Economia
February 01 2022
Il nodo della riforma delle pensioni resta insoluto e nelle priorità dell’agenda del Governo per il 2022. Posto che a 10 anni dalla Legge Fornero l’Italia ancora non ha riformato il sistema previdenziale il 2022 si apre nel limbo di Quota 102, ovvero di quel sistema che permetterà di traghettare il Paese dall’esperimento di Quota 100 a un nuovo sistema di previdenza al quale tutt’ora si sta lavorando.
Rimasta in vigore per soli tre anni Quota 100 è stata, quindi, sostituita da Quota 102. Si tratta di quel sistema di calcolo contributivo che consente di accedere alla pensione anticipata con 64 anni di età e 38 di contributi (tre anni prima del requisito necessario per la pensione di vecchiaia). Secondo i calcoli del governo, con Quota 102 andranno in pensione 16.800 lavoratori, che saliranno a 23 mila nel 2023 per poi ridursi a 15 mila nel 2024 e a 5.500 nel 2025. Questo perché chi raggiungerà i requisiti entro il 31 dicembre 2022 avrà diritto di accedere alla misura anche negli anni successivi. Il tutto avrà un costo di circa 1,7 miliardi fino al 2025.
Anche per Quota 102 resta in vigore il divieto di cumulo con attività di lavoro — ad eccezione dei redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale nel limite di 5.000 euro annui lordi — e la facoltà di utilizzare la contribuzione mista per raggiungere il requisito contributivo di 38 anni, tranne la contribuzione presente nelle Casse professionali.
Solo per quest’anno resta invariata la soglia di accesso alla pensione di anzianità dato che sono stati congelati gli adeguamenti automatici alle speranze di vita. La pensione di anzianità sarà corrisposta a chi maturerà 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 10 mesi se donne.
Bloccati fino al 2024 anche gli aumenti dell’età per avere diritto alla pensione di vecchiaia. L’età richiesta per la pensione di vecchiaia rimane ferma ancora per un triennio a 67 anni sia per gli uomini, sia per le donne.
Ciò cui si sta lavorando è invece una sorta di Ape sociale (nella formula attuale resterà in vigore fino al 31 dicembre 2022) per tutti a partire dal 2023. La riforma sarebbe basata sulla riduzione percentuale dell’assegno di pensione in base agli anni di anticipo dell’addio al posto di lavoro. Nella relazione del Governo si parla di consentire l’uscita anticipata “subendo una riduzione della quota retributiva della pensione (ad esempio, intorno al 3% per ogni anno di anticipo rispetto all’età legale) che compensi, in modo attuarialmente equo, il vantaggio della sua percezione per un numero maggiore di anni”. Una misura di questo tipo, secondo l’esecutivo, “offrirebbe un’opportunità in più a tutti i lavoratori”, indipendentemente dalla loro carriera e senza aggravi per i conti pubblici. In sintesi, partendo da un’età minima, non ancora indicata, si permetterebbe l’uscita anticipata a discrezione del lavoratore. Si tratterebbe di una sorta di scivolo morbido che permetterebbe di trovare un compromesso tra l’anticipo delle pensioni e le casse dello Stato.
In tema di decurtazione della quota maturata anche per il 2022 è stata conferata la cosiddetta Opzione Donna ovvero la possibilità, per le sole donne, di andare in pensione prima del tempo, a patto di optare per una rendita decurtata in maniera proporzionale all’anticipo scelto rispetto alla naturale data spettante. In questo modo si va a perdere un 25,30% rispetto alla quota spettante ma le lavoratrici dipendenti possono lasciare il lavoro con 58 anni di età e 35 anni di contributi.