Economia
September 26 2016
Ad agosto, il surplus nella produzione di petrolio è cresciuto ulteriormente: la produzione è aumentata, rileva Forbes, mentre il consumo è diminuito. La sovraproduzione, in particolare, ha raggiunto +0.97 milioni di barili estratti al giorno rispetto ai +0.12 milioni di giugno. E' per queste ragioni che, nei loro report, la International Energy Agency e la Energy Information Administration statunitense scrivono di una “bomba di surplus di petrolio” e suggeriscono che se la situazione dovesse continuare, ci sono poche speranze di trovare un equilibrio fra offerta e domanda in futuro. La Iea si sofferma sull’indebolimento della crescita della domanda che è diminuita da 2.3 milioni di barili al giorno del terzo trimestre 2015 a 1,4 mmb/giorno del secondo trimestre 2016. Si tratta del record più basso degli ultimi tre anni, complici il rallentamento della domanda di India e Cina e le previsioni per il terzo trimestre sono di 1.2 mmb/giorno. Secondo la Eia, la crescita nel consumo di petrolio è passata da oltre il 4% della fine del 2015 al 2,1% di agosto. L'agenzia americana, inoltre, evidenzia come la crescita della domanda globale di petrolio si è manifestata quando i prezzi sono scesi sotto i trenta dollari al barile e si è indebolita quando hanno cominciato ad andare oltre i quaranta dollari, segno che l’economia globale è troppo debole per supportare questo livello di prezzi del greggio.
Il ruolo dell'Opec
La responsabilità, come evidenziano le due agenzie, dipende in larga parte dall’alta produzione dei paesi appartenenti all’Opec: Iraq, Iran e Arabia Saudita, infatti, hanno aumentato la produzione di greggio di 2,74 di milioni di barili al giorno da gennaio 2014. Il risultato, aggiunge Bloomberg, è che le scorte globali di petrolio continueranno ad accumularsi anche per tutto il 2017, cioè per il quarto anno consecutivo e potrebbero raggiungere un livello mai visto nei paesi Oecd. La Iea, invece, aveva ipotizzato un ritorno alla normalità già nel corso di quest’anno, ma a quanto pare le cose stanno andando diversamente.
Gli effetti sul prezzo
Si inizia, dunque, a riflettere su come l’assenza di restrizioni all’estrazione possa impattare sui prezzi, visto che nell’equazione – controintuitivamente - bisogna inserire anche un crescente rischio di carenze, riferisce ancora Bloomberg. E questo per due ragioni: da una parte, il fatto che l’Opec abbia mantenuto aperti i rubinetti lascia poco margine nel caso in cui ci fosse una necessità imprevista di maggiore greggio. Dall'altra parte, il calo del prezzo della materia prima ha impattato negativamente sullo sfruttamento di nuovi giacimenti. Risultato: Citigroup e Gunvor Group calcolano che, nel momento in cui l’assottigliamento delle riserve dovesse entrare in gioco, i prezzi potrebbero aumentare del 35% e il passaggio da 50 a 60 a 70 dollari al barile potrebbe essere molto più rapido di quanto si pensi. “Ogni produttore sta estraendo al massimo della sua capacità, ma solo l’Arabia Saudita ha un cuscinetto da 1 – 2 milioni di barili al giorno”, ha dichiarato un analista di Gunvor. Nel 2010, la “spare capacity” dell’Opec si attestava su oltre quattro milioni di barili al giorno. I prezzi bassi, inoltre, stanno eliminando l’eccedenza in ogni anello della catena e questo prepara a un mercato del petrolio rialzista. Ma la vera incertezza con cui bisogna fare i conti è l’impatto nel lungo periodo dell’attuale riduzione dei costi.