Musica
June 17 2022
Cantautore, polistrumentista, produttore discografico e cinematografico, attore, pittore ed attivista, Paul McCartney, che oggi compie ottant'anni, è uno dei più grandi compositori del ventesimo secolo e autore di alcuni tra i brani più iconici dei Beatles. Il suo ultimo album di inediti, McCartney III del 2020, solare, energico, a tratti sorprendente, è l’album di un uomo che si diverte ancora come pochi a fare musica, regalando gioia a sé stesso, ma soprattutto a chi lo ascolta. A partire dai gloriosi anni Sessanta, Paul, con il suo fedele violin bass Hofner, ha tessuto linee melodiche e progressioni mai sentite prima d’ora, imitate poi dai migliori bassisti jazz e fusion. Abilissimo nella creazione di armonie vocali, tecnica imparata da padre jazzista, ancora oggi McCartney non ha eguali nei panni del cantante di ballad. Tra i Fab Four, Macca è sempre stato sia l’ambasciatore che il divulgatore più attento e attivo dell’eredità artistica dei Beatles, si pensi al monumentale progetto Anthology, alla compilation One e alle rimasterizzazioni degli album della band nel 2009. Eppure, all'inizio degli anni Settanta, la pesante eredità dei Beatles ha rischiato di soffocarlo, sia dal punto di vista artistico che personale. La fine degli anni Sessanta aveva spazzato via le utopie comunitarie e rivoluzionarie, così come l'epopea della più grande band pop-rock di sempre, finita tra incomprensioni, silenzi, feroci litigi e carte bollate. Una situazione ancora più pesante per McCartney, colui che, di fatto, aveva staccato la spina ai Beatles dopo la scelta del manager Allen Klein e il contestato missaggio di Let It Be ad opera di Phil Spector.
Dopo un album che divise il pubblico in due, l'eponimo McCartney, e un disco decisamente riuscito, il memorabile Ram, Paul sentì l'esigenza di essere di nuovo parte di un gruppo. «Paul McCartney è perfettamente consapevole che il paragone con i Fab Four è sempre in agguato e sceglie la strada più difficile: sua moglie Linda dovrà affiancarlo sul palco, suonando le tastiere», racconta Michelangelo Iossa, coautore insieme a Carmine Aymone e Riccardo Russino del libro La Grande Storia di Paul McCartney (Hoepli), da poco uscito nelle librerie. «Paul vuole tenere insieme matrimonio e carriera ed è chiaro che la famiglia viene prima di tutto. Il 13 settembre del 1971 nasce Stella, secondogenita della coppia e terza figlia per Linda. Il parto è complesso e doloroso: Paul prega perché tutto vada bene e immagina sua figlia venire al mondo sulle ali di un angelo. Ecco che la parola "Wings" si fa strada nella sua mente; diventerà il nome della nuova band». La forza dei Wings, ancora più dei Beatles, è la dimensione live, come testimonia anche lo splendido documentario Wings over the world, tributo all’epica tournée realizzata dalla band tra il 1975 e il 1976 con oltre 1 milione di spettatori. «Dopo aver dato alle stampe Wild Life, i Wings decidono di affrontare un tour di concerti a sorpresa e, nel febbraio 1972, iniziano le prove della tournée», sottolinea nel libro Iossa. «Due sono le regole del tour: non si suoneranno canzoni dei Beatles e non si deciderà un percorso, ma si sceglieranno i luoghi dei concerti di volta in volta, lungo la strada. Arrivati all'Università di Nottingham, il roadie scende per chiedere agli studenti se Paul McCartney e la sua nuova band possono tenere un concerto in teatro. Nessuno gli crede e, così, uno studente viene portato sul pulmino dei Wings, vede McCartney e si convince che è tutto vero! Il concerto costa mezza sterlina, non presenta alcun brano dei Fab Four ma permette a Paul di mettere in campo i primi tasselli di un mosaico tutto nuovo.
