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August 23 2017
Esultano le donne indiane per la decisione laica presa dal tribunale di Delhi sul divieto del divorzio islamico breve. Questa pratica islamica, che permette a un uomo di ripudiare la moglie semplicemente pronunciando per tre volte la parola "talaq", è stata definita "incostituzionale e arbitraria" e quindi da abolire. Dopo decenni di campagne elettorali da parte di gruppi di donne, ma soprattutto di vittime di questo rito divenuto una prassi all'interno società islamica, l'Alta Corte di Delhi ha dato ragione alla parte debole della coppia con una sentenza storica scardinando regole obsolete e contrarie a ogni diritto civile.
Il "Triplo talaq" è una formula che sta a significare “Io ti ripudio” e ha permesso agli uomini musulmani di sciogliere i matrimoni pronunciando la parola tre volte.
Negli ultimi anni, poi, era passata dalla pronunciamento vocale alla parola scritta tramite sms o e-mail, WhatsApp e chat via Skype.
Per quel 14% degli indiani musulmani su un totale di 1,25 miliardi di individui che popolano il Paese, la pratica del triplo talaq era codificata dal 1937 anche se non se ne trova traccia sul Corano. Dal 2017 invece questa sentenza determina la vittoria di 90 milioni di donne musulmane indiane.
In un sondaggio condotto nel 2015 dalla BMMA, il movimento delle indiane musulmane, si è scoperto che circa una donna su 11 aveva subito la tripla talaq e la maggior parte non riceveva alcuna sovvenzione o indennizzo.
All’interno della comunità musulmana dell'India, più povera e meno istruita di altre, questo rito è stato facilmente assorbito nel corso degli anni e accettato. Gli attivisti di Delhi riferiscono che è stato molto difficile per le donne costituire e partecipare campagne legali e sociali contro questa pratica già bandita in Pakistan e in Bangladesh, come in gran parte del mondo islamico.
Nonostante l'organizzazione islamica All India Muslim Law Board abbia dichiarato di considerare il divieto della tripla talaq da parte del giudice supremo un’interferenza, la legge andrà applicata e lo Stato dovrà adesso pensare a un divorzio islamico un po’ più progressista.