Economia
July 23 2018
Già nel 1942 l'economista austriaco Joseph A. Schumpeter aveva individuato il cuore del capitalismo in un meccanismo di "distruzione creativa", ossia di ciclica innovazione, coniando una fortunata formula in voga ancora oggi. Il contenuto della sua teoria è stato più volte confermato dai fatti e anche oggi ne sperimentiamo l'attualità mentre assistiamo all'avvicendamento di metodi produttivi tradizionali con altri più moderni, grazie all'introduzione della robotica.
La fase di distruzione creativa in corso, tuttavia, ha fatto risuonare parecchi campanelli d'allarme perché, a differenza di quanto avvenuto in passato, c'è il diffuso timore che la nuova iniezione di sistemi automatizzati e intelligenza artificialenell'economia possa coincidere con una più o meno definitiva sostituzione del contributo del lavoro umano con quello delle macchine.
In altre parole, molti temono che i robot possano sostituire l'uomo, eliminando posti di lavoro e creando una diffusa disoccupazione endemica. A paventare questo scenario non sono solo futurologi come Jerry Kaplan, che ha predetto un mondo nel quale il 90% delle persone non lavori e si mantenga grazie a sussidi, ma anche grandi imprenditori ed innovatori come Bill Gates e Elon Musk.
Un recentissimo studio della società di analisi PwC ripreso dalla BBC ha preso in esame il caso britannico, giungendo alla conclusione che le previsioni più fosche non hanno ragion d'essere. Il lavoro, semplicemente, si sposterà da un settore all'altro.
Se è vero che la maggior automazione del ciclo produttivo e l'introduzione di sistemi di intelligenza artificiale nella sua gestione influiranno negativamente nel manifatturiero o nei trasporti, l'accresciuta produttività avrà come effetto una riduzione dei prezzi al consumo, che a sua volta si tradurrà in un aumento del reddito reale disponibile. Costando di meno i bei prodotti in maniera automatizzata, i consumatori potranno allargare la quantità di beni e servizi acquistati, accrescendo la domanda in settori prima trascurati, come la sanità e l'istruzione.
Secondo lo studio della società PricewaterhouseCoopers (PwC), nel solo Regno Unito verranno cancellati ben sette milioni di posti di lavoro, ma ne verranno creati altrettanti e duecentomila in più in aree a maggior contenuto intellettuale. Insomma, c'è di che essere fiduciosi, tanto più che la stessa analisi è stata condivisa anche dall'autorevole Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), secondo i cui analisti, anzi, il potenziale distruttivo in termini di posti di lavoro derivante dall'automazione sarebbe anche inferiore a quello stimato da PwC.