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May 02 2013
La fantascienza è quella letteratura che a partire dalle storture del presente crea mondi alternativi in cui quelle stesse storture vengono amplificate o cancellate. A ogni epoca, dunque, la sua fantascienza. Ma a volte capita che la forza di un autore sia tale che la carica dei suoi scritti resti intatta nel tempo catturando una generazione di lettori dopo l’altra.
Se poi la qualità intrinseca della scrittura fantascientifica si accompagna a una ricerca spirituale e filosofica la cui profondità è ancora tutta da esplorare capiamo subito perché è inesatto bollare Philip Dick come semplice scrittore di genere. Resta difficile d’altra parte comprenderne a fondo tutto lo spessore intellettuale. E forse ancor di più rappresentarlo efficacemente. Ne parliamo con Antonello Silverini, illustratore delle copertine di Philip Dick (ma non solo) per l’editore Fanucci.
Negli anni i libri di Philip Dick hanno conosciuto molte incarnazioni grafiche , da quelle più popolari a quelle più concettuali, da quelle che l’hanno confinato nel genere fantascientifico a quelle che hanno cercato di sdoganarlo presso il grande pubblico. Chi è dunque oggi Philip Dick per i lettori italiani?
Non sono stato mai un lettore di fantascienza, eppure – nella mia limitatissima esperienza – conoscevo già alcune opere di Philip Dick. Come moltissimi del resto, avevo amato Blade Runnere quella visione quasi spettrale del futuro: un'immagine oscura e decadente contrapposta a certa sci-fi scintillante e ipertecnologica. L'opera di Dick è di grande fascino e sarebbe riduttivo confinarla entro le gabbie del genere. Nelle molte testimonianze di apprezzamento che ho ricevuto per le mie copertine, ho sempre trovato un grande amore (fino alla passione sfegatata) per questo maestro della fantascienza e sapere di averlo in qualche modo "capito" - e senz'altro rispettato - è per me grande motivo di soddisfazione. Dick è molto amato dai lettori e, adesso che anche io lo conosco meglio, devo dire che è un amore destinato a crescere, a fronte di un'opera che continua a svelare altro di sé anche dopo molte letture.
A mio parere l’iconografia Dickiana muove da un binomio radicale proprio del genere fantascientifico: quello costituito dal moto e dalla stasi. Il moto inteso come caratteristica principale della narrativa di genere (quindi via libera a esplosioni intergalattiche, fughe e inseguimenti, agguati, sparatorie, voli interstellari ecc); la stasi costituisce invece il presupposto della meraviglia (grandissimi pianeti, tramonti galattici, alieni umanoidi, panorami siderali ecc). Ma la tua mi pare una terza via molto interessante, come l’hai concepita?
L’idea è quella di non costringere la letteratura dickiana entro i confini del genere. Io non sono un illustratore di fantascienza e nemmeno – tranne alcuni casi – un estimatore dell’illustrazione sci-fi, per cui il mio approccio è assolutamente non convenzionale. Quello che mi colpisce in Dick è la ricchezza di sfumature narrative, l’ironia, la visionarietà; ho scelto di usare il mio linguaggio iconografico - che spazia dalla citazione preraffaellita, al dada, alla pop art - laddove il collage non è una mera tecnica grafica, ma un vero e proprio approccio narrativo. Inoltre, ho cercato di rappresentare la fantascienza così come presumibilmente veniva immaginata negli anni ‘50, per questo motivo le mie illustrazioni hanno un aspetto vagamente rétro.
Qualcuno ha anche osato parecchio, come Sellerio che per le Tre stimmate di Palmer Eldritch opta per l’illustrazione pittorica d’autore secondo lo stile della collana “La memoria”. In che misura un illustratore è libero di reinventare un libro?
Non conosco molto le copertine di altre edizioni (anche se mi capita di guardarle, per evitare di ripetere il già fatto). Relativamente all’utilizzo di opere preesistenti posso solo dire che mi sembrano delle scelte di grande valore estetico, ma sostanzialmente casuali per quello che concerne il rapporto tra immagine e testo. Per quanto mi riguarda, io tendo a rivendicare – a tutto vantaggio della qualità del lavoro – una totale libertà… e, fortunatamente, ho sempre incontrato persone illuminate in tal senso ! per l’edizione dell’anniversario dickiano, l’iniziale proposta di Fanucci era stata di identificare un oggetto rappresentativo per ciascun libro (la copertina per La svastica sul sole , con l’orologio di Topolino ne è un esempio); poi, però, le suggestioni si sono moltiplicate e mi sono lasciato prendere la mano!
Ci sono state copertine particolarmente travagliate? Quali sono quelle che ti hanno dato le soddisfazioni maggiori?
Ci sono stati sicuramente dei lavori più travagliati di altri, ad esempio l’illustrazione per Redenzione Immorale-anche a causa dei tempi di pubblicazione dilatati -ha comportato una lunghissima serie di versioni e ripensamenti da parte mia; mentre alcune, come quella per La Svastica Sul Sole, sono il frutto di una vera e propria illuminazione. Amo molto questa serie di lavori e mi è difficile scegliere: di sicuro In Terra OstileeVulcano3sono tra le predilette.
Quali sono le regole che un illustratore deve seguire per approcciare un titolo di fantascienza?
Non ne ho la minima idea! Spero di aver indicato una strada alternativa o di rappresentare uno sguardo obliquo e stravagante all’interno dell’illustrazione di fantascienza(e non solo).
Come si sviluppa il tuo metodo di progettazione? Come mescoli fotografia, collage e illustrazione?
Il mio metodo si sviluppa attraverso varie fasi. La prima – e più importante – è quella relativa all’ideazione e alla progettazione dell’immagine attraverso una serie di schizzi velocissimi, che mi servono a definire una dinamica generale dell’illustrazione. In un secondo tempo compongo una base per mezzo del collage digitale e l’utilizzo di fondi materici; infine – dopo un passaggio attraverso la pittura ad acrilico – realizzo gli ultimi interventi (soprattutto tonali) in digitale. A volte, però, il procedimento è interamente digitale.
Il recupero di materiali compositi, l’handmade e il lo-fi (o lo-re) sono direttrici creative su cui negli ultimi anni si stanno sviluppando fenomeni molto interessanti. Quanto c’è di hype e quanto di reale ricerca artistica?
Credo di essere giunto a questo punto del mio percorso artistico attraverso lo studio e la ricerca. Ovvio che, essendo un artista di quest’epoca, non posso essere esente dall’influenza dei segnali del mondo in cui vivo; ma sono certo di non sottostare a nessuna moda: anzi, negli ultimi anni - in cui il mondo dell’illustrazione si è decisamente orientato verso il minimalismo – il mio stile si è fatto sempre più ricco e pittorico. E' chiaro che le tendenze, in quanto tali, trovino un gran numero di adepti ed epigoni. L'analisi del reale valore di certi percorsi sarebbe troppo complessa e certamente di difficile oggettivizzazione. Personalmente, ritengo che gli esperimenti o le improvvisazioni, senza un reale costrutto, non abbiano lunga vita; anche perché la tecnica – almeno per me – è di relativa importanza. Il pensiero, la progettualità che sottendono alla realizzazione di un'immagine, sono infinitamente più importanti!