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May 10 2018
"Mafiosi convertitevi! Cambiate vita!... Dio ha detto 'Non Uccidere!'... e un giorno verrà il giudizio Divino!". È il grido-anatema lanciato, a sorpresa, da Giovanni Paolo II nella storica omelia pronunciata nella Valle dei Templi di Agrigento il 9 maggio 1993.
Mercoledì 9 maggio, in occasione del venticinquesimo anniversario di quella giornata destinata a restare nella storia come punto di non ritorno della lotta della Chiesa cattolica alla lotta a tutte le mafie, quel grido è stato ricordato con una solenne celebrazione nella stessa Valle dei Templi da tutti i vescovi della Sicilia.
Seguendo l'insegnamento e l'esempio di papa Wojtyla, è stato rilanciato "un appello per la conversione rivolto in particolare agli uomini e alle donne della mafia", ha spiegato l'arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, nella cui vasta diocesi è compresa Corleone, tra i luoghi-simbolo di presenze malavitose. "Oggi Cosa nostra non agisce in maniera eclatante come un tempo - spiega il presule - ma forte è la sua presenza nell'esercizio del potere e nell'economia. E poi esiste una cultura mafiosa diffusa che dobbiamo contrastare".
Mai un papa – prima di Karol Wojtyla -, ricorda l'arcivescovo di Monreale, si era mai rivolto con tanta forza profetica contro la mafia. E tantomeno qualsiasi altro esponente delle gerarchie ecclesiali, ad eccezione di figure come il cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo (che ebbe parole di fuoco il giorno dell'assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa) o sacerdoti del popolo come don Pino Puglisi, il parroco palermitano ucciso a 56 anni dalla mafia per il suo impegno a favore dei giovani il 15 settembre 1993, il giorno del suo compleanno. Con Wojtyla tutto cambia.
La svolta, la domenica del 9 maggio '78 nella Valle dei Templi di Agrigento, durante la Messa celebrata dal pontefice nel suo secondo pellegrinaggio in Sicilia. Ma Wojtyla quel giorno sa che la Sicilia si aspetta da lui qualche “cosa” di più forte. Sa che la folla che lo ascolta ad ogni tappa nel fitto programma della visita, come pure le migliaia di persone che lo accolgono sulla spianata dei Templi, da anni stanno vivendo una interminabile Via Crucis fatta di vittime innocenti di attentati mafiosi, violenze, oppressioni, culminate pochi mesi prima con le stragi di Capaci e di Via D'Amelio del 23 maggio e del 19 luglio 1992 dove furono trucidati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e le loro scorte. Giovanni Paolo II sente che, di fronte a tanto dolore e a tanti uomini e donne ammazzati mentre stavano compiendo il loro dovere deve parlare liberamente, senza fermarsi al testo preconfezionato dai suoi collaboratori.
"MAFIOSI CONVERTITEVI! UN GIORNO VERR∑†©√©****“Mafiosi convertitevi! Cambiate vita!..Dio ha detto 'Non Uccidere!'..e un giorno verrà il giudizio Divino!” . E' il grido-anatema lanciato, a sorpresa, da Giovanni Paolo II nella storica omelia pronunciata nella Valle dei Templi di Agrigento il 9 maggio 1993. Oggi, in occasione del venticinquesimo anniversario di quella giornata destinata a restare nella storia come punto di non ritorno della lotta della Chiesa cattolica alla lotta a tutte le mafie, quel grido sarà ricordato con una solenne celebrazione nella stessa Valle dei Templi da tutti i vescovi della Sicilia. L'appuntamento è per oggi pomeriggio, alle 18, ai piedi del Tempio della Concordia, dove dopo la concelebrazione i presuli lanceranno una lettera-appello e un invito a “non dimenticare le parole di Giovanni Paolo II”. Seguendo l'insegnamento e l'esempio di papa Wojtyla, rilanceremo "un appello per la conversione rivolto in particolare agli uomini e alle donne della mafia", anticipa l'arcivescovo di Monreale Michele Pennisi, nella cui vasta diocesi e' compresa Corleone, tra i luoghi-simbolo di presenze malavitose. "Oggi Cosa nostra non agisce in maniera eclatante come un tempo - spiega il presule - ma forte e' la sua presenza nell'esercizio del potere e nell'economia. E poi esiste una cultura mafiosa diffusa che dobbiamo contrastare".
CON WOJTYLA LA SVOLTA ANTIMAFIA DELLA CHIESA
Mai un papa – prima di Karol Wojtyla -, ricorda l'arcivescovo di Monreale, si era mai rivolto con tanta forza profetica contro la mafia. E tantomeno qualsiasi altro esponente delle gerarchie ecclesiali, ad eccezione di figure come il cardinale di Palermo Salvatore Pappalardo (che ebbe parole di fuoco il giorno dell'assassinio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa) o sacerdoti del popolo come don Pino Puglisi, il parroco palermitano ucciso a 56 anni dalla mafia per il suo impegno a favore dei giovani il 15 settembre 1993, il giorno del suo compleanno. Con Wojtyla tutto cambia. La svolta, la domenica del 9 maggio '78 nella Valle dei Templi di Agrigento, durante la Messa celebrata dal pontefice nel suo secondo pellegrinaggio in Sicilia. Ma Wojtyla quel giorno sa che la Sicilia si aspetta da lui qualche “cosa” di più forte. Sa che la folla che lo ascolta ad ogni tappa nel fitto programma della visita, come pure le migliaia di persone che lo accolgono sulla spianata dei Templi, da anni stanno vivendo una interminabile Via Crucis fatta di vittime innocenti di attentati mafiosi, violenze, oppressioni, culminate pochi mesi prima con le stragi di Capaci e di Via D'Amelio del 23 maggio e del 19 luglio 1992 dove furono trucidati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e le loro scorte. Giovanni Paolo II sente che, di fronte a tanto dolore e a tanti uomini e donne ammazzati mentre stavano compiendo il loro dovere deve parlare liberamente, senza fermarsi al testo preconfezionato dai suoi collaboratori.
