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Economia

Pensioni, tutte le opzioni possibili

A 62 o a 63 anni? Non si sa ancora bene dove il governo Renzi fisserà l'asticella dell'età pensionabile, a partire dal prossimo 1° gennaio, se vi sarà una revisione della contestatissima Legge Fornero, l'ultima riforma previdenziale approvata in Italia nel dicembre 2011. Per ora, gli scenari all'orizzonte sono ancora un po' nebulosi e non si può affermare con certezza se,  dal 2016 in poi, migliaia di lavoratori italiani in età avanzata potranno davvero mettersi a riposo prima del previsto, cioè prima dei 66-67 anni, la soglia che la legge Fornero ha fissato come requisito generale per accedere al pensionamento.


Pensioni anticipate, le idee del Governo per uomini e donne


Per capire cosa aspetta i lavoratori dal prossimo anno, è bene però passare prima in rassegna le regole previste oggi dalla legge Fornero. Attualmente, esistono in Italia due tipi di pensione. La prima è quella anticipata che, secondo le norme in vigore, nel 2016 si otterrà con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), indipendentemente dall'età. Dunque, chi ha iniziato a lavorare molto presto e non ha avuto lunghi periodi di disoccupazione in passato, già oggi può ritirarsi dal lavoro ben prima dei 66 anni, proprio grazie alle pensioni anticipate. Attualmente, però, non sono molti i lavoratori over 60 che hanno alle spalle più di 42 anni di contribuzione. Chi non raggiunge questi requisiti, dunque, può accedere all'altra categoria di pensioni esistenti in Italia, quelle di vecchiaia, che si ottegono una volta superata una certa soglia di età (purché vi siano almeno 20 anni di contributi alle spalle). Nel 2016, secondo le regole della legge Fornero, il trattamento di vecchiaia si ottiene in linea generale a 66 anni e 7 mesi, fatta eccezione per le donne dipendenti del settore privato (che possono ritirarsi ancora a 65 anni e 7 mesi) e per le lavoratrici autonome (che vanno a riposo a 66 anni e 1 mese). Dal 2019 in poi, sempre secondo le regole della legge Fornero, anche per le donne il requisito di pensionamento verrà innalzato a 66 anni e 7 mesi. Questo dice l'ultima riforma previdenziale e queste sono dunque le regole attualmente in vigore.


A riposo a 63 anni

Come cambieranno dal 2016 in poi? Sul piatto ci sono diverse opzioni, su cui il governo non ha ancora sciolto la riserva. La prima ipotesi (che negli ultimi giorni ha iniziato però a traballare) è che venga fissata una nuova età pensionabile a 62-63 anni, con almeno 30 o 35 anni di contributi alle spalle. Nello stesso tempo, verrebbero però introdotte alcune penalizzazioni per chi si ritira a quell'età, cioè prima dei 66 anni e 7 mesi previsti dalla legge Fornero. Non si sa ancora a quanto ammonteranno le penalizzazioni ma l'ipotesi che circola da giorni è di un taglio all'assegno del 3-4%, per ogni anno che precede il compimento dei 66 o dei 67 anni. Esempio: chi decidesse di ritirarsi a 63 anni, subirebbe una decurtazione del 9-12%, perdendo un centinaio di euro al mese su una pensione lorda di circa 1.200 euro netti mensili. Si tratta di un sacrificio non trascurabile ma che può essere comunque sopportato da chi vuole o da chi ha la necessità di mettersi a riposo in anticipo, magari perché è rimasto disoccupato in età avanzata. Non è ancora chiaro, però, se il nuovo pensionamento a 63 anni sarà accessibile a tutti o se sarà riservato ad alcune categorie di lavoratori. Secondo le indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, il governo starebbe pensando di circoscrivere questa possibilità solo alle donne (tutte) e agli uomini rimasti disoccupati in età avanzata.


Pensioni in prestito

La seconda ipotesi che circola da giorni è che il governo Renzi rispolveri un progetto messo in cantiere da Enrico Giovannini, ministro del lavoro nel governo Letta. Si tratta dell'istituzione di un prestito pensionistico che consentirebbe, a chi ha più di 62-63 anni, di farsi anticipare una parte degli assegni che maturerebbero andando in pensione a 66 anni, cioè con i requisiti della legge Fornero. In pratica, chi vuole mettersi a riposo oggi, prima del previsto, deve rinunciare a un pezzo della pensione futura. Con questo sistema, lo stato deve spendere qualcosa in più nel breve termine, perché deve erogare le pensioni a migliaia di 63enni che, con le regole attuali, sono invece costretti a rimanere in attività. Nel medio e lungo periodo, però, tale meccanismo assicura l'equilibrio finanziario: il pensionato che si avvale del prestito previdenziale, infatti, deve restituire allo stato tutto quanto gli è stato anticipato. Nessun regalo, insomma, a chi vuole ritirarsi dal lavoro prima dei 66anni.


A carico delle aziende

La novità del progetto del governo Renzi, rispetto a quello elaborato a suo tempo dall'ex-ministro Giovannini, sta nel fatto che la pensione ottenuta dal lavoratore attraverso il prestito previdenziale non sarebbe anticipata completamente dallo stato, ma in parte anche dalle aziende che vogliono mandar via i dipendenti più anziani. Nello specifico, le imprese che intendono svecchiare il proprio organico pagano una parte dell'assegno pensionistico e anche i contributi che mancano al raggiungimento dell'età di congedo dal lavoro. Poi, una volta raggiunti i requisiti di pensionamento previsti dalla legge Fornero, l'ex dipendente a riposo restituirà all'azienda quanto anticipato, con un prelievo sulla pensione trattenuto direttamente dall'Inps.


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