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October 02 2016
2 ottobre - Si è concluso oggi il viaggio di Papa Francesco nelle repubbliche ex sovietiche del Caucaso. Prima in Georgia poi in Azerbaigian. Ecco quali sono i messaggi principali di forza, fede e speranza che Bergoglio ha voluto lasciare, a partire dal più forte pronunciato davanti alle autorità azere al Centro "Heydar Aliyev" di Baku: "Ogni appartenenza etnica o ideologica, come ogni autentico cammino religioso, non può che escludere atteggiamenti e concezioni che strumentalizzano le proprie convinzioni, la propria identità o il nome di Dio per legittimare intenti di sopraffazione e di dominio".
Azerbaigian
"Cari fratelli e sorelle, in questa celebrazione eucaristica ho reso grazie a Dio con voi, ma anche per voi. Qui la fede negli anni della persecuzione ha compiuto meraviglie: vorrei ricordare tanti cristiani coraggiosi, hanno avuto fiducia nel Signore, sono stati fedeli nelle avversità. Come Giovanni Paolo II voglio usare le parole dell'apostolo Pietro, "onore a voi che credete". È un Papa Francesco in grande forma quello che è sbarcato questa mattina in Azerbaigian dopo la visita in Georgia.
Qui è andato a trovare la piccola comunità cattolica (700 persone), l'unica di Baku, e queste sono state le sue parole all'Angelus, al termine della messa. "Qualcuno può pensare che il Papa perde tanto tempo: fare tanti chilometri di viaggio per visitare una piccola comunità di 700 persone, in una città di due milioni. Pure non una comunità uniforme, vi si parla azero, italiano, inglese, spagnolo, tante lingue. È una comunità di periferia. Ma il Papa in questo imita lo Spirito Santo. Anche lui - ha detto ancora il Pontefice - è sceso dal cielo in una piccola comunità di periferia chiusa nel Cenacolo. E a quella comunità che con timore si sentiva povera, perseguitata forse, o lasciata da parte, le dà il coraggio, la forza, la "parresia" per andare avanti e proclamare il nome di Gesù. E le porte di quella comunità di Gerusalemme, che erano chiuse dalla paura o dalla vergogna, si spalancano e dalla porta esce lo Spirito".
"Il Papa perde tempo come lo ha perso lo Spirito Santo quel tempo - ha quindi aggiunto -. Soltanto due cose sono necessarie: in quella comunità c'era la Madre, non dimenticare la Madre. In quella comunità c'era la carità, l'amore fraterno
che lo Spirito Santo ha riversato in loro. Coraggio, avanti, go ahead, senza paura, avanti!"
Fede e servizio
"Fede e servizio non si possono separare, anzi sono strettamente collegati, annodati tra di loro", ha detto papa Francesco durante la messa nella chiesa dell'Immacolata Concezione, a Baku. "E non siamo chiamati a servire ogni tanto, ma a vivere servendo. Il servizio è allora uno stile di vita, anzi riassume in sè tutto lo stile di vita cristiano", ha aggiunto.
Due tentazioni da evitare: la tiepidità e il pensare da padroni
Il Papa ha anche invitato i fedeli a evitare "le tentazioni, che allontanano dallo stile del servizio e finiscono per rendere
la vita inservibile". Una, ha spiegato, "è quella di lasciare intiepidire il cuore". Un cuore tiepido "si chiude in una vita
pigra e soffoca il fuoco dell'amore. Chi è tiepido - ha detto - vive per soddisfare i propri comodi, che non bastano mai, e così
non è mai contento; poco a poco finisce per accontentarsi di una vita mediocre". "Il tiepido - ha spiegato ancora Francesco -
riserva a Dio e agli altri delle "percentuali" del proprio tempo e del proprio cuore, senza mai esagerare, anzi cercando sempre
di risparmiare. Così la sua vita perde di gusto".
La seconda tentazione, "nella quale si puo' cadere non perchè si è passivi, ma perchè si è 'troppo attivi'" è "quella di pensare da padroni, di darsi da fare solo per guadagnare credito e per diventare qualcuno". "Allora il servizio - ha concluso - diventa un mezzo e non un fine, perchè il fine è diventato il prestigio; poi viene il potere, il voler essere grandi"
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1 ottobre
Nel primo giorno di questo secondo viaggio di papa Francesco nelle Repubbliche ex sovietiche del Caucaso, che per tre giorni lo porta in Georgia e Azerbaigian dopo la tappa di giugno in Armenia, risuona il grido della Siria e dell'Iraq, devastati dal conflitto interno e dalle violenze.
L'ultimo appuntamento della giornata a Tbilisi, infatti, nella chiesa di San Simone il tintore, ha visto il papa incontrare la comunità assiro-caldea, presenti 12 vescovi caldei reduci dal loro Sinodo a Erbil, nel Kurdistan iracheno, con il patriarca Louis Sako. E nella sua preghiera di pace, dopo i canti e le invocazioni in aramaico (lingua di Gesù), Bergoglio ha fatto ancora sentire la sua voce per i due Paesi da cui continuano ad arrivare notizie di giornalieri spargimenti di sangue. "Stendi l'ombra della tua croce sui popoli in guerra - ha detto il Pontefice -: imparino la via della riconciliazione, del dialogo e del perdono; fa' gustare la gioia della tua risurrezione ai popoli sfiniti dalle bombe: solleva dalla devastazione l'Iraq e la Siria; riunisci sotto la tua dolce regalità i tuoi figli dispersi: sostieni i cristiani della diaspora e dona loro l'unità della fede e dell'amore".
Uscito sul sagrato, Francesco ha liberato una colomba bianca di pace, ultimo flash di questo giorno nella capitale georgiana iniziato con l'incontro al Palazzo presidenziale col capo dello Stato Giorgi Margvelashvili e con le autorità e la società civile, mentre il passaggio del corteo papale dall'aeroporto è stato salutato anche da alcuni manifestanti contro la visita, piccoli gruppi ultra-ortodossi che hanno bollato il papa come "arci-eretico". E anche nel discorso alle autorita' il tema della pace è riecheggiato come il tema di fondo della visita, insieme all'impegno ecumenico.
La Georgia, "ponte naturale tra l'Europa l'Asia", ha "costruito e consolidato" in questi 25 anni di indipendenza, dopo il crollo dell'Impero sovietico, le sue istituzioni democratiche e cercato le vie per "uno sviluppo il più possibile inclusivo e autentico". Ma perché questo processo sia duraturo l'"indispensabile condizione preliminare" è "la pacifica coesistenza fra tutti i popoli e gli Stati della regione". Troppo spesso, ha denunciato Bergoglio, le "legittime differenze e le controversie" non restano "in un ambito di confronto e dialogo civile". Troppe volte, anziché essere "sorgente di arricchimento reciproco", le divergenze e le diversita' "sfociano in violenze destinate a provocare enormi rovine per l'uomo e la societa'". Mentre invece, che prevalgano "la ragione, la moderazione e la responsabilita'" è "tanto più necessario nel presente momento storico, dove non mancano anche estremismi violenti che manipolano e distorcono principi di natura civile e religiosa per asservirli ad oscuri disegni di dominio e di morte".