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March 21 2018
“La nostra esperienza è la prova di come la Rete abbia reso obsoleti e diseconomici i partiti e più in generale i precedenti modelli organizzativi”. A scriverlo è Davide Casaleggio figlio di Gianroberto la mente grigia del Movimento 5 stelle scomparso due anni fa.
Casaleggio junior ha spiegato dalle colonne del Washington Post il successo storico del movimento e la sua visione sul futuro della democrazia digitale dove la rete è chiamata a giocare un ruolo preponderante.
Ma quanta democrazia c'è in un sistema informatico dove nessuno controlla?
Un bel libro di Ilvo Diamanti e Marc Lazar “Popolocrazia” spiega senza pregiudizi i motivi del successo dei movimenti populisti che hanno preso piede in alcuni momenti storici in Italia, come in Europa. Prolificano, secondo gli autori, nei momenti di difficoltà economica e quando c'è una forte percezione della crisi tra la classe media; nasce in contrasto con i partiti tradizionali che hanno tradito le aspettative e fondano tutto sulla rappresentazione diretta della volontà di un popolo che decide direttamente. I populisti usano il referendum come strumento di decisione collettiva, proprio come ipotizzava il filosofo francese Rousseau.
Guarda caso, la piattaforma gestita dalla Casaleggio per le decisioni affidate agli iscritti prende proprio il nome del filosofo, anche se gli iscritti sono appena centomila e i membri attivi appena un decimo.
Lo stesso informatico ha spiegato che alle ultime parlamentarie sono state espresse 40 mila preferenze per gli 8 mila aspiranti candidati. Una semplicissima divisione mostra che a ogni partecipante sarebbero bastate 6 preferenze per prevalere sugli altri. Si tratta chiaramente di una semplificazione estrema che mostra però quanto sia esiguo il numero di quelli che partecipano alle scelte decisionali dentro al movimento e quanto esse siano poco espressive di una maggioranza.
Inoltre, bisogna considerare che decide Casaleggio quando, cosa e chi votare su una piattaforma informatica gestita da una società fondata da suo padre.
Quella della democrazia del web rischia di diventare così la più grande fake news che ci stanno propinando. A gennaio, il Garante della Privacy dopo l'indagine sugli attacchi hacker alle piattaforme grilline ha rilevato che la piattaforma Rousseau non garantisce neppure la segretezza del voto dei singoli utenti, corollario della libertà politica e democratica di ogni paese civilizzato.
Insomma, la democrazia della rete è piena di bug e nessuno controlla quello che accade dentro la Casaleggio e Associati.
Perché non esistono un organo di controllo, un'assemblea, regole per un congresso all'interno del Movimento 5 stelle. Non esiste nessuno in grado di spodestare Casaleggio e Beppe Grillo dai propri ruoli, così come anche la nomina di Luigi Di Maio a capo del Movimento non è stata scelta da alcuna base elettorale.
Non bisogna cadere però nella tentazione di considerare questa una "gestione dittatoriale" perché fino ad oggi, storicamente, i dittatori si sono sempre impegnati nella costruzione di una classe dirigente e nella costruzione di un popolo “puro”. La regola dei due mandati che attualmente vige tra i grillini sembrerebbe andare esattamente nella direzione opposta riducendo i gruppi parlamentari dei meri esecutori delle decisioni prese altrove, con un ricambio continuo.
Tant'è che personalismi e colloqui con la stampa non sono ammessi, se non concordati preventivamente con il deus ex machina della comunicazione Rocco Casalino e il gruppo grillino è quello che ha contato più espulsioni nel corso della scorsa legislatura.
Così dichiarazioni, candidature e votazioni da sottoporre a Rousseau sono tutte studiate a tavolino da un gruppo ristrettissimo di persone che non siedono in parlamento, ma magari a Milano o Genova. Con tanti saluti agli elettori e alla democrazia parlamentare.