Ed ecco che, alla fine della Messa, col volto teso, lo sguardo fisso sulla folla che lo acclama, la mano sinistra appoggiata al bastone pastorale a Croce astile e sotto un Crocifisso posto davanti all'altare, si avvicina al microfono e inizia a parlare con voce ferma e decisa, rivolgendosi subito ai mafiosi che “qui portano sulle loro coscienze tante vittime umane”. “Carissimi – è l'esordio di Wojtyla – non si dimentica tanto facilmente una tale celebrazione in questa Valle dei Templi. Sono qui per invocare concordia senza morti! Senza assassinati, senza paure, senza minacce, senza vittime..che sia concordia! Una concordia di pace a cui aspira ogni popolo e ogni persona umana e ogni famiglia. Dopo tanti tempi di sofferenze avete finalmente diritto a vivere nella pace! E quanti sono colpevoli di disturbare questa pace, quanti portano sulle loro coscienze tante vittime umane devono capire che non è permesso uccidere innocenti”. Ma questi, i malavitosi, “devono capire – ammonisce il Papa – che non si permette di uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: 'Non uccidere'!”. “Non può qualsiasi uomo, qualsiasi agglomerazione umana, la mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Questo popolo siciliano , talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, non può vivere sempre sotto la pressione della civiltà contraria, civiltà della morte”, sottolinea il Papa, che aggiunge: “Qui ci vuole la civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso morto e risorto, di questo Cristo che è vita...via, verità, e vita. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”. Quando pronunzia queste ultime parole il papa è visibilmente scosso e la gente si commuove insieme a lui. Non nasconde la sua rabbia che accentua con la mano destra alzata come monito. Per concludere con un saluto di speranza. “Carissimi vi ringrazio per la vostra partecipazione a questa preghiera così suggestiva, profonda, partecipata. Vi lascio con questo saluto: Sia lodato Gesù Cristo, via, verità, vita. Amen”. Ma dopo qualche mese la mafia gli “risponderà” a suo modo con le bombe alla basilica di S. Giovanni in Laterano, la cattedrale del Papa di Roma, e alla chiesa di San Giorgio al Velabro la sera del 27 luglio 1993 e con l'assassinio di don Pino Puglisi il successivo 15 settembre, martire della mafia che papa Benedetto XVI ha beatificato nel 2012 completando la causa di beatificazione avviata da papa Wojtyla, che 25 anni dopo continua a “gridare” contro tutte le oppressioni mafiose attraverso l'opera dei successori il papa emerito Joseph Ratzinger e papa Francesco.
Ed ecco che, alla fine della Messa, col volto teso, lo sguardo fisso sulla folla che lo acclama, la mano sinistra appoggiata al bastone pastorale a Croce astile e sotto un Crocifisso posto davanti all'altare, si avvicina al microfono e inizia a parlare con voce ferma e decisa, rivolgendosi subito ai mafiosi che “qui portano sulle loro coscienze tante vittime umane”.
“Carissimi – è l'esordio di Wojtyla – non si dimentica tanto facilmente una tale celebrazione in questa Valle dei Templi. Sono qui per invocare concordia senza morti! Senza assassinati, senza paure, senza minacce, senza vittime... che sia concordia! Una concordia di pace a cui aspira ogni popolo e ogni persona umana e ogni famiglia. Dopo tanti tempi di sofferenze avete finalmente diritto a vivere nella pace! E quanti sono colpevoli di disturbare questa pace, quanti portano sulle loro coscienze tante vittime umane devono capire che non è permesso uccidere innocenti”.
Ma questi, i malavitosi, “devono capire – ammonisce il Papa – che non si permette di uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: 'Non uccidere'!”. “Non può qualsiasi uomo, qualsiasi agglomerazione umana, la mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Questo popolo siciliano , talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, non può vivere sempre sotto la pressione della civiltà contraria, civiltà della morte”, sottolinea il Papa, che aggiunge: “Qui ci vuole la civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso morto e risorto, di questo Cristo che è vita... via, verità, e vita. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”.
Quando pronunzia queste ultime parole il papa è visibilmente scosso e la gente si commuove insieme a lui. Non nasconde la sua rabbia che accentua con la mano destra alzata come monito. Per concludere con un saluto di speranza. “Carissimi vi ringrazio per la vostra partecipazione a questa preghiera così suggestiva, profonda, partecipata. Vi lascio con questo saluto: Sia lodato Gesù Cristo, via, verità, vita. Amen”.
Ma dopo qualche mese la mafia gli “risponderà” a suo modo con le bombe alla basilica di S. Giovanni in Laterano, la cattedrale del Papa di Roma, e alla chiesa di San Giorgio al Velabro la sera del 27 luglio 1993 e con l'assassinio di don Pino Puglisi il successivo 15 settembre, martire della mafia che papa Benedetto XVI ha beatificato nel 2012 completando la causa di beatificazione avviata da papa Wojtyla, che 25 anni dopo continua a “gridare” contro tutte le oppressioni mafiose attraverso l'opera dei successori il papa emerito Joseph Ratzinger e papa Francesco.