Scandaletti: «Papa Francesco si arrenderebbe solo davanti all’impossibilità di svolgere il suo mandato»
Da oltre un mese le condizioni di salute di papa Francesco danno adito a diverse interpretazioni: Panorama.it ha chiesto lumi a Paolo Scandaletti, presidente emerito dell’Unione cattolica della stampa italiana e fine conoscitore della vita d’Oltretevere
Continuano ad inseguirsi voci e ipotesi su possibili dimissioni di Papa Francesco.
«Capita ormai da giugno, quando la presentazione del libro di Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera, su Papa Benedetto (Il monastero. Benedetto XVI, nove anni di papato-ombra, Ed Solferino, 2022) al Pio Sodalizio dei Piceni, fece surriscaldare i toni. Oltre all’autore, erano intervenuti Luciano Fontana, direttore del Corsera, S.Em. il Cardinale Gerhard Muller, teologo tedesco, dal 1º luglio 2017 prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, Andrea Riccardi, storico contemporaneo e presidente della Comunità di S. Egidio e Nicole Winfield, corrispondente dell’Associated Press in Vaticano».
Ghiotta occasione…
«Per rimarcare una serie di aspetti assolutamente conducenti nella vita del Papato e della nuova linea politica del Vaticano: si è riflettuto sulla vicenda storica delle dimissioni di Papa Benedetto XVI, le prime di un papa nella storia moderna, escludendo, ovviamente quelle di Celestino V, 192º Papa della Chiesa cattolica dal 29 agosto al 13 dicembre 1294, quando si dimise, appunto.
Su cosa si è ragionato?
«I presenti hanno potuto riflettere sulla singolare circostanza che, una volta dimessosi, Papa Benedetto XVI abbia continuato a vivere in Vaticano “vestito di bianco”, come un secondo papa, appunto. Circostanza, questa, assolutamente dirompente nella storia del Papato».
Intanto, solo qualche ora addietro si è registrata un’altra occasione di dibattito.
«E questa volta ad offrirla è stata lo stesso Pontefice nel corso di un’intervista in spagnolo a Televisa Univision, condotta dalle giornaliste messicane María Antonieta Collins e Valentina Alazraki. Ebbene, con quel suo “Non ho intenzione di dimettermi. Al momento no” il Papa è stato ancora una volta chiaro. Ha riconosciuto come il tempo sia passato rapido (“non me ne rendevo conto e sono passati 9 anni”), ha confessato i problemi di deambulazione (“mi fa un po' male il ginocchio”), di sentirsi “sminuito” ma che, in ogni caso abbia mai pensato di dimettersi».
Tuttavia l’ombra dell’abbandono aleggia ancora…
«Certo, ha lasciato un spiraglio: “se vedo che non posso, o mi faccio male o sono un ostacolo”, ha detto, lasciando intravedere che le dimissioni, alla fine, restano nell’agenda della sua vita pubblica. Emblematicamente ha fatto riferimento a Ratznger: “L'esempio che ci ha dato papa Benedetto è importante”, evidenziando che le dimissioni saranno la prima scelta “se vedo che non posso, o che sono di danno, o che sono di disturbo”».
Nell'intervista a Televisa Univision, Francesco ha espresso “grande simpatia” per papa Ratzinger
«Lo ha preso come esempio. Anzi ha scelto le dimissioni di Ratzinger del 2013, le prime verificatesi dopo 600 anni nella storia della Chiesa, come pietra miliare, chiarendo che “l’esperienza è andata piuttosto bene perchè è un uomo santo e discreto e l’ha gestita bene. Ma in futuro le cose dovrebbero essere precisate meglio, o le cose dovrebbero essere rese più chiare. Spero che la forza del suo esempio mi sia d’aiuto a prendere la decisione”».
E Francesco si è spinto anche oltre…
«Certo, quando ha sottolineato che il giorno dopo il suo naturale pensionamento preferirebbe assumere il ruolo di semplice “vescovo emerito di Roma” piuttosto che quello di Papa emerito: in questo modo si dedicherebbe a confessare i fedeli, a praticare la carità, a visitare i malati della sua parrocchia, quella di San Giovanni in Laterano. Il passaggio della sua intervista è emblematico: “Se sopravvivo dopo le dimissioni, vorrei fare una cosa del genere: confessare e andare a vedere i malati” ».
Ma rimarrebbe a vivere in Vaticano?
