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Il Cnr di Roma (iStock).
Politica

Quel pasticcio di Ignitor, il reattore italiano di Putin

Anche il Cnr si è allineato alle direttive europee e ha sospeso ogni rapporto con la Russia, offrendo sostegno ai ricercatori ucraini. La decisione è arrivata dopo la lettera del ministro all’Università e alla Ricerca Maria Cristina Messa che ha chiesto di censire a tutti i dipartimenti del Cnr i progetti con i russi. Una presa di posizione che interrompe inevitabilmente ogni collaborazione con la Federazione russa, compreso il famoso progetto Ignitor per la realizzazione di un reattore a fusione nucleare. Per anni Ignitor è stato il progetto bandiera dell’Italia. Nel 2010 l’ex premier Silvio Berlusconi aveva sottoscritto un protocollo d’intesa con il presidente russo Vladimir Putin per la realizzazione del reattore (che sarebbe stato realizzato in Russia) ma la scarsità dei fondi e il fatto che il progetto fosse datato (1977) non ha prodotto nulla. Anche il mondo accademico è stato sempre diviso tra chi non ha avuto nessuna fiducia nella realizzazione di Ignitor e tra chi l’ha considerato un progetto in grado di togliere alle super potenze il controllo delle fonti energetiche. Ignitor infatti avrebbe il vantaggio di non richiedere grosse strutture per la sua realizzazione, né materiali preziosi, quindi ogni Paese sarebbe in grado di realizzarlo.

Nonostante i tanti dubbi sul progetto, il Cipe ha continuato a finanziare assegnando nel 2017 al Cnr 7 milioni per il progetto Ignitor che ad oggi sono stati utilizzati solo per accertarne la validità.

«È una quantità di risorse piccola commisurata alle necessità del progetto che mira a realizzare un prototipo di reattore nucleare per la produzione di energia da fusione nucleare» ci spiega Corrado Spinella direttore di dipartimento di Scienze Fisiche del Cnr che si occupa del progetto Ignitor.

Come sono stati investiti in questi 5 anni i 7 milioni di euro del Cipe?

«I soldi sono ancora nel mio bilancio non sono spariti. Di questi 250mila euro sono stati usati per attività di studio nel campo fisica dei plasmi ad una mia struttura dipartimentale che sta a Torino; 400mila sono stati investiti per predisporre un sito presso l’area della ricerca Cnr presso Roma Tor Vergata ossia in luogo fisico adatto ad ospitare l’attività sperimentale collegata al progetto Ignitor; 120mila sono stati spesi per un’attività di collaborazione scientifica con l’Istituto Spin ed infine è stata stretta un piccola collaborazione per 50mila euro. Alla fine sono stati spesi tra gli 800 e i 900mila euro».

Quando verrà portato a termine il progetto?

«Si tratta di un progetto datato perché è partito quasi 40 anni fa e queste attività che ho elencato servono ad effettuare degli approfondimenti per mettere mano al progetto e vedere quanto può migliorare per ritenerlo valido e chiedere nel caso altre risorse».

Qual è stato l’interesse dei russi?

«Oggettivamente in questo progetto c’era un interesse della Russia perché all’origine quando è nato i russi avevano dato disponibilità a mettere in campo oltre che le loro competenze anche un luogo fisico dove realizzare il prototipo. Non so dirle perché non si è fatto più nulla, io sono arrivato dopo. In particolare il ruolo della Russia riguardava l’attività di approfondimento sulla attualità del progetto e il miglioramento. Avevamo pianificato un’interazione con i centri di ricerca russi in particolare con il Rosatom. La Russia quindi è sempre stata coinvolta ed aveva manifestato il permanere del suo interesse stoppato momentaneamente dai due anni della pandemia. L’interesse russo quindi per il momento è solo scientifico. Lungo la strada per il percorso della fusione nucleare i vari concorrenti come Iter e l’infrastruttura Jet che sta in Inghilterra hanno ottenuto dei risultati in più ma sono non sono ancora vicini, quindi noi siamo ancora in gara. Ignitor è uno dei tanti approcci alla produzione di energia e la Russia come tutti i Paesi ha sempre prestato una particolare attenzione alle strade che possono portare all’utilizzo della fusione nucleare cercando di inserirsi nelle relazioni internazionali ma poi è successo quello che sappiamo tutti».

