Paradisi fiscali, la nuova mappa per gli evasori

Dopo gli ultimi accordi siglati in queste ore con Hong Kong e soprattutto Cayman, si riducono gli spazi per chi intende nascondere propri capitali in paradisi fiscali. Nel caso specifico, si tratta di intese che vanno se possibile a migliorare ulteriormente collaborazioni fiscali già in atto. Un solco questo nel quale il nostro Paese si è ormai incamminato da tempo, riuscendo negli ultimi mesi a portare a casa una serie di accordi molto significativi, anche grazie alla legge 186/2014, meglio conosciuta come voluntary disclosure. Grazie ad essa infatti si è riusciti a cancellare dalla famosa black list dei paradisi fiscali una serie di Paesi che finora risultavano molto appetibili agli evasori, anche grazie alla vicinanza geografica. Vediamo allora come nel corso di questi anni è cambiata la mappa dei Paesi black list, e quali sono al momento le alternative ancora praticabili per gli evasori incalliti.

Capitali all'estero: come e chi può aderire alla voluntary disclosure


Ci sono innanzitutto un gruppo di Paesi che avevano raggiunto accordi di collaborazione fiscale ancora prima che venisse approvata la norma sulla voluntary disclosure. Tra questi meritano certamente una citazione Cayman, che come detto ha ulteriormente rafforzato la propria intesa con l’Italia, ma anche Equador e Bermuda, le Isole di Man e Jersey, Gibilterra e Mauritius, e ancora Emirati Arabi Uniti e Singapore, insieme a Filippine e Hong Kong, rapporto quest’ultimo, come accennato, anch’esso irrobustito dagli accordi di queste ultime ore. C’è poi da considerare un secondo gruppo di Paesi, che ha raggiunto importanti intese fiscali con l’Italia sull’onda proprio della voluntary disclosure, ossia dell’opportunità di far emergere capitali non dichiarati al fisco italiano, senza incorrere in pesanti sanzioni. In questo elenco tra l’altro figurano alcune delle realtà che in passato hanno rappresentato la meta favorita dagli evasori fiscali italiani.

Fisco: stretta Ue contro la fuga di capitali nei paradisi fiscali


Stiamo parlando di Paesi come Svizzera, Lichtenstein, Città del Vaticano, San Marino e Montecarlo. Risultati dunque molto significativi che hanno permesso al nostro Paese di far rientrare ingenti capitali e che per il futuro potrebbero metterci al riparo da nuove deleterie fughe. Detto ciò però, come già accennato, il panorama mondiale dei paradisi fiscali resta ancora molto ampio e variegato. Nella black list infatti sono presenti ancora numerose realtà che per il momento non hanno nessuna intenzione di rendere il proprio fisco più trasparente.

Nuovi paradisi fiscali per scappare dalle tasse


Si tratta innanzitutto di piccole isole della zona caraibica, come ad esempio Antigua e Barbuda, Antille Olandesi, Bahamas, Barbados, Isole Vergini, oltre a Paesi di entità più consistente come Costa Rica, Belize e Panama. Molto nutrita è anche la schiera di isole pacifiche con nomi più o meno noti che vanno da Tonga a Samoa, da Nuova Caledonia a Salomone, fino alle Isole Marshall e alla Polinesia Francese. Arricchiscono questo poco idilliaco panorama realtà dell’Estremo Oriente come Taiwan, Brunei, Macao e Malaysia,  e del più Vicino Oriente, come Libano, Bahrein, Oman e Gibuti. In ordine sparso meritano poi una citazione altre realtà come Uruguay, Liberia, Seichelles e Maldive. Infine da notare che in Europa del tutto anomala resta la sola condizione del Principato di Andorra, anch’esso inserito ancora a pieno titolo nella black list dei paradisi fiscali.

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