«Assolutamente no, distaccandosi completamente dalla scelta di Ratzinger: Bergoglio ha affermato, quasi a caratteri cubitali, che non vivrebbe in Vaticano né tornerebbe nella natia Argentina, se e quando mai si ritirasse. Sceglierebbe una chiesa a Roma -il Laterano, appunto- in quanto “vescovo emerito di Roma” »
Per Papa Francesco stanno ripresentandosi gli stessi interrogativi posti allora su Joseph Ratzinger…
«Tutti ci chiediamo se dopo le dimissioni di Benedetto XVI, anche Papa Francesco seguirà la stessa via. Papa Francesco non avrebbe alcuna intenzione di dimettersi, ma certo un aggravamento delle sue condizioni di salute porterebbe la Chiesa universale a rimanere senza guida, e le sue difficoltà nella deambulazione stanno facendo emergere una ridda di possibili soluzioni!»
Immaginiamo se anche Bergoglio dovesse dimettersi!
«Non credo che Papa Francesco rimarrebbe in Vaticano “vestito di bianco” come scelto da Benedetto XVI, che ha continuato a vivere entro le mura vaticane. In termini ipotetici, avremmo ben due papi emeriti, ma questa figura non esiste nel diritto canonico. E una costruzione giornalistica, popolare».
Mi perdoni, professore, viviamo nel mondo delle immagini simboliche.
«Che, come sappiamo, alimentano dubbi e interrogativi. I media, da oltre un mese, seguono l’evolversi delle condizioni di salute di Francesco, seguono il valore simbolico di un Papa in non perfette condizioni di salute. Un Papa che non cammina è un’immagine forte, direi iconica, dal punto di vista “politico”: e che, soprattutto dà adito ad interrogativi destinati a fare breccia nell’opinione pubblica mondiale».
A proposito di stampa internazionale…
«Mi permetto di anticiparla. Alla presentazione del libro di Massimo Franco era presente la corrispondente dell’Associated Press in Vaticano Nicole Winfield che ha appenapubblicato un articolo dal titolo emblematico: “Pope Francis fuels new speculation on future of pontificate”, ovvero Papa Francesco alimenta nuove speculazioni sul futuro del pontificato. Ecco, potrebbe passare il messaggio che sia Bergoglio in persona, mostrandosi in pubblico in precarie condizioni di salute, a voler mettere in primo piano la sua difficoltà a guidare il popolo di Dio!».
Insomma, la partita mediatica pare giocarsi sul simbolismo delle immagini…
«Infatti. E le suggestioni si rincorrono, come lo stesso annuncio di Francesco di visitare L’Aquila il prossimo 28 agosto, per la festa della “Perdonanza”, una ricorrenza introdotta proprio da papa Celestino V, e che ha alimentato, a cascata, ulteriori voci incontrollate. Ricordiamo che Celestino V si dimise dopo soli di 5 mesi di pontificato e concesse l’indulgenza plenaria a quanti fossero entrati nella basilica di Santa Maria di Collemaggio, all’Aquila. Ecco l’origine della “Perdonanza”».
Sempre tra gli ospiti del giornalista Franco spiccava anche il cardinal Gerhard Muller.
«Figura di primissimo piano, quella del teologo tedesco, che non è certo passata inosservata. Nominato il 2 luglio del 2012 prefetto della Congregazione per la dottrina della fede da Papa Benedetto XVI, ex officio divenne inoltre presidente della Pontificia commissione biblica, presidente della Commissione teologica internazionale e della Pontificia commissione “Ecclesia Dei. Insomma una personalità di spessore assoluto nella gerarchia vaticana, soprattutto a livello dottrinario».
Presenza da interpretare…
«Proviamoci: quando il 1º luglio del 2017, allo scadere del mandato da Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Papa Francesco nominò suo successore il segretario della Congregazione stessa, l’arcivescovo spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer, Muller si ritirò in Germania rifiutando ogni altro incarico, quasi a voler sottolineare sia il proprio disappunto dopo la sostituzione al vertice dell’ex Sant’Uffizio, e che -forse- la sua linea dottrinaria non fosse stata apprezzata fino in fondo da Bergoglio».
