede l'ora di impacchettarlo a dovere per spedirlo altrove. Chiama l'Inter, tutti felici.
Osvaldo lascia il segno. Nel bene e nel male. Se il vento tira dalla sua parte, è un calciatore capace di spostare gli equilibri: è bravo con la testa e con i piedi, vede la porta come pochi e può giocare come prima o seconda punta. Walter Mazzarri, tecnico dell'Inter, lo segue da vicino da almeno tre anni. L'avrebbe voluto nel suo Napoli ed è felice di averlo ora nella sua Inter. Anche se è discontinuo. Anche se risponde con le cannonate a chi gli lancia un mugugno. Anche se è titolare di un carattere che poco si presta al compromesso e alla conciliazione. Eccolo il lato B di Osvaldo, la zavorra che non gli ha permesso fin qui di esprimersi a grandissimi livelli e di lasciare un segno nel calcio che conta. Come Cassano, come Balotelli, come molti altri progetti di fuoriclasse che si sono smarriti sulla strada della gloria e del perdono. Osvaldo gioie e dolori.
Due anni al massimo e poi addio. Osvaldo morde e fugge. Dopo un po', sente l'esigenza di cambiare aria per sposare una nuova causa. L'ha fatto nelle giovanili in Argentina, passando dal Lanus al Banfield e dal Banfield all'Huracan nel giro di dodici mesi. L'ha fatto anche nel corso della sua lunga, lunghissima avventura italiana. Atalanta, Lecce, Fiorentina, e Bologna: dal gennaio 2006 al gennaio 2010, quattro squadre in quattro anni. Quindi, il salto all'Espanol fino all'agosto 2011. Nelle due stagioni successive gioca nella Roma giallorossa, dove dimostra a suon di gol (saranno complessivamente 28 in 57 presenze) di avere i numeri del grande giocatore. Cambiano le destinazioni, non cambia l'epilogo. Osvaldo se ne va sbattendo la porta e avanti il prossimo. Che oggi si chiama Inter, un'occasione ghiottissima per spezzare il filo della tradizione e raggiungere il traguardo tanto atteso. Se non ora, quando?