Quando è stato realizzato il progetto?

«Il progetto è stato proposto per la prima volta nel 1977 dal prof. Bruno Coppi ed è antico. Nel campo della fusione nucleare si studiano diverse strategie per ricavare energia da questo processo ma come le dicevo nessuno è arrivato alla metà, ossia a ricavare energia con dei sistemi che garantiscano stabilità. Nei fatti la parte sperimentale non riesce a garantire la funzionalità di questi processi per periodi sufficientemente lunghi e stabili per trasformarli in una sorgente di energia. La fusione nucleare è una forma di energia che l’uomo è già riuscito a riprodurre sulla terra ma in maniera distruttiva con la bomba H che è basata su questi processi ma siamo ancora lontani dall’utilizzo pacifico».

Perché l’Eni ha investito in un altro progetto?

«Eni ha investito 50 milioni di dollari nel progetto Massachusetts Institute of Technology (Mit) ma al momento ha avviato un rapporto di collaborazione con il Cnr. Praticamente il progetto con meno risorse è Ignitor. Vorrei sottolineare che Il Cnr è comunque particolarmente attivo nel progetto Iter che vede la convergenza dei paesi europei per la realizzazione di un impianto sperimentale per la fusione nucleare in Francia. Il mio dipartimento invece gestisce quello che è rimasto di Ignitor, mentre Enea invece sta seguendo altre linee progettuali».

«Anche il Cern oggetto di pressioni politiche anti-russe»


«Dopo Fëdor Dostoevskij, anche il Cern è oggetto di forti pressioni politiche affinché interrompa gli oltre 50 anni di collaborazione con scienziati e istituti di ricerca russi». Il ricercatore Alessandro Ferretti del Cern, che si occupa del progetto Alice, ha condannato duramente la scelta del governo e dell’Europa di sospendere le collaborazioni avviate con i ricercatori russi, come è gia avvenuto anche al Cnr.

Ma che posizione hanno questi ricercatori russi?

«I colleghi russi dell'esperimento Alice, al quale lavoro, hanno coraggiosamente firmato una lettera di condanna dell'invasione ucraina. Si sono esposti personalmente ed è stato un atto coraggioso perché vivono una realtà molto diversa dalla nostra. Chiudere tutte le porte al popolo russo è molto grave, non è successo nemmeno durante la Guerra fredda. Bisogna mantenere i canali di comunicazione tra gli scienziati, ma anche tra i popoli perché servono a cercare di ricostruire quello che si è rotto».

Questa chiusura cosa comporta?

«Comporta che è impossibile sostituire i ricercatori perché verremo danneggiati tutti quanti noi, che lavoriamo sulla materia. Sarebbe indubbiamente un danno grave per la ricerca. Questo arroccamento non fa che allontanare le parti in causa ed è grave anche da un punto di vista politico, soprattutto dopo che tutti gli scienziati si sono espressi contro la guerra. Non si capisce quale sia il fine. Di certo, queste prese di posizione non smuoveranno Vladimir Putin più di tanto. Anzi, potrebbero essere usate per dire che è la dimostrazione del fatto che l’Occidente non ce l’ha con la politica di Putin ma con tutti i russi ed è controproducente».

Da dove arrivano queste pressioni?

«Un mio collega mi ha detto che ci sono pressioni politiche sul tavolo, ma non si sa esattamente da chi. Tutto questo è discriminante, una caccia alle streghe».