A proposito di rumors, intanto Papa Francesco ha appena annunciato la creazione di 21 nuovi cardinali: 16, sotto gli 80 anni, che potrebbero votare in Conclave per la scelta di un nuovo Papa…
«Anche da questa prospettiva siamo nel campo delle interpretazioni, perché alla fine c’è sempre il Padreterno che sceglie il Papa che vuole. Non dimentichiamo che Papa Francesco si fece notare, all’epoca, per la sua dottrina in difesa degli ultimi all’interno della Conferenza dei vescovi latino-americani, esattamente dove era nunzio apostolico Pietro Parolin, attuale Segretario di Stato: in quel contesto nasce una nuova cultura della Chiesa contemporanea, operativa non solo nel seguire le Sacre Scritture ma anche nel darvi seguito nell’azione quotidiana. Fu esattamente questo il filone dogmatico a sostegno di Bergoglio, e che si concretizzò con la sua elezione al soglio pontificio».
C’è in ballo la guida della Chiesa…
«Che merita la giusta scelta di campo. Un paio di mesi addietro ho incontrato il Cardinale maltese Mario Grech, vescovo emerito della Diocesi di Gozo, che Papa Francesco ha chiamato, nel settembre del 2020, alla guida del Segretariato per il Sinodo dei Vescovi: quest’ultimo comprende tutti i vescovi e tutti i parroci chiamati a guidare il popolo particolare di Dio. Ebbene, questo giovane prelato, classe 1957, mi ha letteralmente confidato di trovarsi a guidare un cammino sinodale lungo e complesso».
Segnali di cambiamento…
«La posizione del Cardinale Grech dimostra semplicemente che anche Papa Francesco, che ha ben compreso le principali criticità della Chiesa, riguardanti soprattutto l’organizzazione e l’idea di sè, nonostante i suoi ultimi problemi di deambulazione, ha perfettamente capito che solo una Chiesa in movimento, cioè “sinodale”, potrà assicurare la sua funzione unificatrice e di aiuto alla cura delle anime».
La Chiesa sinodale come chiesa in movimento è un’immagine forte…
«Fare “sinodalità” significa, allora, mettere in discussione i poteri terreni, quelli pratici, dei fedeli all’interno delle diocesi e delle parrocchie, nelle quali si svolge le loro missione nell’ambito della c.d. “Chiesa particolare”. Ebbene, tutto questo movimento appare, ancor oggi, frenato, e visto come una criticità della vita della Chiesa».
Due sarebbero le criticità nella Chiesa contemporanea…
«Praticamente: il freno alla sinodalità che viene, dall’interno della Chiesa, da parte di chi non vuole mettere in discussione i propri poteri, e poi la circostanza storica di un Papa, Benedetto XVI che pur dimessosi nel 2013, continua ancora a “vestire di bianco”. Per coerenza avrebbe dovuto ritornare ad indossare l’abito nero in un monastero tedesco, e non rimanere a Roma, porta a porta con Francesco!».
Insomma, papa Francesco sta lasciando la sua personale impronta sulla Chiesa universale.
«E’ la Chiesa delle origini, quella della predicazione e degli atti di Gesù: essenziale, senza potere e ricchezze, se non quelle da distribuire agli svantaggiati. Racconto un altro aneddoto: conosco bene il cardinale Gualtiero Bassetti, grazie alla comune frequentazione di Città della Pieve, di cui è Arcivescovo emerito; colto ed equilibrato, è l’esempio del presule impegnato nella cura dei fedeli».
Esattamente come il neo presidente della Cei, il cardinal Matteo Zuppi.
«Simbolo contemporaneo della Chiesa in movimento, non foss’altro che ama spostarsi in bicicletta, a Bologna, senza simboli cardinalizi. Questa è la Chiesa di Papa Francesco, con il suo marchio di fabbrica».
Paolo Scandaletti, padovano, classe 1936, giornalista e saggista, è stato presidente dell’Unione Cattolica Stampa Italiana e ha fondato e diretto per 18 anni DESK, la rivista di cultura e ricerca della comunicazione. Già consulente del Garante per l’editoria Francesco Paolo Casavola, ha pubblicato una trentina di libri, comprese le biografie di Antonio da Padova, Galileo Galilei, Chiara d’Assisi e Ottavio Missoni. Con una lunga esperienza nei quotidiani e alla Rai, ha ideato la celebre kermesse culturale Pordenonelegge e curato Rileggiamo la Grande Guerra, progetto culturale della Regione Friuli Venezia Giulia legato ai drammatici eventi della Prima guerra mondiale. Docente di storia del giornalismo e di comunicazione nelle università di Roma-Tor Vergata, Teramo, Pescara, Napoli-Suor Orsola Benincasa e Roma-Luiss - ove è stato titolare della prima cattedra di etica della comunicazione- ha dedicato alla vita d’Oltretevere, il saggio Storia del Vaticano. Dalle origini ai giorni nostri (Biblioteca dell’immagine, 2015).
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