Economia
October 31 2017
I sistemi pensionistici più deboli sotto il profilo della sostenibilità, come quello italiano, devono prendere esempio dalle "best practice" (così in gergo tecnico) internazionali: basterebbe, insomma, seguire la strada percorsa dai paesi più virtuosi per evitare di creare problemi di equità intergenerazionale e coorti di pensionati delusi.
Il forte monito arriva dalla nona edizione del Mercer Melbourne Global Pension Index: è la più completa indagine globale sui sistemi pensionistici, condotta da Mercer, società di consulenza, e dall’Australian Centre for Financial Studies.
Uno studio che, per un caso almeno curioso, esce proprio mentre in Italia imperversa il dibattito sul blocco dell'inalzamento dell'età pensionabile, previsto nel 2019 a 67 anni, chiesto dai sindacati e da Matteo Renzi, il segretario del Pd, il maggiore partito della maggioranza; una proposta bollata come "sciagurata" dal presidente dell'Inps Tito Boeri (che non risparmia critiche quando si allenta la cinghia sulle pensioni): potrebbe costarci ben 141 miliardi di euro.
Ma torniamo allo studio di Mercer. Quest’anno ha coperto 30 Paesi e oltre il 60% della popolazione mondiale. L'Italia si piazza al 20° posto della classifica generale con un punteggio pari a 50,8 punti indice, ben lontano dalla prima della classe, che per il sesto anno consecutivo è la Danimarca, con un punteggio pari a 78,9 punti indicw. Sul podio anche i Paesi Bassi (78,8 punti indice) e l'Australia (77,1 punti indice).
Nel complesso, tuttavia, il nostro paese non se la cava proprio male. La ricerca valorizza positivamente, ad esempio, il livello medio delle pensioni erogate in Italia, la chiarezza delle informazioni agli aderenti e gli standard obbligatori di governance richiesti agli enti previdenziali. In particolare, il punteggio fatto registrare dall’Italia per adeguatezza (66,2 punti indice) la avvicina ad Austria e Svezia (67,6; 67,7 punti rispettivamente).
Mercer attribuisce valori elevati anche al tasso di sostituzione medio, al mantenimento del valore reale dei benefici pensionistici rispetto all’inflazione e alla possibilità di trasferire asset tra diversi fondi. L'Italia è tra i primi della classe, inoltre, per quanto riguarda l’indipendenza societaria garantita ai fondi pensione, per i requisiti di conformità richiesti ai fondi e alle casse rispetto a eventuali profili di conflitto di interessi dei propri decisori e per le informazioni fornite agli aderenti.
Non mancano, ovvio, le criticità: è la sostenibilità di medio-lungo periodo l'area dove il sistema pensionistico italiano risulta più debole, secondo Mercer, con un valore più basso della scala, pari a 16,4, contro una media di 50,8 e ben lontano dai 79,8 punti della prima della classe (Danimarca).
Motivo? Le ragioni elencate da Mercer sono più d’una: bassa adesione a piani pensionistici privati (27,8% della popolazione in età lavorativa, che scende al 21% tra i lavoratori attivi nel Mezzogiorno);
basso livello di investimenti nelle pensioni private (pari solo al 9% del Pil) rispetto alle economie dei paesi più sviluppati; un contesto demografico caratterizzato dalla bassa partecipazione alla forza lavoro dei lavoratori più senior (sopra i 55 anni), dal tasso di anzianità della popolazione e dal tasso di fertilità inferiore a 1,5 figli per donna.
L'indice Mercer si basa sul confronto: nessun sistema è perfetto, ma i principi delle migliori prassi sono chiari e condivisibili. Per garantire la tenuta della previdenza di un paese, infatti, il reddito pensionistico dovrebbe essere sostenuto da quattro pilastri pubblici e privati: la previdenza minima garantita dallo Stato, la previdenza pubblica obbligatoria, la previdenza complementare collettiva, la previdenza complementare individuale e i risparmi e le altre entrate delle famiglie.
Un ribilanciamento è necessario per l'Italia: i contributi sociali non coprono i costi complessivi delle pensioni al lordo del carico fiscale e spesso occorre attingere a un pezzo di Irpef.
Ad esempio, nel 2015, stando all'ultimo rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano, presentato lo scorso febbraio da Itinerari Previdenziali, il totale della spesa per le prestazioni è stato di oltre 217 miliardi di euro (il 13,3% del PIL) a fronte di entrate contributive per 191 miliardi, con un saldo negativo per 26 miliardi.
"L'Italia, così come il Giappone, l'Austria e la Francia, emergono dalla ricerca come economie sviluppate i cui sistemi pensionistici potrebbero non rivelarsi in grado di fornire adeguato sostegno nella terza età dei lavoratori attivi presenti e futuri" spiega Marco Valerio Morelli, a.d. di Mercer Italia. "Manca ancora un approccio diversificato al sistema pensionistico, in un paese in cui storicamente, per una vecchiaia serena, è sempre bastata la pensione pubblica".
Mercer propone una serie di interventi per puntellare il nostro sistema previdenziale. In particolare, l’Italia dovrebbe "aumentare la copertura del sistema pensionistico privato, ridurre l’accesso a benefit di natura previdenziale prima del pensionamento e affrontare il tema del maggiore coinvolgimento nel mondo del lavoro di popolazioni in età prossima all’età pensionabile".
Last but not least, la riduzione dell’ammontare del debito pubblico, che "impatta direttamente sul primo pilastro pensionistico". Del resto, la spesa previdenziale, stando all’ultima nota di aggiornamento del Def, continuerà a salire per i prossimi 20 anni raggiungendo il massimo nel 2040, quando toccherà il 18,4% del Pil. Troppo.