Partite Iva: quante sono e quanto guadagnano quelle false, che Giovannini vorrebbe eliminare

“Sono favorevole a privilegiare i contratti a tempo determinato che rappresentano la flessibilità buona, a scapito delle finte partite iva che rappresentano invece la flessibilità cattiva”. E' questa l'intenzione del ministro del Lavoro,Enrico Giovannini , che ha preannunciato la volontà del governo di mettere in cantiere altri provvedimenti a favore dell'occupazione, magari legandoli a stretto giro all'appuntamento di Expo 2015, l'esposizione universale di Milano che dovrebbe avere effetti positivi sul ciclo economico.

I CONTRATTI A TERMINE E IL DECRETO LAVORO DI LETTA

L'intenzione di Giovannini è di ridurre i vincoli sui contratti a tempo determinato che, pur essendo precari e flessibili, creano nuove occasioni di lavoro per i giovani e i disoccupati e sono tutelati da alcuni importanti diritti in termini di ferie, orari e contributi. Sul fronte opposto, il governo vuole invece muoversi nel solco già tracciato dalla Legge Fornero, cioè l'ultima riforma del welfare del governo Monti che ha cercato di arginare il fenomeno delle false partite iva. Si tratta di quelle forme di lavoro autonomo che, in realtà, mascherano dei veri e propri rapporti di dipendenza (poiché il collaboratore presta servizio in una sola azienda, che gli impone orari, compensi e obblighi di presenza in servizio, senza dare in cambio dei diritti).

PARTITE IVA, COSA E' CAMBIATO NEL 2013

Il fenomeno delle false partite iva ha una lunga tradizione in Italia, anche se è difficile quantificare il numero esatto di lavoratori inquadrati con questi contratti. Negli anni scorsi, l'istituto di ricerca Isfol stimò la presenza in Italia di almeno 300mila finti lavoratori autonomi con la partita iva, ai quali vanno aggiunte circa 700-800 mila persone inquadrate con contratti come le collaborazioni a progetto (co.pro) e le colloborazioni coordinate e continuative (co.co.co.).

Di recente, però, la Confederazione degli artigiani di Mestre (Cgia) ha paventato il rischio di un nuovo boom delle finte partite iva visto che, lo scorso anno, è aumentato di oltre 210mila unità il numero di lavoratori autonomi con meno di 35 anni. Di questi, oltre il 24% operano nel commercio, un altro 21% nelle attività professionali e quasi il 10% nel comparto delle costruzioni. Secondo gli artigiani di Mestre, la forte crescita dei neo-lavoratori autonomi under 35 fa nascere il sospetto che parecchi giovani italiani siano diventati formalmente dei liberi professionisti con la partita iva, pur operando in regime di mono-committenza, cioè per una sola azienda, con tutti i vincoli di subordinazione che ne derivano.

LE PARTITE IVA E LA RIFORMA FORNERO

Del resto, reclutare un collaboratore con la partita iva, piuttosto che un dipendente con contratto regolare, è sempre una scelta economicamente molto vantaggiosa per un datore di lavoro. A sostenerlo, è un'analisi effettuata negli anni scorsi dall'istituto di ricerca Ires-Cgil, che ha preso in esame il profilo di dipendente con un compenso di 1.000 euro mensili (a lordo delle tasse ma al netto dei contributi). Se viene assunto a tempo indeterminato, questo lavoratore costa all'impresa ben 1.780 euro (a causa della forte incidenza dei contributi), contro gli appena 1.042 euro che l'azienda pagherebbe invece proponendo allo stesso soggetto una collaborazione flessibile con la partita iva.

Per evitare un ricorso eccessivo alle finte collaborazioni autonome, lo scorso anno la riforma Fornero (con i successivi emendamenti) ha stabilito nuove regole per tutelare le partite iva che operano per una sola azienda (o quasi) e che guadagnano meno di 18mila euro all'anno. In particolare, questi rapporti sono assimilati, dal punto di vista giuridico, al lavoro dipendente a tempo indeterminato, con tutti i diritti annessi e connessi. Secondo il ministro Giovannini, questi vincoli cominciano ad avere i primi effetti positivi, anche se ci vorrà del tempo per tirare un bilancio definitivo. Per adesso, le false partite iva restano indubbiamente ancora molte e, secondo le rilevazioni dell'Isfol, in oltre l'85% dei casi guadagnano ben poco, cioè meno di 30mila euro all'anno.

TUTTO SULLA RIFORMA FORNERO

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