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December 20 2016
"Torno a fare il Sindaco, certo della mia innocenza verso un'accusa che non costituisce un condizionamento della mia attività": queste le parole con cui Giuseppe Sala ha annunciato ai milanesi via Facebook la fine della sua auto-sospensione e il ritorno al ruolo di primo cittadino del capoluogo lombardo. "Le verifiche svolte dai miei legali in queste intense giornate", ha aggiunto Sala, "hanno chiarito sufficientemente il merito dell'indagine e l'inesistenza di altri capi di imputazione".
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Giuseppe Sala ha poi mostrato apprezzamento per "la disponibilità della Procura Generale" così come per i circa 400 sindaci che hanno firmato in questi giorni un documento di solidarietà: "Si tratta non solo di una dimostrazione di stima e di vicinanza nei miei confronti, ma anche di una lucida esposizione delle condizioni necessarie perché un amministratore possa svolgere bene il suo compito a favore dei cittadini". I ringraziamenti di Sala sono poi andati anche e soprattutto "ai tanti cittadini milanesi (e non solo) che hanno dimostrato di comprendere il mio gesto cogliendone senso e significato".
Dopo aver appreso di essere indagato dalla Procura generale in qualità di ex-ad ed ex-commissario unico di Expo 2015 Spa nel merito di un'indagine sulla gara d'appalto più rilevante dal punto di vista economico dell'Esposizione Universale, il sindaco di Milano si era auto-sospeso dalla carica lo scorso 16 dicembre. "Apprendo da fonti giornalistiche", aveva spiegato Sala in una nota, "che sarei iscritto nel registro degli indagati nell'ambito dell'inchiesta sulla Piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di sindaco".
L'indagine
All'ex "numero uno" di Expo, da quanto si è saputo negli scorsi giorni, viene contestata un'ipotesi di falso nell'ambito dell'inchiesta milanese sulla cosiddetta "Piastra dei servizi", che dopo aver subìto uno stop nel 2014 è ora ripartita con l'iscrizione nel registro degli indagati di nuovi nomi (tra cui quello di Sala) in aggiunta ai cinque già noti in precedenza: ovvero gli ex manager di Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l'ex presidente della Mantovani spa Piergiorgio Baita e gli imprenditori Ottaviano ed Erasmo Cinque. Già agli atti della prima inchiesta, tra l'altro, figurava anche un'annotazione della Gdf, già emersa anche in un altro procedimento due anni fa, nella quale gli investigatori parlavano di un "contesto di evidente illegalità" in relazione all'appalto per la Piastra.
Le ipotesi degli investigatori
Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria scrivevano all'epoca, tra le altre cose, anche che Sala, il responsabile unico all'epoca del procedimento Carlo Chiesa, e l'allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento "irreprensibile e lineare". Pur "con gradi di responsabilità diversi - chiariva la Gdf - attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l'appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all'interno della stessa".
I verbali
Baita, tra l'altro, in un verbale ha spiegato che "c'era una forte spinta politico-amministrativa per far abbandonare alla Mantovani l'appalto", perché la gara avrebbe dovuto essere vinta dall'associazione temporanea di imprese "a guida Pizzarotti (...) denominata nell'ambiente 'Ati Formigoni' in quanto erano presenti (...) componenti di Comunione Liberazione".
Dopo l'aggiudicazione alla Mantovani col massimo ribasso, poi, Sala, come ha messo a verbale l'ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che "non avevano tempo per potere" verificare la congruità dei "prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani" nel corso dell'esecuzione del contratto con l'inserimento di costi aggiuntivi, e "per verificare se l'offerta era anomala o meno".
Polemiche tra i magistrati
L'indagine, con al centro i reati turbativa d'asta e corruzione, era scattata nel 2012 ed era soprattutto finita al centro dello scontro tra l'ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l'ex aggiunto Alfredo Robledo, il quale, su decisione del primo, nel 2014 era stato di fatto estromesso dagli interrogatori 'centrali' dell'inchiesta.
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I pm nei mesi scorsi hanno deciso alla fine di chiedere l'archiviazione del fascicolo ma il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non ha accolto la richiesta, ha convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l'imputazione coatta.
Nel frattempo, tuttavia, è intervenuta la Procura generale che ha avocato il fascicolo a sé e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine scaduto intorno alla metà di dicembre: da qui la richiesta di proroga per indagare ancora.