Dopo undici concerti, McCartney capisce che l'esperimento ha funzionato e, da quel momento, i Wings "spiegheranno le loro ali" - è il caso di dirlo - dividendosi tra studi di registrazione e palchi di tutto il mondo. La band toccherà l'Italia nel settembre del 1976, in Piazza San Marco a Venezia, a margine di un tour che batterà anche un precedente record dei Beatles: a Seattle, McCartney totalizzerà 76.000 spettatori, superando il record dei Beatles allo Shea Stadium di New York del 1965. I Wings ce l'avevano fatta». Per entrare nella leggenda della musica, però, c'era bisogno di una canzone originale destinata a entrare negli annali del rock, oltre che nel repertorio solista dello stesso McCartney. «Una Cascata di Diamanti aveva segnato, nel 1971, l’effettiva conclusione della liaison tra l’attore Sean Connery e il ruolo della spia britannica James Bond», aggiunge Iossa. «L’ipotesi di scritturare Roger Moore, già avanzata perLicenza di Uccidere e per Al Servizio Segreto di Sua Maestà si ripropose prepotentemente per la realizzazione di Vivi e Lascia Morire. In quel 1973, allontanare l’ombra di Simon Templar e di Brett Sinclair, rispettivamente protagonisti delle popolari serie televisive Il Santo e Attenti a Quei Due con protagonista Moore, era l’obiettivo principale della produzione. Era necessario cambiare anche altri elementi-chiave della saga: la colonna sonora e la canzone originale, ad esempio. "La musica gioca un ruolo rilevante in ogni film, particolarmente in quelli di Bond. L’avvocato Ron Kass, il marito di Joan Collins, contattò Paul e Linda McCartney per Vivi e lascia morire. Paul acconsentì a comporre e suonare il brano principale con i suoi Wings e chiese se poteva portare George Martin come compositore. Poteva? Non dovette chiederlo due volte!” avrebbe ricordato lo stesso Roger Moore.
La canzone divenne un’ottima occasione per Paul McCartney per presentare al grande pubblico cinematografico di 007 i Wings, sui quali gravava l’enorme pressione del dopo-Beatles. Affidare ad un mezzo cinematografico così colossale la diffusione di una nuova canzone e del nome dei Wings fu un’abile mossa per McCartney: naturalmente il musicista di Liverpool conosceva la popolarità dei film e delle musiche della saga di James Bond e, soprattutto, aveva testato personalmente come il cinema potesse funzionare da poderoso veicolo commerciale per le canzoni, come dimostrato dalla pentalogia beatlesiana di A Hard Day’s Night, Help!, Magical Mystery Tour, Yellow Submarine e “Let It Be». Con Live and let die, il songwriter inglese mise in campo alcune delle sue armi migliori: un’introduzione maestosa e ampia, una pirotecnica giostra di colori orchestrali in cui fiati e archi fanno la parte del leone, per sfociare in un inatteso reggae. Come tutte le belle storie, però, anche quella dei Wings, dopo numerosi cambiamenti nella formazione, era destinata a concludersi alla fine degli anni Settanta, dopo sette album in studio e una dozzina di singoli di grande successo. Prima l'album McCartney II, nel quale il cantautore suonò di nuovo tutti gli strumenti, riaccese in Paul il desiderio di dedicarsi esclusivamente alla carriera solista, una decisione accelerata dalla tragica scomparsa dell'amico John Lennon (ucciso a bruciapelo dallo squilibrato Mark Chapman davanti alla sua casa di New York). Paul, per un po', non volle più esibirsi dal vivo, una decisione dolorosa che esacerbò i rapporti con Denny Laine, che desiderava, invece, portare avanti i concerti con la band. L'uscita del batterista dal gruppo ad aprile del 1981 decretò la fine della storia dei Wings, mentre l'epopea di McCartney è arrivata fino ai giorni nostri, e promette di regalare ancora altre emozioni....