Economia
November 14 2017
Per la Cgil le proposte del tutto sono insufficienti, per la Cisl e la Uil c’è qualche passo in avanti ma occorre sicuramente uno sforzo in più. Non è stata particolarmente positiva la reazione dei sindacati alle misure predisposte dal governo in materia di pensioni. Si tratta di un piano in 7 punti che vale nel complesso 300 milioni di euro. Ecco, più nel dettaglio, cosa prevede.
Come già ampiamente anticipato nei giorni scorsi, la pensione di anzianità verrà bloccata a 66 anni e 7 mesi per 15 categorie professionali, che svolgono mansioni particolarmente gravose (ecco quali sono). Per queste tipologie di lavoratori, dunque, non ci sarà l’innalzamento a 67 anni previsto per legge dal 2019.
Verrà creata una commissione di esperti che valuterà meglio la gravosità di certe professioni, in modo da fissare l’età pensionabile in maniera differenziata, sulla base di criteri scientifici e meno arbitrari di oggi.
C’è un impegno del governo anche a instaurare (per tutti i lavoratori) un sistema migliore per legare l’età della pensione alle aspettative di vita. L’obiettivo è tenere conto anche di eventuali cali temporanei delle speranze di sopravvivenza (come quello verificatosi lo scorso anno) che oggi non vengono invece considerati.
Un altra misura promessa dall’esecutivo è il miglioramento del Fondo di Integrazione salariale, che serve per finanziare gli ammortizzatori sociali nei settori e nelle aziende con più di 5 dipendenti non coperti dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria.
Il governo si impegna a estendere le agevolazioni esistenti oggi per i lavoratori del settore privato anche ai dipendenti pubblici che versano i loro soldi nei fondi della previdenza integrativa. Questa norma, che elimina una disparità di trattamento, era già prevista dalla manovra economica per il 2018 ma veiene considerata a rischio per mancanza di coperture. Con un impegno del governo, tutto dovrebbe risolversi.
E’ prevista una proroga anche al 2019 dell’Ape Social (anticipo pensionistico) cioè il sistema che permette di andare in pensione a 63 anni senza penalizzazioni ad alcune categorie particolarmente disagiate (ecco quali sono). L’Ape Social doveva entrare a regime già a maggio 2017 ma, per diversi intoppi burocratici, è in realtà ancora in fase di partenza. Di conseguenza, il governo ha un po’ risorse da destinare alla previdenza da spendere il prossimo anno perché non utilizzate nel 2018.