Il nuovo patto di stabilità all'insegna della solita austerità

L’austerità è tornata. La proposta della Commissione Ue sul patto di stabilità non riesce a stare al passo con i tempi. Dopo la pandemia da Covid, l’inflazione, la guerra in Ucraina e la transizione verde, che per sua natura prevede consistenti investimenti (e dunque debito) per realizzarla, si pensava che la Commissione sarebbe arrivata con una proposta più convincente, che spingesse veramente i paesi dell’Ue verso la crescita e gli investimenti. E invece si è preferito seguire la linea del rigore, andando di fatto a penalizzare la crescita dell'Ue e la sua competitività internazionale, già debole. Nel testo presentato dal Commissario Ue, Paolo Gentiloni e dal vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, non sono state escluse le spese di investimento, comprese quelle legate al Pnrr e al Green deal, dal calcolo delle spese obiettivo su cui si andrà a misurare il rispetto o meno dei parametri. Decisione controproducente per la crescita e la realizzazione dei progetti di innovazione e sostenibilità dell’area dell’Ue. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, sulla questione ha spiegato come se si confermerà questo approccio si dovranno “privilegiare solo la spesa che effettivamente produce un significativo impatto positivo sul Pil", ma tendenzialmente gli investimenti tecnologici o sul green hanno effetti sul medio-lungo periodo e non nell’immediato. Ancora una volta la Commissione Ue ha dunque deciso di seguire la tendenza rigorista, decretando di fatto la sua decrescita felice, nei prossimi anni. La proposta della Commissione è infatti un testo depotenziato di quello tedesco con alcune aggiunte per dare dei contentini ai paesi con i debiti alti. Schema che non piace più di tanto all’Italia e alla Francia che sottolinea come “i negoziati non sono finiti e alcuni punti appaiono contrari allo spirito della riforma e devono essere rivisitati. Per esempio ci opponiamo a regole automatiche uniformi di riduzione del deficit e del debito". È il commento da fonti del ministro dell'Economia della Francia, guidato da Bruno Le Maire, sulla proposta presentata oggi dall'esecutivo comunitario. "Queste regole sono contrarie al principio di differenziazione sottostante alla riforma e hanno mostrato il loro limite come strumenti per pilotare le finanze pubbliche e - aggiunge ancora il ministro francese - sono oggetto di critiche unanime da parte della comunità accademica internazionale".

Patto di stabilità Ue: i punti cardine

Ogni paese dovrà presentare un proprio piano nazionale che dovrà contenere gli obiettivi di bilancio, compresi quelli pluriennali di spesa, misure per affrontare gli squilibri macroeconomici, le riforme e gli investimenti per almeno quattro anni. Questi piani saranno valutati dalla Commissione e approvati dal Consiglio Ue. Gli Stati membri saranno poi monitorati dalla Commissione dato che ogni anno dovranno presentare delle relazioni sullo stato di avanzamento dei lavori. Se nel corso di queste verifiche il Paese in questione dovesse registrare un disavanzo pubblico superiore al 3% Pil o un debito pubblico superiore al 60% del Pil, la Commissione pubblicherà una " traiettoria tecnica " specifica per il paese. L’obiettivo è “garantire che il debito sia posto su un percorso plausibilmente discendente o rimanga a livelli prudenti e che il disavanzo rimanga o sia portato e mantenuto al di sotto del 3% del Pil nel medio termine”, si legge dal testo della Commissione.

Per gli Stati membri con un disavanzo pubblico inferiore al 3% del Pil e un debito pubblico inferiore al 60% del Pil, la Commissione fornirà invece delle informazioni tecniche per garantire che il disavanzo pubblico sia mantenuto al di sotto del valore di riferimento del 3% anche nel medio termine. Ovviamente queste traiettorie e informazioni dovranno essere incluse nei vari piani di spesa pluriennali. Come se non bastasse, nella proposta della Commissione sono presenti diverse clausole, volute dalla Germania, per assicurare la sostenibilità del debito per tutti quei paesi che hanno un deficit superiore al 3%. Tra queste troviamo la riduzione annua del debito allo 0,5% del Pil e l’obbligo, per lo Stato con il debito eccessivo, di mantenere la spesa annuale al di sotto della crescita potenziale del Pil.

Per incentivare le riforme, come sulla transizione verde, digitale o la difesa, la Commissione ha deciso che gli stati membri potranno vedersi riconoscere un aggiustamento più graduale della dinamica dei conti, con un allungamento dei piani da 4 fino a 7 anni. Precisazione, chi chiederà questa dilazione dei tempi dovrà però garantire di effettuare la maggior parte delle correzioni del deficit entro i primi 4 anni. In pratica cambia ben poco rispetto alla situazione iniziale. Un piano che se non vedrà delle sostanziali modifiche andrà a penalizzare non solo la crescita in Italia ma anche in tutta l’Ue. Prospettiva non desiderata visto il trend globale rivisto al ribasso per i prossimi anni e le difficoltà di crescita di diversi paesi Ue, come la Germania (-0,1% nel 2023).

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