Richiesta di Rettifica

Riceviamo e pubblichiamo

Signor Direttore,

mi riferisco all’articolo di L. Di Benedetto apparso su Panorama (News) il 2 marzo u.s. che cita il mio nome e il Programma (scientifico) Ignitor. Esso è stato sviluppato sulla base di una lunga serie di esperimenti di successo, svolti al MIT con le macchine Alcator e in Italia con le macchine Frascati Torus, secondo un piano coerente di ricerche sulla fusione nucleare controllata. Programmi di ricerca che hanno avuto lo scopo di studiare le proprietà fisiche di uno speciale stato della materia: i cosiddetti plasmi che, portati in condizioni di accendersi per reazioni di fusione, potranno diventare il combustibile di un reattore capace di produrre energia in forma utilizzabile. Gran parte della materia visibile nell'Universo consiste di plasmi. Le ricerche sulla fusione nucleare hanno un valore importante anche per l’Astrofisica e tale applicazione fa parte del Programma Ignitor, un filone di studi tutt’altro che obsoleto o “datato” ma con basi molto solide che in questi anni ha consentito di raggiungere risultati importanti nella ricerca sulla fusione nucleare. Presentarlo come “pasticcio” e “reattore italiano di Putin” non è corretto così come non sono corrette gran parte delle affermazioni sul Programma Ignitor contenute nell’articolo.

Quanto al ruolo degli scienziati russi nei programmi di ricerca che ho citato, esso è stato fondamentale nel caso di Alcator al MIT che ha portato a concepire la macchina Ignitor, la prima e finora unica progettata per avvicinarsi alle condizione di accensione. Una scoperta chiave è infatti dovuta a S. Mirnov, ben noto nella comunità internazionale. Mirnov aveva infatti partecipato ai primi esperimenti su plasmi con alte densità prodotti dalla macchina Alcator negli anni settanta ed è per lo meno bizzarro collegare la collaborazione iniziata con colleghi di valore a un immaginario “reattore italiano di Putin.” Forse per attirare lettori? Oppure con altre motivazioni come giustificare l’ennesimo tentativo di scippare fondi destinati al Programma Ignitor, come è già avvenuto in un passato recente (leggi la Verità del 4 marzo 2018) nonostante esso sia ben attivo ed abbia allargato i suoi obiettivi grazie a nuovi sviluppi di carattere scientifico e tecnico che vi vengono incorporati.

Il sottotitolo “e dopo la guerra in Ucraina (il progetto) difficilmente ripartirà" è una previsione non giustificabile poiché la collaborazione sul programma Ignitor aveva incontrato in Russia l’ostacolo maggiore in un potente amministratore di ricerca molto legato a Putin. La ricerca indipendente non si fermerà certamente come non si fermeranno le collaborazioni e i rapporti internazionali che sostengono la comunità scientifica attiva. Questi rapporti includono gli Stati Uniti dato che l’accordo con impegno internazionale sulla linea di ricerche rappresentato da Ignitor, tuttora la più promettente, è stato formulato alla Casa Bianca. Anche questa sponda dell'Atlantico andrebbe ascoltata.

Va ricordato che la comunità scientifica si è dimostrata efficace in passato nel raggiungere obiettivi, quali l’abbandono dell’iniziativa nota come Guerre Stellari, per i quali la comunità ha competenze e canali opportuni.

La ringrazio per l’attenzione, certo che voglia chiarire, magari in un articolo, il tema della fusione nucleare di cui il suo quotidiano la Verità si è occupato in termini corretti in passato.

Bruno Coppi, Massachusetts Institute of Technology (MIT)

Quello che il prof. Bruno Coppi ritiene non corretto nell’articolo sono le testuali parole del suo collega Corrado Spinella che ad oggi si sta occupando del progetto Ignitor. Dei 7 milioni stanziati dal CIPE ne sono stati usati circa 800mila «per effettuare degli approfondimenti sulla validità del progetto e nel caso rimetterci mano chiedendo nuove risorse» ha affermato Spinella. Per quanto riguarda il sommario nessuno sostiene che il progetto non partirà, come evidente dalla parola "difficilmente". Le difficoltà infatti sono reali e concrete.

(LInda Di Benedetto)

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