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December 18 2017
La mossa spiazzante di Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di trasferirvi l'ambasciata (ora a Tel Aviv), ha rimesso Recep Tayyip Erdogan al centro dello scacchiere del mondo arabo. Ergendosi a paladino dei palestinesi e guida dei Paesi islamici, il presidente della Turchia va di contromossa e, dopo aver riconosciuto Gerusalemme Est come capitale dello Stato di Palestina, ora annuncia che vi aprirà presto l'ambasciata turca.
Il 13 dicembre Erdogan aveva convocato una riunione d'emergenza dell'Organizzazione della cooperazione islamica (Oic), a Istanbul. Da lì aveva dichiarato "Gerusalemme Est capitale dello Stato di Palestina" e condannato la decisione degli Stati Uniti che, secondo la comunità musulmana, non possono più rivestire il ruolo di mediatore per la pace in Medio Oriente.
Il 15 dicembre, parlando in collegamento video alla folla radunata a Konya, Erdogan ha annunciato che cercherà di annullare la mossa statunitense al Consiglio di sicurezza Onu e, in caso di fallimento di questo tentativo, proverà con l'Assemblea generale dell'Onu.
Infine, il 17 dicembre, la nuova dichiarazione forte: seguendo la decisione dei Paesi Oic di riconoscerla capitale dello Stato palestinese, presto Gerusalemme Est sarà sede dell'ambasciata turca. Ecco le parole del presidente turco. "L'abbiamo già riconosciuta come capitale dello Stato palestinese ma non siamo stati in grado di aprirvi la nostra ambasciata perché Gerusalemme è ancora sotto occupazione. Se Dio vuole vi apriremo la nostra ambasciata".
Il 13 dicembre con il summit dei Paesi islamici Erdogan aveva iniziato a tessere la sua tela per replicare a Trump e porsi di nuovo come influencer del mondo arabo.
Nella colossale Conference Hall di Istanbul sono intervenuti 57 leader di Paesi musulmani. Erdogan è stato duro e ha accusato Trump di appoggiare le violazioni dei diritti umani, definendo Israele uno "Stato terrorista" che maltratta i palestinesi.
Il leader palestinese Abu Mazen ha levato il dito contro la Casa Bianca, rea di voler "regalare" a Netanyahu la "capitale eterna" della Palestina. Inoltre ha detto basta alla mediazione statunitense nel processo di pace: "Non sono più neutrali".
Al termine del vertice Oic, è stata diffusa una dichiarazione molto dura verso Israele e Stati Uniti, anche se non sono state annunciate sanzioni o misure diplomatiche concrete. A differenza da quanto ipotizzato da Erdogan, non è stata prevista una rottura delle relazioni con Israele.
Nella nota finale si legge, in uno dei passaggi più duri, che è degli Stati Uniti "la piena responsabilità di tutte le conseguenze della loro decisione illegale", che "toglie il governo americano da qualsiasi ruolo di patrocinatore di pace"; Washington "sostiene così Israele, potenza occupante, nel continuare le sue politiche di colonialismo, insediamento, apartheid e pulizia etnica che pratica nei territori palestinesi occupati dal 1967, specialmente a Gerusalemme".
È stato ribadito l'impegno per la soluzione a due Stati, "con Gerusalemme come capitale della Palestina, d'accordo con le norme riconosciute internazionalmente e l'iniziativa di pace araba del 2002", ratificata nel vertice della Lega araba a Riyad nel 2007.
Il vertice Oic ha però confermato la divisione all'interno del mondo arabo. Se erano presenti i massimi rappresentanti di Iran e Giordania, il presidente Hassan Rohani e il re Abdallah II, Egitto, Marocco e soprattutto Emirati Arabi e Arabia Saudita si sono limitati a inviare una delegazione ministeriale.
I Paesi islamici che hanno buoni rapporti con gli Stati Uniti mantengono una posizione formale e poco accalorata. Cosa che è stata notata e sottolineata dal leader iraniano: secondo Rohani Trump ha "osato" tanto perchéincoraggiato dalla volontà di alcuni Paesi della regione di stabilire relazioni con Israele. Il leader di Teheran ha quindi auspicato "l'unità islamica" contro "il pericolo del regime sionista".