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April 22 2013
Dopo 15 anni di attesa, papa Francesco ha «sbloccato» la causa di beatificazione di monsignore Oscar Arnulfo Romero, l’arcivescovo di san Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 mentre stava celebrando la messa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza. Romero aveva denunciato per anni le ingiustizie del suo Paese e le violenze della polizia e dei militari contro i più deboli. Aveva visto cadere, sotto i colpi dei paramilitari uno dei suoi più stretti collaboratori, il sacerdote gesuita padre Rutilio Grande. Ai funerali di Romero l’esercito fece fuoco sulla folla e compì una strage.
Nonostante il coraggio e i gesti profetici, Romero venne sempre trattato con una certa freddezza sia da papa Paolo VI sia da Giovanni Paolo II, che gli rimproverava la mancata condanna esplicita della teologia della liberazione. Tuttavia nel 1983, in visita in Salvador, Wojtyla si recò a pregare sulla tomba del vescovo, nonostante le pressioni contrarie del governo.
La causa di beatificazione è iniziata nel 1997 ma si è arenata presso la Congregazione delle cause dei Santi in Vaticano. Formalmente il problema era chiarire se Romero fosse stato ucciso in odio alla fede, e dunque fosse martire: in tale caso per essere beatificato non ci sarebbe bisogno del riconoscimento del miracolo. O se invece dovesse essere portato sugli altari per la sua testimonianza personale di santità e in tal caso servirebbe riconoscere un miracolo verificatosi grazie alla sua intercessione. La questione non è solo teologica ma profondamente politica, come si può ben capire. E dipende dal riconoscimento del ruolo avuto da Romero in centroamerica.
Ora Bergoglio ha sbloccato questo empasse, come ha confermato a a Panorama monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia e postulatore della causa di beatificazione di Romero, che ha incontrato personalmente papa Francesco sabato scorso, 20 aprile. I vescovi salvadoregni, anni fa, avevano scritto a papa Ratzinger per chiedere di far ripartire la causa.