Lifestyle
February 15 2018
Un po' per pudore, un po' per non far preoccupare i suoi affetti, un po' perchè "Francamente non vedevo l'ora di voltare pagina". Per tutti questi motivi l'ex direttore di Rai 3 Daria Bignardi, 57 anni, ha deciso solo ora di parlare dell'esperienza della malattia che ha attraversato subito dopo la fine de Le invasioni barbariche e prima della direzione di Rai 3.
In seguito a una mammografia di controllo Bignardi ha scoperto di avere un tumore al seno. La giornalista è stata subito operata e poi si è sottoposta a un ciclo di chemioterapia.
Ora è guarita e la malattia è entrata a far parte della storia di Lea Vincre, protagonista di Storia della mia ansia, il sesto e forse più importante romanzo di Daria Bignardi. La scrittrice ne parla nel corso di un'intervista esclusiva a Vanity Fair nella quale afferma: "Ascolti: la chemioterapia fa schifo, ma serve. Curarsi o operarsi non è divertente. Non ho rimosso niente, ma ho elaborato tutto anche scrivendo questo libro. Non è un libro sulla malattia e non è un libro sul tumore, è una storia d’amore, e sul rapporto tra l’amore e l’ansia. Il cancro è soltanto un evento che lo attraversa".
Un "evento" che ha attraversato la vita della Bignardi che ora dice: "Quando guarisci volti pagina e non hai più voglia di parlarne ancora. Ho superato una malattia seria, ma al tempo stesso molto comune. Si ammalano milioni di donne, a cui va tutto il mio affetto".
Carattere di ferro e schiena dritta Bignardi ricorda bene il periodo in cui ha dovuto portare la parrucca con tutte le critiche che le piovevano addosso e le accuse di essere diventata "radical chic" per essere comparsa di colpo con i capelli corti e grigi.
A nessuno, allora, è passato per l'anticamera del cervello che quel "look" fosse l'effetto della chemio e che c'è voluto coraggio e forza per ricoprire il suo ruolo pubblico a testa alta senza nascondersi dietro ad alcuna parrucca.
"Il giorno della nomina - ricorda oggi - quando c’è stata la conferenza stampa a Roma, avevo la parrucca. L’ho portata per diversi mesi, era molto carina, capelli identici ai miei, anzi più belli. Poi andando avanti e indietro in continuazione tra Milano e Roma, a gestire ’sta parrucca, a un tratto, non ce l’ho fatta più. Un bel giorno l’ho tolta dalla sera alla mattina e mi sono presentata al lavoro con i capelli corti e grigi che stavano ricrescendo sotto. Ma non ho dato spiegazioni, tranne che ai miei vicedirettori, coi quali eravamo diventati amici".
E poi aggiunge: "Chiunque compare, soprattutto oggi, è oggetto di una tale massa di critiche che non bisogna esserne toccati davvero. In alcuni casi, le assicuro, mi dispiaceva per loro. Mi preoccupavo che rimanessero male se avessero saputo del cancro. Sono materna. E quindi rompiscatole. Vorrei fare da mamma a tutti".
Una lezione importante anche per coloro che prima di criticare o commentare dovrebbero, se non altro, contare fino a cento.