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June 11 2018
Maria del Pilar, 61 anni, è di Valladolid, una della province più rurali della Spagna. Quando ha visto il giuramento del nuovo presidente del Consiglio Pedro Sánchez (per la prima volta in Spagna senza Bibbia né crocifisso) si è sentita oltraggiata. Nel suo cellulare c'è un gruppo di WhatsApp con cui lei e le sue amiche si sono organizzate per pregare per la Spagna. "Tutte insieme a mezzanotte" precisa a Panorama. E poi aggiunge: "A mio marito piace guardare la messa in tv. Gli ho detto di godersela finché c'è, perché prima o poi la toglieranno".
È il sentimento del Paese profondo, di quella che fino ai tempi del dittatore Francisco Franco era la "cattolicissima Spagna", di fronte al ribaltone parlamentare che ha mandato a casa il premier conservatore Mariano Rajoy, travolto dalla sentenza sui fondi neri legati al Partido popular. Al suo posto è stato nominato il leader del Partito socialista Pedro Sánchez, 46 anni.
A sostenerlo, una maggioranza eterogenea, che va dalla sinistra radicale di Podemos fino agli indipendentisti baschi e catalani.
Twitter si è riempito di fotomontaggi che raffigurano il neo-premier come un golpista, che entra con la pistola in Parlamento. E il Partito popular assicura che i suoi centralini sono saltati per "la valanga di telefonate e iscrizioni" di cittadini indignati.
"In effetti Sánchez non ha un programma" spiega Anton Castromil, sociologo dell'Università Complutense di Madrid. "Dovrà inventarselo strada facendo, accontentando gli interessi molto differenti di chi gli ha concesso la fiducia. Con 84 deputati su 350, dovrà coabitare con il Senato e le principali commissioni del Parlamento in mano all'opposizione".
Secondo Juan Carlos, camionista, Sánchez ha già promesso la grazia ai "golpisti" catalani in cambio dei voti per andare al governo. "Cambieranno i toni, ma sulla Catalogna la posizione di Madrid rimarrà inflessibile" ribatte invece Juan Rodríguez, docente di diritto dell'Università di Valencia, che non teme grandi cambiamenti su una questione così delicata. Rodríguez spiega che i socialisti punteranno su provvedimenti simbolici a costo zero su istruzione, sanità e pari opportunità. Temi su cui troveranno l'appoggio di Podemos. Con una incognita di fondo: metteranno o no mano alle pensioni e alla riforma del lavoro?
È proprio l'alleanza con Podemos a far paura a Begoña, 62 anni, moglie e madre di piccoli commercianti. Perché teme che, con il sostegno degli Indignados, la Spagna finisca in bancarotta come il Venezuela. "Molti si sono già scordati " spiega "che tra i fondatori di Podemos c'è anche un'associazione che ha ricevuto 500 mila euro dal governo di Nicolás Maduro. Ufficialmente a titolo di consulenza".
(Articolo pubblicato sul n° 25 di Panorama in edicola dal 7 giugno 2018 con il titolo "Il premier socialista senza un programma")