Economia
November 16 2017
Ci sono due scenari che portano a una probabile scomparsa del commercialista.
Il primo è l’orientamento del Governo: con la bozza di legge di Bilancio 2018 si è posata una prima pietra che farà scomparire decine di migliaia di studi di contabilità in Italia, semplicemente perché non più necessari.
È stato infatti introdotto l’obbligo di fatturazione elettronica; pertanto l’Agenzia delle Entrate fornirà alle imprese in contabilità semplificata i modelli precompilati per la dichiarazione Iva e per la dichiarazione dei redditi. È facile immaginare quale sarà il risultato: dal momento che moltissimi professionisti e micro imprese non vedono attualmente il commercialista come una risorsa, bensì come un costo, approfitteranno della novità per ridurre tale spesa.
Moltissimi studi saranno pertanto travolti da questa novità, che rappresenta un primo step di riduzione del fatturato. Con l’avvento della digitalizzazione, infatti, sempre più servizi potranno essere svolti in remoto o a distanza, ed il processo di data entry andrà scomparendo con lo sviluppo delle tecnologie informatiche.
D’altra parte rimarranno in capo ai commercialisti servizi a scarso valore aggiunto, con regole dettate dall’alto, senza che sia possibile fare una qualsiasi programmazione. Il sistema burocratico e fiscale risulta infatti spesso contraddittorio, e spetta al professionista il compito di interpretare i dati per risolvere il problema al contribuente, senza che sia riconosciuto un corrispettivo per questo carico di lavoro aggiuntivo e non giustificato.
Di recente il tilt del sistema informatico Sogei ha causato un vero e proprio allarme per i commercialisti impegnati con l’invio dello spesometro, senza che qualcuno abbia fatto chiarezza sulla vicenda. Le proroghe rappresentano l’ordine del giorno ad ogni scadenza, e difficilmente il problema potrà essere risolto in modo strutturale.
Il secondo è il tema di cui tratta questa rubrica: il cambiamento epocale in atto nel sistema bancario.
Le regole della finanza stanno cambiando in modo talmente repentino da richiedere alle piccole e medie imprese una conoscenza del sistema dei finanziamenti d’azienda che non può essere più trascurata. La compilazione del “bilancio” a fine anno diventerà sempre più – lo è già – qualcosa di assolutamente insufficiente al corretto soddisfacimento del fabbisogno finanziario aziendale, che si sposterà su ben altre qualifiche professionali e comportamentali, prima tra tutte la valutazione di flussi di cassa prospettici (UCFs, unlevered cash flows).
I consulenti che saranno in grado di fornire ai propri clienti consulenza altamente specialistica in questo ambito, cioè nei finanziamenti d’azienda con capitale di rischio, di debito o ibrido, faranno l’interesse dell’impresa; gli altri, perderanno l’opportunità di prestare consulenza professionale a un mercato che diventerà progressivamente più significativo e bisognoso.
Come suggerisce quindi il presidente dell’ordine Miani, è necessario che i soggetti si specializzino ed investano per fornire assistenza verso settori più alti e qualificanti. Non si vede un futuro per quella che una volta era la professione del Commercialista tanto ambita, e che da qualche anno non dà nemmeno le soddisfazioni economiche di un tempo: come emerge dal “Rapporto 2017 sull’Albo dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili”, infatti, i redditi sono scesi del 13,9% dal 2007 al 2015. Una discesa che certo non giustifica il sempre crescente impegno ed adempimenti ai quali devono sottostare.
Sempre meno giovani decidono di iscriversi all’albo, consci di quello che spetterebbe loro. Ma non è troppo tardi per cambiare nemmeno per chi è già iscritto, magari da svariati anni, scegliendo di specializzarsi in settori di consulenza ad alto valore aggiunto, come ad esempio, dato il cambiamento del sistema bancario in atto, proprio nella finanza aziendale.
Prima che la professione scompaia davvero.
Per approfondimenti: Winthebank.com