Economia
September 05 2018
Nel corso dell'ultimo Forum di cooperazione Africa-Cina Pechino si è impegnata a contribuire allo sviluppo dell'Africa con niente meno che 60 miliardi di dollari tra prestiti e investimenti in infrastrutture. Un impegno credibile? Certamente sì, visto che un contributo identico è stato promesso nel 2015 ed elargito negli anni immediatamente successivi.
I 60 miliardi di oggi verranno suddivisi su varie aree: 15 finanzieranno aiuti e prestiti a interessi zero, 20 nuove linee di credito, 10 un fondo speciale per lo sviluppo, 5 le importazioni dall'Africa e gli ultimi 10 progetti privati delle imprese cinesi. I 60 miliardi del 2015, invece, hanno permesso di costruire nuove ferrovie che collegano Kenya, Rwanda, Tanzania, Uganda, Burundi e Repubblica Democratica del Congo; hanno contribuito a coprire i costi dei peacekeeper dell'Unione Africana; hanno permesso a un migliaio di giornalisti in erba di completare la loro formazione; e hanno contribuito a costruire stadi, ponti, strade e tante altre infrastrutture.
Il grande assente dal pacchetto di aiuti del 2015 era un piano di sviluppo industriale di lungo periodo. Eppure, Xi Jinping continua a ripetere che il suo obiettivo è aiutare l'Africa a trovare la sua strada per crescere. E sono tanti gli analisti cinesi conviti che l'obiettivo di lungo periodo del governo sia già chiarissimo: spostare in loco tutti i settori produttivi ad alta intensità di forza lavoro. In maniera da poter risparmiare anche sui costi di spostamento delle materie prima, di cui l'Africa è ricchissima, e che al momento Pechino importa (anche) per alimentare le sue industrie.
L'Occidente lamenta di essere stato preso in contropiede e teme il consolidamento della presenza cinese in Africa. C'è chi accusa Pechino di "neocolonialismo", chi mette in guardia i paesi africani sul fatto che, a forza di elargire prestiti troppo generosi, la Cina riuscirà a legare il loro destino al suo, creando un legame di dipendenza da cui non riusciranno più a liberarsi. Eppure, sia l'America, ormai troppo presa da altre questioni, sia l'Europa, che vede l'Africa solo come una fonte di problemi, non sono in grado di andare oltre gli ammonimenti verbali, che finiscono inevitabilmente col perdere valore.
Gli stati africani che hanno scelto di collaborare con Pechino si stanno davvero chiudendo in un vicolo cieco di dipendenza e controllo oppure no? La Cina di Xi Jinping non regala nulla per nulla, e il modo in cui si sta muovendo nel continente, anche quando si impegna a cancellare il debito contratto con paesi particolarmente poveri, certamente dimostra che ha mire molto ambiziose. Il punto, quindi, è capire cosa vuole realmente ottenere.
La Cina è il principale partner commerciale dell'Africa dal 2009, e negli ultimi dieci anni ha investito nel continente ben 125 miliardi di dollari. Investire tanto, però, non necessariamente vuol dire investire bene. I progetti falliti sono molti, e la Repubblica popolare è stata da più parti accusata di essere responsabile di aver innescato un sistema di crescita "malsano" e "non-sostenibile". Corruzione, distruzione dei giacimenti di risorse a causa dell'eccessivo sfruttamento degli stessi, e inquinamento sono i grandi problemi che la Cina starebbe esportando in Africa.
Jonas Gamso, un ricercatore dell'Arizona State University, ha pubblicato una ricerca interessante in cui mette in evidenza come il rischio più grande che l'Africa sta correndo è proprio quello di importare inquinamento dalla Cina. Le mappe dell'inquinamento denunciano già una situazione tragica, che è peggiorata, secondo Gamso, proprio da quando la Cina ha iniziato a esportare tecnologie (obsolete) a sud. Continuando di questo passo, e soprattutto considerando l'intenzione cinese di trasferire in Africa tutte le produzioni ad alta intensità di forza lavoro, l'intero continente farebbe meglio a correre ai ripari, prima di ritrovarsi a gestire una situazione già parzialmente fuori controllo.