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November 16 2017
Se fino a una manciata di giorni fa quella che la Cina fosse riuscita a intavolare un dialogo costruttivo con la Corea del Nord era solo un'ipotesi, oggi possiamo dire di avere la certezza che il Presidente Xi Jinping ha trovato il modo per gestire l'escalation di tensioni sulla penisola coreana evitando che che degenerasse in crisi nucleare.
Per chi ha seguito la crisi fin dall'inizio, l'annuncio della missione di Song Tao, capo dell'International Liaison Department del Comitato centrale del Partito comunista cinese, a Pyongyang non suona come una sorpresa, quanto come una formalizzazione del fatto che solo Pechino è in grado di giocare un ruolo decisivo nella ridefinizione degli equilibri geopolitici e strategici dell'Asia Orientale.
Gli indizi che nelle ultime settimane hanno confermato che la crisi stesse arrivando a un punto di svolta erano tanti: la decisione di Kim Jong-un di smettere di testare missili e di lanciare provocazioni verbali, la scelta di non importunare la Cina durante il 19esimo Congresso del Partito Comunista (delicatezza che non aveva avuto appena un paio di mesi prima, quando Xi Jinping ha ospitato a Pechino i leader di tutto il mondo nel primo Forum sulla Nuova Via della Seta), le congratulazioni inviate da Kim Jong-un a Xi Jinping dopo il Congresso, l'annuncio del secondo di voler rilanciare il commercio bilaterale con la Corea del Nord, e il silenzio nei giorni della missione di Donald Trump in Asia.
In questo negoziato dietro le quinte, anche Kim Jong-un ha ottenuto le sue soddisfazioni. Anzitutto, il sostegno della Cina al regime è stato in qualche modo riconfermato. Il messaggio che Xi Jinping ha cercato di fare arrivare al giovane dittatore coreano probabilmente ha tentato di mettere in evidenza come continuando sulla linea della guerra nucleare Pyongyang avrebbe finito col costringere Pechino ad allinearsi con quelle nazioni che sognano la neutralizzazione completa del regime, vale a dire la sua distruzione. Con una retorica meno violenta, invece, lo status quo avrebbe potuto essere mantenuto, insieme agli aiuti economici e finanziari che permettono al regime di sopravvivere.
Altra grande vittoria di Kim Jong-un è stata quella di vedere la Corea del Sud (sostenuta da Cina e Giappone) insistere per impedire a Donald Trump di organizzare una visita a sorpresa nell'area demilitarizzata al 38esimo parallelo. Andando oltre la facciata secondo cui un gesto del genere sarebbe stato percepito come una provocazione inaccettabile a Pyongyang, la soddisfazione di mettere il presidente degli Stati Uniti di fronte a un "no" non ha prezzo per Kim. Che ha quindi accettato di buon grado di modificare la sua retorica provocatoria su una linea più goliardica che prende in giro un "Trump vecchio" abbandonando (speriamo definitivamente) quella della guerra nucleare.
Della missione di Song Tao a Pyongyang sappiamo ben poco, ma il semplice fatto che la Cina abbia deciso di renderla pubblica in anticipo può dire tanto su ciò che le due parti si aspettano di ottenere.
Ufficialmente il rappresentante cinese è stato incaricato di informare Pyongyang sugli esiti del 19esimo Congresso del Partito comunista cinese, ma è ovvio che questo incontro potrebbe segnare il primo passo formale verso la soluzione definitiva della crisi coreana. Altrimenti il portavoce del Ministro degli Esteri cinese Geng Shuang non avrebbe precisato che questo viaggio rappresenta anche l'occasione per i due paesi di discutere "questioni importanti che preoccupano entrambi".
Gli analisti più pessimisti ritengono che la missione di Song Tao si concluderà in un nulla di fatto, e che Pechino abbia dovuto insistere tanto per rendere possibile una "visita di routine" (Song Tao è già stato in Vietnam e Laos per parlare degli esiti del Congresso). Eppure, questa lettura trascura il fatto che Pyongyang ha rifiutato per mesi richieste di accreditamento di funzionari cinesi per visite anche molto brevi. Quindi qualcosa deve essere cambiato. E' in effetti è così: oltre agli interessi economici e strategici di Pyongyang di rimanere a galla, Kim Jong-un non può trascurare il fatto che il 19esimo Congresso ha consacrato Xi Jinping come uomo più potente dell'Asia. E non può essere un caso che abbia deciso di accogliere un suo emissario proprio dopo il faccia a faccia con Trump a Pechino. Anche Kim ha bisogno di avere delle certezze su come Xi voglia gestire il problema della Corea del Nord, e ormai è evidente che, in Asia, trovare un compromesso con la Cina significa trovare un compromesso con tutti.